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Com’è vivere a Bergamo, capitale della cultura e “anticapitale” della qualità dell’aria

Articolo. Insieme a Marta Pantalone, docente di Sociologia all’Università di Bergamo, cerchiamo di capire Bergamo e i bergamaschi. E come essere al 14esimo posto in Italia per qualità della vita debba riconciliarsi con il penultimo posto per qualità dell’aria

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All’indomani dell’inaugurazione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023, finita la cerimonia ufficiale, tra le strade deserte ha avuto luogo un’altra manifestazione: non di festa ma di protesta, non chiassosa ma silenziosa, non di massa ma senza volto. Ignoti attivisti hanno riscritto i manifesti pubblicitari dell’evento: da capitali della cultura, le due città sono diventate «Capitali delle morti da inquinamento», del cemento, dello smog, del greenwashing. Cartelli che stridono con l’atmosfera di festa e celebrazione e aprono le porte su una dimensione diversa.

La stessa dimensione emerge, in parte, dalla 33esima indagine sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore . Il report presenta le città italiane in cui si vive meglio: in ordine, Bologna, Bolzano e Firenze. A decretare il ranking delle 107 città analizzate l’analisi di 90 indicatori, suddivisi in sei macro-categorie tematiche: ricchezza e consumi; affari e lavoro; ambiente e servizi; demografia, società e salute; giustizia e sicurezza; cultura e tempo libero.

Per Bergamo, il quadro generale è più che positivo: la città si posiziona al 14° posto, entrando per la prima volta nella Top 20 delle migliori città italiane in cui vivere. La pagina dedicata alla provincia mette però in evidenza altri due primati. Il primo è positivo e forse inaspettato: siamo primi in Italia per minor numero di casi Covid. Con 172,8 casi ogni mille abitanti, ci assestiamo ben sotto la media nazionale di 260,4. Il secondo già lo conoscevamo ed è uno dei punti più critici emersi dagli “anti-manifesti” comparsi nelle scorse settimane: Bergamo è penultima in classifica per qualità dell’aria, posizionandosi al 106° posto.

Si tratta di due estremi, che da soli possono solo lievemente introdurre i confini del discorso da comporre su questi dati. Li ho analizzati con l’aiuto della professoressa Marta Pantalone, docente di Sociologia generale e Statistica sociale all’Università degli Studi di Bergamo.

La prima cosa che salta all’occhio, guardando allo storico delle analisi su Bergamo, è che la città ha scalato 25 posizioni rispetto alla scorsa edizione: «un indubbio balzo in avanti, che pare registrare un netto incremento nella qualità della vita degli abitanti di città e provincia. Per altro in coerenza e continuità con gli anni precedenti: Bergamo era al 50° posto nel 2020 e al 39° nel 2021» osserva Pantalone.

Il tema ambientale

Cosa significa questo per chi vive la bergamasca quotidianamente? Senz’altro, uno dei primi ostacoli contro cui il dato generale si scontra è il tema ambientale. Quello di «Ambiente e servizi» è un indicatore ambiguo all’interno del report, che «mette insieme due ambiti, quello dell’ambiente e quello dei servizi, che difficilmente si pensa che possano essere considerati congiuntamente», specifica Pantalone. Pertanto, il posizionamento al 28° posto per questo indicatore, con un balzo in avanti di ben 44 posizioni, nasconde molte sfaccettature. E qualche punto critico che rischia di perdersi se il quadro generale rimane positivo.

Cominciamo dall’84° posto per l’indice del clima. Si tratta di una dimensione trasversale che, come fa notare Pantalone «impatta su molte altre dimensioni: sulla salute, sull’acqua, sull’aria, sulle materie prime, sulle condizioni patologiche, sul benessere dell’individuo in generale».

Per calcolare l’indice del clima sono stati presi in considerazione 10 parametri climatici tra cui soleggiamento, ondate di calore, piogge e umidità. Tre i parametri particolarmente negativi, di cui uno (l’indice di soleggiamento, che calcola le ore di sole al giorno) non si discosta però molto dalla media nazionale. Il secondo riguarda gli eventi estremi: Bergamo è al 101° posto, con 47 giorni con piogge sopra i 40 mm. Il terzo, strettamente correlato, nota come all’anno la città veda un totale di 104 giorni di pioggia. Su posizioni migliori rispetto alla media le ondate di calore (e il correlato indice di calore) e le raffiche di vento.

Non di solo clima è fatto l’ambiente: spostiamoci in ambito energetico. Da un lato vediamo Bergamo al 76° posto per consumi energetici, con un valore di tonnellate equivalenti di petrolio per 100 abitanti (pari a 102) ben distante dalla media nazionale (80,1). Dall’altro siamo in linea con il resto della classifica per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: l’incidenza di eolico, fotovoltaico, geotermico e idrico sulla produzione lorda ci vede a neanche due punti percentuali di distanza dalla media nazionale.

