«Maggio piovoso, anno ubertoso» dice la saggezza popolare. Che ci aspetti davvero un anno fertile e produttivo oppure no, quel che è certo è che le premesse finora non sono state delle più rosee, nonostante tutta la pioggia delle ultime settimane. L’inverno 2022-2023 è stato tra i più caldi mai registrati in Italia, con un’anomalia di 1,3 gradi sopra la media e i primi mesi dell’anno corrente in deficit del 40% sulle precipitazioni normalmente attese. Il risultato? Il 90% delle piste da sci è stato innevato artificialmente, 249 impianti sono stati dismessi, 138 temporaneamente chiusi e 181 sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ovvero sovvenzionati da forti flussi di risorse economiche.
La situazione è critica anche se ci spostiamo sul piano locale: le montagne lombarde hanno visto un innevamento «notevolmente inferiore alla media», con scarse precipitazioni in quota e una quasi totale assenza di precipitazioni nei mesi di gennaio e marzo. A complicare la situazione, temperature «frequentemente superiori alla media» hanno fatto sì che l’accumulo nivale e la derivante risorsa idrica siano rimasti al minimo storico degli ultimi 15 anni.
Si tratta di problematiche le cui ripercussioni si trascinano fino alla stagione estiva. Se l’acqua stoccata nelle nevi è ridotta della metà significa che molto probabilmente non solo le zone montane, ma anche quelle di pianura, soffriranno penuria idrica nel corso della stagione estiva, oltre a dover affrontare temperature torride e i possibili danni legati a fenomeni climatici estremi, come piogge abbondanti e concentrate, alluvioni, allagamenti, frane e smottamenti.
Gli effetti del cambiamento climatico sul turismo
Tutto ciò avrà conseguenze pesanti sul turismo, sia nel breve che, soprattutto, nel lungo termine. Secondo un report presentato all’interno di un convegno dell’Università di Bologna, assisteremo a un turismo sempre più domestico per chi vive in zone temperate: le stesse persone che oggi dominano i viaggi internazionali «si adatteranno alle zone di visita più vicine a casa, che avranno subito impatti climatici positivi». Al contrario, l’intera area mediterranea, dove le temperature estive saranno sempre più elevate, vedrà un drastico calo di visitatori nei mesi estivi, a vantaggio di regioni ad alte latitudini come i Paesi scandinavi, il Canada e la Russia. Tanto che, per esempio, i Paesi Bassi già da più di dieci anni calcolano un aumento degli arrivi a partire dalla seconda metà del secolo.
Lo spostamento dei flussi turistici verso maggiori latitudini e altitudini andrà a intersecarsi con uno spostamento a livello stagionale. Per esempio, assisteremo a un aumento di afflussi verso le coste nei mesi più miti, primaverili e autunnali e, al contrario, nella stagione estiva, un calo degli arrivi dall’estero in favore di destinazioni meno calde.
Negli ambienti montani come quelli bergamaschi vivremo «inverni più brevi e miti, carenza di precipitazioni nevose e difficoltà a garantire un manto nevoso adatto allo sci per via delle più alte temperature». Tutto ciò ostacolerà, da un lato, lo svolgimento delle classiche attività turistiche invernali e causerà, dall’altro, un calo dell’attrattività turistica di alcune destinazioni.
Un indice che sarà sempre più significativo è la risalita della Linea di Affidabilità della Neve (LAN), ovvero quell’altitudine che garantisce spessore e durata sufficienti dell’innevamento stagionale e quindi la praticabilità degli impianti sciistici. Nello scenario peggiore, con un aumento di 4°C e LAN a 2100 m, le stazioni sciistiche italiane al di sopra della LAN si ridurrebbero a solo il 18% di quelle attualmente operative.
Le tendenze del turismo post-Covid
Per ora, le tendenze del turismo riportate dal Touring Club Italiano testimoniano che l’Italia resta la destinazione di viaggio preferita dagli italiani (74%), con l’Europa meta quasi esclusiva del 26% di chi invece ha scelto l’estero. In Italia, le regioni più frequentate sono state Trentino-Alto Adige (13%), Sardegna (11%), Puglia (10%) e Toscana (9%). In linea con questo dato, la tipologia di vacanza preferita è stata di gran lunga quella al mare (45%), seguita solo a distanza dalla montagna (18%). Tra le attività più praticate, brevi passeggiate (46%) ed escursionismo (45%).
Guardando strettamente alla bergamasca, pare che il 2023 si stia configurando come un deciso ritorno ai livelli del turismo pre-pandemia. Nel primo trimestre del 2023 si sono registrati un +38% di arrivi e un +33% di presenze rispetto al 2022. Con un significativo incremento del 21% di presenze nella sola città di Bergamo per via della nomina a Capitale della Cultura.
