Il dibattito intorno all’energia nucleare non è imparziale e non lo è mai stato. Fin dagli albori della ricerca scientifica su questi argomenti, si è colorato di storpiature che di scientifico avevano poco (e di politico molto). Ci tiene a farlo presente Luca Romano. Classe 1988, laureato in Fisica, Romano ha conseguito un Master in Giornalismo Scientifico e Comunicazione della Scienza e ha fondato nel 2020 la pagina Facebook « L’avvocato dell’atomo », che cerca di promuovere un approccio quanto più informato possibile al tema, da sempre molto complesso.
«Le compagnie petrolifere per decenni hanno fatto di tutto per tenere nascosti i benefici dell’energia nucleare» afferma, per poi citare un esempio: «Una delle più grosse reti ambientaliste internazionali contrarie al nucleare, Friends of the Earth, fu fondata negli anni Sessanta con un capitale iniziale di mezzo milione di dollari (valore attuale) fornito dal proprietario della compagnia petrolifera Atlantic Richfield, Robert Orville Anderson». Secondo Romano, si tratta di una tendenza agli investimenti contro il nucleare che sopravvive ancora oggi: «Le compagnie petrolifere continuano a promuovere le energie rinnovabili perché sono consapevoli che, da sole, non potrebbero togliere porzioni significative di mercato energetico al petrolio e al gas. Proteggono così la propria posizione economica».
Di questo e di inghippi retorici si parlerà venerdì 15 marzo alle 21 a Villa d’Almè, presso la Sala consiliare in via Locatelli Milesi 16, in un incontro tenuto da Romano dal titolo « Fake news sull’energia blu», inserito nel filone di incontri dell’edizione 2024 di « Tierra! », la rassegna culturale itinerante organizzata e promossa dai Sistemi Bibliotecari di Dalmine e dell’Area Nord-Ovest della Provincia di Bergamo. L’idea che sta dietro all’evento è dare un contributo al dibattito che, specialmente in Italia, è molto polarizzato. «Le accuse sono note a tutti – si legge nella presentazione dell’incontro – Il nucleare è pericoloso, costoso, lento da implementare, produce scorie radioattive e comunque non ci serve». Quante di queste affermazioni reggeranno al confronto con “l’altra campana” rappresentata da Romano?
Il progetto di Romano, «L’avvocato dell’atomo», nasce come pagina social con l’intento di riportare «il tema del nucleare nel dibattito pubblico» e di «fornire una difesa a una fonte energetica troppo spesso bistrattata dai media, soprattutto in Italia». All’interno della pagina «le principali accuse al nucleare, alcune vere e proprie fake news, vengono analizzate una per una, fornendo dati e numeri».
L’incontro si inserisce nella promessa culturale portata avanti dal festival, che intende «raggiungere e coinvolgere una vasta e variegata platea di pubblico», ma con un approccio particolare, e cioè «la curiosità di chi, mettendosi in cammino su rotte verso un mondo più umano, è pronto a confrontarsi su terreni poco conosciuti, a scoprire nuove sfaccettature dell’umano e della società; di chi è disponibile a guardare la realtà con occhi diversi e con una nuova consapevolezza». Il fine è uno: «Ristabilire un sano rapporto tra gli individui, tra natura e umanità nel nome del rispetto, della verità, della solidarietà e della sostenibilità».
La sostenibilità è un tema chiave che accomuna molti degli incontri di «Tierra!», che invitano il pubblico «a immaginare ed essere protagonisti di un nuovo futuro che partendo dal quotidiano di ognuno possa influire positivamente sulla società intera e sul pianeta che ci ospita». L’approccio è quanto più variegato e aperto possibile: «Lasciare tracce, strumenti utili per affrontare con spirito critico le piccole e grandi sfide dell’oggi e del domani, (...) una bussola per orientarsi e trovare nuove chiavi di lettura della complessa, ma anche affascinante realtà che ci circonda».
Ma come si inserisce la sostenibilità nel discorso sull’energia nucleare? Prima di tutto, bisogna affrontare l’elefante nella stanza: la gestione delle scorie.
