«Per fare il seme ci vuole il frutto». Quando cammino per le colline e vedo i frutteti, specialmente con l’arrivo della bella stagione, l’iconica canzone di Sergio Endrigo mi risuona spesso nella testa. Sin da bambini canticchiamo la storia della natura, eppure quando vaghiamo per le corsie dei supermercati ci dimentichiamo del fatto che nessuno dei prodotti che vediamo è istantaneo. Anche i popcorn che scoppiettano nel microonde vagano per il mondo, prima di finire nelle nostre pance mentre guardiamo una serie tv.
Nonostante l’incipit da “moralista”, questa non vuole essere la solita critica alla società superficiale “del tutto e subito” in cui viviamo. Anzi, negli ultimi anni, con le nostre vite stravolte dal Covid-19 e il tempo che si è dilatato, molte attività progettuali a lungo termine, come la creazione di un frutteto, sono diventate pane per i nostri denti.
Tra sacro e profano
Coltivare frutta è una pratica antichissima che, per quanto si sia evoluta, mantiene sempre il suo fascino bucolico. I frutteti sono luoghi comuni sia nell’arte che nella letteratura. Una caratteristica ricorrente è che questi appezzamenti sono recintati per isolarne la bellezza e i doni.
Il giardino di Adamo ed Eva è di per sé un frutteto, dove la coppia è “rinchiusa” e protetta dalla bellezza della natura. Senofonte, nell’«Economico», descrive come paradisi terrestri i grandi frutteti realizzati in Persia da Ciro il Grande, «pieni di tutte le cose belle e buone che la terra può produrre».
Insomma, la storia degli alberi da frutto si intreccia con quella dell’uomo e delle forme del suo abitare: nei giardini romani, in quelli del mondo islamico, in quelli rinascimentali. L’incontro con le antiche colture asiatiche e poi con la sconosciuta flora americana arricchisce il panorama di nuove specie e tecniche di coltivazione.
Tutta questa digressione antropologica vuole puntualizzare quanto il legame, che spesso vediamo come catastrofico e conflittuale tra uomo e natura, in realtà sia sempre stato di odio e amore e – tra una metropoli e una centrale nucleare – abbiamo anche tentato incessantemente di ricreare l’Eden di Adamo ed Eva.
Supermercato a km zero
Ora che abbiamo capito che il frutteto non è solo il luogo in cui si rifugiano i pensionati fra una partita di carte e l’altra, ma si tratta piuttosto di un luogo mistico, veniamo agli aspetti pratici.
Per prima cosa, un frutteto ben curato durante la stagione estiva può diventare davvero un supermercato a chilometro zero. E per chiunque non abbia la fortuna di abitare in campagna o di avere un terreno, sappiate che anche nelle città ci sono luoghi pubblici in cui si può vivere l’esperienza della raccolta. A Bergamo, ad esempio, luoghi come l’Azienda Agricola Sant’Anna o l’Orto Sociale. E poi, sono sicura che se conoscete qualcuno con un frutteto sarà più che felice di ricevere una mano con la raccolta.
Riempire ceste in vimini e cassette di frutta nella sua apparente banalità è un momento magico: arrampicarsi sugli alberi, cercare il frutto con la maturazione perfetta, assaporare le diverse varietà cogliendone le sfumature…Questo rituale ogni estate mi commuove e mi fa ripescare fra i cassetti della memoria le pagine del mio libro preferito dell’infanzia: «Mio nonno era un ciliegio».
Insomma, sicuramente è più avvincente e nello stesso tempo sostenibile fare la spesa in questi “supermercati vegani”, dove la frutta odora molto di più degli oli essenziali o delle candele profumate che spargiamo per la casa.
L’ABC del frutteto
Siamo giunti al succo della storia: come creare e mantenere un frutteto? Per prima cosa, vi serve un appezzamento di terra esposto al sole con un terreno poroso drenante, possibilmente sotto i 600 metri di altitudine e strutturato a terrazzamenti.
Successivamente, dovete occuparvi della scelta delle piante e delle varietà. Il primo bivio consiste nello scegliere piante a radice nuda, che richiedono anni per la fruttificazione e devono essere piantate in inverno; oppure, se avete fretta e volete essere sicuri che le piante attecchiscano, è possibile scegliere piante in vaso, che solitamente hanno più di tre anni e già fruttificano.
La seconda scelta fondamentale è quella di strutturare il vostro frutteto in maniera “intensiva” – che richiede meno manutenzione, ovvero scegliendo una sola tipologia di pianta – o se costruire un frutteto “familiare” in cui vediamo diversi tipi di piante da frutta e diverse sotto varietà anche tra la macro famiglie. Questo tipo di frutteto richiede tanta manutenzione, ma dà anche tanta soddisfazione, poiché accumulare diverse piante diventa paragonabile al collezionismo di francobolli.
Successivamente, è fondamentale studiare il posizionamento delle piante, affinché non si facciano ombra tra loro. Partendo dai primi filari in cui andrebbero piantati i mini frutti (frutti di bosco), continuando con tutte le pomacee (mele e pesche) per terminare con le “più alte della classe” ovvero le drupacee (ciliegie).
Una volta concretizzato il nostro frutteto col termine della piantumazione, è necessario focalizzarsi sulla manutenzione. Essa è divisa in due fasi principali. La prima avviene in primavera e consiste nella concimazione e nei trattamenti, che sono altamente consigliati, poiché le malattie fungicene in questo periodo umido dell’anno tendono a spargersi a macchia d’olio. La seconda fase di manutenzione è la potatura invernale, fondamentale per fare sia ordine estetico nel nostro frutteto, che per garantire la fruttificazione nell’anno successivo.
Insomma, prendersi cura di un frutteto non è uno scherzo. Occorre girarsi le maniche e curare ciascuna pianta per evitare che le altre si ammalino. Un messaggio di solidarietà, che la natura ci offre ancora una volta.