L’abbiamo letto su tutti i giornali: Bergamo e Brescia sono le città con il tasso di mortalità per particolato più alto in Europa. Come se non bastasse il Covid-19, quindi, le due località lombarde vincono di nuovo un primato negativo in termini di mortalità. Questa volta non è un virus a metterle in ginocchio, ma l’inquinamento. Per capire di più di questo studio e di tutta la questione, solo apparentemente semplice, delle polveri sottili abbiamo fatto una chiacchierata con Andrea Colombo, meteorologo di 3B meteo che si occupa di elaborazione e stesura di previsioni meteorologiche per le regioni nord-occidentali italiane.
I fondamentali: il particolato atmosferico
Il parametro che definisce l’inquinamento di una città è il cosiddetto PM, il particolato atmosferico, che è senza dubbio l’indicatore più utilizzato e diffuso. Andrea spiega: “PM non è altro che l’abbreviazione di particolato atmosferico, il quale viene poi suddiviso principalmente a livello dimensionale, perché è la dimensione l’aspetto principale che concorre alla pericolosità e alle influenze che ha a livello di salute. La dimensione delle particelle viene indicata nella stessa dicitura: PM10 comprende tutte le particelle inferiori a 10 micron come diametro, PM2.5 comprende quelle con il diametro inferiore a 2.5 micron e così via. A seconda della dimensione della particella si ha una differente capacità di entrare e raggiungere determinate profondità dell’apparato respiratorio.”
Le polveri sottili
Viene quindi da chiedersi cosa siano le tanto citate polveri sottili e, soprattutto, in cosa si differenzino dal particolato. Andrea ci spiega che la differenza è nulla, poiché “il termine polveri sottili è usato proprio per parlare del particolato atmosferico”. Il meteorologo continua raccontando come le polveri sottili vengano campionate con diverse strumentazioni per suddividerle prima dimensionalmente e poi sulla base della loro composizione chimica, la quale concorre in prima battuta agli effetti stessi che le polveri hanno a livello di salute.
“Ci sono particelle che riescono a raggiungere solo un livello più superficiale, come le mucose nasali o laringe e faringe; altre, invece, riescono a penetrare anche in trachea e bronchi. Le più fini, addirittura, raggiungono anche gli alveoli polmonari e possono anche penetrare nel sangue.” Andrea spiega che queste non sono altro che le particelle che hanno maggior impatto nella genesi di patologie di vario genere, sia acute sia croniche, e comunque in generale possono destabilizzare a livello di salute l’apparato respiratorio e quello cardio-circolatorio.
Lo studio
Il 20 gennaio è diventato di dominio pubblico uno studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Urecht, che descrive Bergamo e Brescia come le città con il tasso di mortalità di particolato fine più alto in Europa. “Provo a dare un mio parere, che può essere anche in parte parziale. Si tratta, infatti, del primo studio che prova a stabilire, a livello puramente numerico, le stime delle vittime direttamente collegate al discorso dell’inquinamento da polveri sottili suddividendole città per città. Si tratta, comunque, di un tentativo di analisi ancora abbastanza acerbo”. La motivazione principale di questa immaturità, secondo Andrea, risiede nel fatto che non c’è un rapporto di causa-effetto immediato e facilmente identificabile tra le morti e l’inquinamento, trattandosi di patologie acute, croniche, interconnesse tra di loro e integrate in vari modi anche all’interno dell’organismo. “Il numero preciso di morti da inquinamento va preso, a mio avviso, ancora in modo un po’ sfumato. Sono comunque dati attendibili, perché di fatto sono riferiti a città che si trovano nelle zone più inquinate a livello non solo italiano ma europeo; la base è sicuramente solida, il numero preciso è sicuramente soggetto a diverse interpretazioni”.
La Val Padana: una pentola con il coperchio
Quando chiedo ad Andrea il motivo per cui, nonostante in Italia ci siano città ben più popolose di Bergamo e Brescia, il numero più alto di vittime si concentri qui, mi risponde così: “Il discorso lo si può incentrare, a livello italiano, tra città della Val Padana e città che non sono in Val Padana.”Questa area rappresenta in assoluto quella con il più alto livello di inquinamento medio su base annuale, con differenze abissali rispetto al resto d’Italia.
Il meteorologo, infatti, fa un esempio: “Città come Roma, Napoli, Bari o Firenze, seppur si trovino ad avere, a causa della loro dimensione, importanti emissioni inquinanti, hanno la fortuna di trovarsi in una posizione a livello geografico che permette un rimescolamento dell’aria, soprattutto in verticale, tale per cui la concentrazione di questi inquinanti non raggiunge mai dei livelli e delle persistenze su base annuale come quelle che avvengono in Val Padana. Qui, infatti, si sommano due aspetti: il primo è quello di essere in venti milioni di persone, un terzo della popolazione italiana; il secondo è il fatto che il catino padano è racchiuso tra gli Appennini e le Alpi, di conseguenza soprattutto nei mesi invernali c’è scarso rimescolamento dell’aria, durante i quali tende a stratificarsi molto.” Quello che noi emettiamo, giorno dopo giorno, quindi, fa molta fatica a disperdersi nell’aria e, come se avessimo un coperchio sopra di noi, ciò che noi stessi emettiamo in atmosfera resta dov’è. Andrea spiega che questa è una caratteristica tipica e unica della Val Padana.