Particolarmente rilevante l’afflusso di turismo dall’estero, che nell’estate 2022 ha superato di gran lunga i valori del 2019, aprendo una speranza di ampi margini di crescita futuri. Principale Paese di provenienza per gli arrivi è la Germania, mentre se si contano le presenze, si nota come ci sia stato un aumento delle presenze per quasi tutti i Paesi di provenienza.
Per quanto riguarda le mete locali, sul podio troviamo Alto Sebino e Valle Brembana, con numeri record, mentre sono in fondo alla classifica l’Isola e la Pianura, zone, queste ultime, tradizionalmente frequentate per viaggi di lavoro più che per motivazioni ricreative o culturali.
L’impatto ambientale del settore turistico
Questi processi hanno risvolti non sempre considerati a fondo. Uno su tutti, per altro strettamente legato alla nostra dimensione locale, è il fatto che la riscoperta delle destinazioni montane ha portato la nascita di una “montagna per tutti”, dove fioriscono professioni come gli accompagnatori di media montagna, le guide e il noleggio di e-bike, senza spesso mettere in conto la necessità di una messa in sicurezza maggiore che sia proporzionata all’aumento degli afflussi. Oppure il fatto che, a livello globale, il settore turistico è responsabile dell’8% delle emissioni di gas serra. Solo le emissioni dei trasporti legati al turismo sono cresciute di oltre il 60% dal 2005 al 2016, con il trasporto aereo come fonte di emissione principale.
Qualsiasi sia la prospettiva che si considera, è evidente che sono necessarie fin d’ora azioni di adattamento e ripensamento dell’offerta turistica, con il coinvolgimento di imprese e operatori turistici e lo spostamento verso una prospettiva di maggiore responsabilità a lungo termine. Sia, da un lato, per mitigare l’impatto del turismo sull’ambiente, sia per assorbire le minacce al turismo legate al clima che cambia.
Promuovere un turismo responsabile
Che fare? Da dove partire per immaginare un’alternativa? Un buon punto di partenza è la strutturazione di un turismo sostenibile , dove il coinvolgimento della comunità locale sia la base per lo sviluppo delle attività. Un network tra le attività produttive del territorio, per esempio, permetterebbe di limitare gli spostamenti di risorse, ridurre le emissioni altrimenti prodotte dal trasporto merci e creare occupazione utile.
Oppure orientare la produzione di beni e l’offerta di servizi legati al turismo verso un’alimentazione da fonti di energia pulita potrebbe favorire il raggiungimento di una sempre maggiore indipendenza energetica e un contemporaneo distanziamento dalle fonti fossili, con una conseguente ulteriore diminuzione delle emissioni. Oppure ancora puntare sulla riqualificazione di aree degradate può portare nel lungo termine non solo a un incrementato risparmio economico, ma anche alla riduzione delle emissioni e alla crescita del territorio.
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In tutti questi processi è importante sfruttare in modo accorto i fondi a disposizione, come quelli, ingenti, del PNRR: ai progetti d’investimento in materia di turismo sono stati assegnati complessivamente 2,4 miliardi di euro, con «il duplice obiettivo di innalzare la capacità competitiva delle imprese e promuovere un’offerta turistica basata su sostenibilità ambientale, innovazione e digitalizzazione dei servizi» come specificato dal Ministero del Turismo.
La strada da percorrere è lunga e complessa: per la sua buona riuscita è fondamentale il ruolo degli investitori e degli imprenditori del turismo, spesso capaci di muoversi in anticipo sulle politiche governative. Così come quello di ciascuno di noi nell’orientarsi verso un nuovo modo di viaggiare, esprimendo una preferenza interpretabile dal mercato che può a lungo termine influenzarne la direzione.
Consigli per viaggi sostenibili
Un buon punto di partenza potrebbe essere quello di visitare destinazioni più vicine, magari spesso scartate in favore di posti esotici, ma che possono riservare molte sorprese (che è poi uno dei messaggi della campagna per la Capitale della Cultura).
Un altro suggerimento è preferire pochi soggiorni lunghi piuttosto che molti soggiorni brevi, al netto delle disponibilità di tempo e risorse: fermarsi più a lungo in un posto permette, oltre che di ottimizzare gli spostamenti, di entrare maggiormente in contatto con la comunità locale, di sostenerne le attività e le microproduzioni.
Un capitolo a parte potrebbe essere aperto sulla scelta del mezzo di spostamento, visto che i trasporti sono, come detto, la principale fonte di emissioni legata al turismo. Scegliere il treno invece che l’aereo o i mezzi pubblici invece che l’auto privata può avere un grande impatto. Infine l’alloggio: se esistono siti esclusivamente dedicati alla ricerca di sistemazioni sostenibili, anche piattaforme arcinote come Airbnb si impegnano da anni a educare sia host che ospiti al turismo eco-friendly, permettendo anche agli alloggi di mettere in risalto il loro contributo.