«Non è vero che non le sappiamo gestire: anzi, le gestiamo al pari e quasi meglio di altri rifiuti pericolosi» precisa subito Romano. «Le scorie nucleari sono un rifiuto di difficile gestione, ma da quando esiste il nucleare civile non ci sono stati casi di mala gestione né casi di contaminazione ambientale. Inoltre, se vogliamo guardare alla quantità relativa, a parità di energia prodotta sono poche rispetto a quelle prodotte da altre fonti energetiche». A testimonianza di questa affermazione e per capire di che quantità parliamo, secondo l’Università di Pisa, «un impianto nucleare da 1000 MWe produce annualmente solo 25-30 tonnellate di scorie ad alto livello vetrificate, pari ad un volume di circa 3 m3. È stato calcolato che un uomo che usasse solo energia di origine nucleare produrrebbe, nell’arco della propria vita, un volume di scorie di questo tipo tale da poter essere contenuto nel palmo di una mano».
Riguardo alle scorie, uno dei grossi problemi spesso messi sul tavolo è il loro smaltimento, o meglio la loro conservazione. «Quando le persone dicono che questo è un problema irrisolto» sostiene Romano «intendono che non sappiamo ancora smaterializzare le scorie. Sappiamo come conservarle per far sì che non provochino danni, ma non sappiamo smaltirle nel senso di farle scomparire. Che è uno standard che non viene richiesto per nessun altro tipo di rifiuto».
Secondo Romano, il problema di fondo è di natura psicologica: «Si ha una concezione del nucleare come di qualcosa di molto pericoloso, perché i pochi incidenti che sono avvenuti sono stati clamorosi e ce li ricordiamo tutti. È il paradosso dell’eccellenza: quanto meglio si svolge un lavoro, tanto meno lo si nota e tanto più si notano, al contrario, gli errori».
Ciononostante, la percezione sembra essere cambiata molto negli ultimi tempi. «L’opinione pubblica oggi è molto meno ostile. Due giovani under 35 su tre sono favorevoli al nucleare e ci sono percentuali di consenso significative anche tra le generazioni più anziane. C’è poi uno zoccolo duro di contrari che sono molto contrari e, pur essendo in minoranza, fanno molto sentire la loro voce».
Un altro problema, secondo Romano, è «la polarizzazione politica: in Italia la destra è favorevole, la sinistra è contraria. Non ci sono vie di mezzo e nessuna delle due parti porta sul tavolo motivazioni reali, ma prende una posizione solo perché è parte del proprio programma politico. Le analisi costi-benefici non le fa nessuno, quindi ogni volta che si parla di nucleare è una discussione sterile».
Questo significa che, per esempio, l’Italia ha finito per mantenere niente più che «una posizione interlocutoria» alla COP28 di Dubai, la grande riunione internazionale in cui si discute di contrasto al cambiamento climatico, quando 22 altri Paesi hanno aderito alla «Declaration to Triple Nuclear Energy», un accordo che li impegna a triplicare la capacità di produzione di energia nucleare globale entro il 2050. L’energia nucleare, dice la dichiarazione, è il modo più rapido ed efficace per smettere di usare i combustibili fossili, facilitando così la transizione energetica, come sostenuto di recente anche dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA).
Secondo Romano, comunque, qualche passo in questa direzione lo si sta facendo e ci sono prospettive di sviluppo anche dentro i nostri confini nazionali: «L’Italia sta già facendo investimenti in energia rinnovabili ed efficientamento energetico, che non si devono fermare. Parallelamente, però, bisognerebbe avviare un programma nucleare, partendo dal siting, ovvero dall’individuazione di siti idonei, che ci sono».
Fattibile? Forse. A stretto giro? Secondo Romano, no. Ma le prospettive restano aperte e di queste (e di altri punti caldi) discuterà nell’incontro di venerdì 15 alle 21 presso la Sala consiliare di Villa d’Almè. Che abbia inizio il dibattito (informato, però)!