Altro ambito importante è l’indicatore «Ecosistema urbano», che posiziona Bergamo al 56° posto in base alla valutazione di 18 parametri tra cui: raccolta differenziata, consumi idrici e trasporto locale, basati sul rapporto di Legambiente «Ecosistema urbano 2021». Prendendo il gemello (ma più aggiornato) report «Ecosistema urbano 2022» , ci sono alcuni punti che meritano attenzione. Bergamo, per esempio, è tra le migliori città per uso efficiente del suolo, mentre è tra le peggiori per incidentalità stradale. Senza merito né demerito gli sprechi d’acqua, mentre è positiva la percentuale di raccolta differenziata.

La qualità dell’aria

Anche qui, torna l’infamante record negativo per qualità dell’aria. Un dato critico, che in una città come Bergamo è legato a dimensioni diverse. Una è quella geografica: la Pianura Padana è un calderone di inquinanti, un unico bacino omogeneo nel quale il PM10 e l’ozono tendono a diffondersi in modo uniforme e, in condizioni di stabilità atmosferica, ad accumularsi. La situazione di Bergamo è solo parzialmente attenuata dal posizionamento in fascia pedemontana.

Un’altra dimensione è quella delle politiche legate al consumo di suolo, sulle quali, diversamente dalla localizzazione geografica, è possibile intervenire. La pavimentazione sottrae risorse al suolo e interrompe i cicli di rigenerazione, compresa la purificazione dell’aria. Bergamo e Brescia da sole hanno consumato più suolo di tutto il Lazio e quasi quanto la Campania o la Sicilia: 143 gli ettari di terreno cementificati nella prima e 307 nella seconda. Per un totale di 450 ettari, pari al 51% di tutto il suolo “consumato” in Lombardia.

C’è da considerare anche la dimensione del traffico veicolare: se, infatti, la prima sorgente di particolato primario a Bergamo è la combustione non industriale (il riscaldamento domestico), il traffico veicolare o trasporto su strada è subito in seconda posizione. I veicoli immatricolati a Bergamo sfiorano il milione di unità, da unire al mezzo milione di auto che quotidianamente circolano in città come traffico pendolare. Il nuovo «Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile» (PUMS) della città di Bergamo «fa la guerra ad un uso improprio delle auto» ma non offre reali alternative alle necessità di spostamento.

Perché sì, Bergamo si è guadagnata il 26° posto in classifica nella classifica del Sole 24 Ore per piste ciclabili (17 metri equivalenti di piste ciclabili ogni 100 abitanti, contro la media nazionale di appena 9,7), ma quanto sono effettivamente “ciclabili” i 25 km (più di un quarto dei 99 complessivi) di corsie tratteggiate ritagliate da quelle delle auto? Per non parlare del trasporto pubblico, che a Bergamo non conta alternative in grado di sfuggire al traffico veicolare.

Un quadro complessivo, in tema ambientale, molto delicato, che è da sommare a quello che si compone negli altri indicatori del rapporto. Per esempio, al fatto che l’indicatore su cui siamo posizionati peggio è «Demografia e società» (36° posto), con «posizioni superiori alle medie nazionali per molti indicatori, come il 13° posto in speranza di vita alla nascita, o ancora il 13° posto per l’indice di dipendenza strutturale (il rapporto tra popolazione in età attiva e età non attiva)», ma anche con un 91° e un 92° posto, rispettivamente, per la presenza di medici specialisti e medici di medicina generale, o un 96° posto per densità abitativa.

Affari, lavoro e cultura

Altri fattori da considerare sono legati alla sfera economica. «Nella categoria “Affari e lavoro” Bergamo perde sei posizioni rispetto all’anno precedente» fa notare Pantalone «ma si tratta di un dato da leggere in relazione alle crisi economiche e sanitarie internazionali degli ultimi mesi, che impattano sulla dimensione del fare impresa e occupare». Troviamo infatti «posizioni di bassa classifica per le ore di cassa integrazione e il numero di cessazioni di attività». Ci sono però anche segnali positivi, come le «posizioni in media classifica per la presenza di start up innovative, per la fascia di occupazione e per l’imprenditorialità giovanile».

Il discorso sui posizionamenti di Bergamo sarebbe ancora molto lungo e complesso e ci sarebbe da navigare a lungo tra i due lati della medaglia, ma vale la pena soffermarsi sull’ambivalenza riscontrata all’inizio, quella tra la risonanza nazionale dell’impegno in termini di cultura e la poca voglia, al contrario, per quanto comprensibile, di “fare cultura” sui dati scomodi legati alla qualità dell’aria e all’ambiente in generale.

Il 27° posto ottenuto da Bergamo nella categoria «Cultura e tempo libero» ci parla di molto: di un interesse genuino per lo sport (5° e 9° posto in tutta Italia per due sotto indicatori) ma anche della mancanza di musei (7 ogni 100 km2), librerie (5,9 ogni 100mila abitanti) e convivialità intorno al cibo (oltre il 100° posto sia per presenza di ristoranti che di bar). Quello che non ci dice è anche quello su cui potremmo lavorare, per ritrovare quella trasparenza e quella genuinità tutta bergamasca di saperci confrontare senza peli sulla lingua anche di tutto quello che non funziona. E di risvoltarci le maniche per migliorarlo.

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