Normative stringenti
Le normative, soprattutto nell’ultimo ventennio, si sono fatte sempre più stringenti perché il tema dell’inquinamento è stato sempre più preso in carico. “Si arrivava da trent’anni in cui questo era un tema di secondo o terzo piano; ultimamente, invece, sia a livello mondiale che europeo (e statale) le cose stanno cambiando. C’è da dire che i livelli medi annuali di inquinamento, come le concentrazioni medie di PM10 in Lombardia certificate dal report uscito un mese fa, sono in continua discesa: i miglioramenti ci sono, sono in atto grazie anche a tutte le politiche prese anno dopo anno.”
A livello puramente di analisi dei dati, conferma il meteorologo di 3B meteo, lo scenario è in miglioramento, ma sempre in una situazione ben peggiore rispetto a tante altre zone. Anche a livello padano gli accorgimenti ci sono ma, nonostante ciò, si ha a che fare con una qualità dell’aria che è in assoluto tra le peggiori d’Europa: “Da quel punto di vista non se ne esce e, probabilmente, non se ne uscirà mai perché il connubio tra densità della popolazione e connotazione geografica è sostanzialmente inossidabile. Le politiche, però, aiutano sicuramente a ridurre l’inquinamento e male non fa. Basti pensare che negli ultimi anni la concentrazione media annuale di PM10 è sui 28 microgrammi al metro cubo; nell’anno 2001 era sui 45”.
Scelte individuali
Azioni politiche e scelte individuali sono due aspetti interconnessi. “Per quanto riguarda le polveri sottili, le principali fonti di inquinamento, contrariamente all’importanza quasi esclusiva che si dà al trasporto su strada e alla combustione industriale, sono legate al riscaldamento domestico, principalmente a base di legna.. Questo è abbastanza indicativo di come le politiche di uno stato siano necessarie, poiché avere una direttiva dall’alto è una condizione imprescindibile; subentra, poi, una quotidianità personale.”
Utilizzare la bicicletta, spiega Andrea Colombo, è sicuramente un comportamento virtuoso, così come la scelta di investire in un sistema di riscaldamento meno inquinante.
Fare è sempre meglio di non fare
“Non è sicuramente sbagliato puntare su mezzi di trasporto che permettano una riduzione della quantità di emissioni; sono scelte che è sicuramente meglio fare che non fare.” Probabilmente a livello di consapevolezza, secondo Andrea, manca un quadro di insieme più completo, perché per quanto riguarda le fonti principali di emissioni non c’è una consapevolezza totale: “Credo, ed è una mia supposizione, che nella percezione della popolazione sia un po’ sovrastimata la percentuale delle emissioni derivanti dai trasporti sul totale delle emissioni che emettiamo in atmosfera come, parallelamente, la combustione non industriale probabilmente è un po’ sottostimata.” Le scelte virtuose, quindi, che siano sul lato trasporti, sul lato della combustione o dal punto di vista agricolo, vanno sempre bene.
Bergamo e Brescia: tra covid e inquinamento
È impossibile non pensare a un legame tra l’inquinamento che caratterizza le nostre città e la quantità di vittime che ha mietuto la pandemia e, anche secondo il meteorologo, i legami tra qualità dell’aria e incidenza sui morti per Covid-19 possono esserci: “Nel corso dell’ultimo anno è uscito qualche studio preliminare, basato su varie zone del mondo e d’Europa, che ha dato una prima idea di una correlazione tra i due fenomeni. È giusto pensare che, trattandosi di una patologia che va a colpire l’apparato respiratorio, un ambiente dove quest’ultimo viene sollecitato in modo negativo o esposto a inquinamento può esporre maggiormente alla malattia e ai suoi effetti peggiori”.
Andrea, però, aggiunge un concetto importante: è infatti necessario aspettare un po’ per avere dati scientifici chiari. E lo fa con un esempio, tanto semplice quanto chiarificatore dei suoi dubbi: “Durante la prima ondata c’è stata una differenza incredibile, nel tasso di mortalità, tra le province di Bergamo e Brescia e quelle di Milano e Monza Brianza. Eppure, rientrano tutte in una grande area metropolitana in cui la qualità dell’aria è pessima in egual modo. Questo mette un bel punto di domanda per chi si lascia andare a considerazioni un po’ troppo rapide sulle correlazioni tra inquinamento e covid. Probabilmente l’incidenza c’è, ma quantificarla sarà la sfida più importante”.
I tre grafici possono essere approfonditi a questi link:
- La Val Padana è una pentola col coperchio ben chiuso: Bergamo e Brescia e l’inquinamento
- I fondamentali: il particolato atmosferico
- Le polveri sottili
- Lo studio
- La Val Padana: una pentola con il coperchio
- Normative stringenti
- Scelte individuali
- Fare è sempre meglio di non fare
- Bergamo e Brescia: tra covid e inquinamento