E se la pandemia si rivelasse un’occasione, per i nostri piccoli borghi di provincia, di reinventarsi? È questa la domanda che lega i due eventi di oggi e domani sul turismo sostenibile (“Partiamo dai luoghi e facciamo rete!” e “DOCU-GAME: una giornata nelle Terre Alte bergamasche”), ospitati da di Bergamo Next Level, l’iniziativa dell’Università degli studi di Bergamo che intende chiedersi quali saranno “le persone e il territorio di domani”.
Si apre oggi, alle 18, la tavola rotonda “Partiamo dai luoghi e facciamo rete! La rivincita dei territori per un turismo responsabile”, incentrata sul recupero dei paesaggi e dei saperi, per immaginarsi un turismo nuovo, compatibile con le realtà locali. Domani, alle 10, il tema è riproposto in modo più interattivo ai ragazzi delle scuole superiori con “DOCU-GAME: una giornata nelle Terre Alte bergamasche”: frammenti di un documentario che narra i saperi tradizionali dell’Alto Sebino, seguiti da un gioco-quiz.
Collante tra i due è un esperimento nato nel comune di Bossico, l’altopiano che si affaccia sul lago di Iseo: l’Associazione Bossico Borgo Turistico Diffuso. Già il nome è una storia: “parlare di borgo diffuso significa avere uno sguardo che va oltre il borgo abitato, che tocca l’altopiano, la pineta e i paesaggi”, mi spiega la Presidente Paola Sterni, raccontando com’è nata l’idea.
“Abbiamo deciso di istituire questa associazione per rimettere al centro il tema del turismo a Bossico. Inizialmente abbiamo preso spunto da altre esperienze turistiche bergamasche, in particolare da quella dell’albergo diffuso di Ornica, che ha rivitalizzato un territorio che sembrava fermo”. L’albergo diffuso è un concetto affascinante, che intende dare nuova linfa vitale ai piccoli borghi, reinventandoli come strutture ricettive, appunto, “diffuse”.
L’Associazione, però, è andata presto in un’altra direzione, abbandonando la ricettività come oggetto principale della propria mission. “Il turismo a Bossico c’è sempre stato”, ricorda Paola. C’è stato eccome: la contestualizzazione storica la fornisce Antonio Iorio, regista del documentario da cui è tratto il docu-game di domani, sui saperi tradizionali delle Terre Alte del Sebino.
“Bossico nell’Ottocento era una località turistica importantissima”, spiega, “è un posto baciato dal sole, su questo altopiano meraviglioso, a strapiombo sul lago. Ci sono le ville risorgimentali dove i ricchi di tutta Italia andavano a soggiornare”. Negli ultimi anni, però, come riporta Paola, l’elemento centrale del turismo era diventato qualcosa di estraneo al piccolo paese.
“Sono stati organizzati tantissimi eventi, che hanno attirato tantissima gente; però, una volta finito l’evento, era finito tutto. Certo, rimaneva il nome, il ricordo, e qualcuno tornava proprio perché aveva conosciuto il paese in quell’occasione, però noi, come associazione, volevamo proporre una versione del turismo diversa”.
Ci si è trovati subito d’accordo su cosa non fosse un turismo compatibile con una realtà come Bossico, a metà tra la montagna e il lago: impianti da sci, escursionismo spinto, eventi e manifestazioni non coerenti con un impegno a lungo termine. Poi, un’occasione (tristemente) rivelatoria: la pandemia. Secondo Antonio, ha fatto sì che aumentasse “la voglia di viaggiare per conoscere, non solo per fotografare e farsi una vacanza”.
Osserva Paola: “la gente ha iniziato a frequentare il paese per quello che il paese aveva da offrire. L’ospite che arriva adesso viene per cercare il relax, per star bene nella natura, per conoscere le attività tradizionali, per comprare i prodotti tipici e per mangiare bene. C’è sempre più un percorrere il territorio per scoprirlo”, riassume.
È così che Bossico, e allo stesso modo tanti altri paesi potrebbero seguire l’esempio, ha riscoperto la sua vera identità, già immaginata prima dell’emergenza sanitaria ma ora a maggior ragione riconfermata: “Siamo un territorio da vivere, da scoprire, da percorrere, dove acquistare prodotti locali e dove andare nelle aziende agricole a scoprire e a conoscere”.
Una nuova (rinnovata?) concezione di turismo, che Antonio descrive in questi termini: “Se a livello locale ci si mette tutti d’accordo, se si immaginano percorsi ed esperienze, allora si riesce davvero ad attirare turismo di esperienza. Il turista arriva e scopre tutto del posto, e quando se ne va porta con sé un bel ricordo, che potrebbe non avere invece con un tipo di turismo mordi e fuggi”.
Antonio nutre una profonda ammirazione per quello che questo piccolo paese è riuscito a fare: “l’Associazione è stata fenomenale: sono tutte donne e hanno capito una cosa importante, e cioè che prima di promuoversi bisogna conoscersi. Sembra una cosa banalissima, ma quanta gente lo fa? Quante comunità lo fanno?”. Conoscersi, per Bossico, non è stata solo introspezione, ma una vera e propria ricerca.
“Il lavoro di ricerca ha coinvolto l’Università di Bergamo (la referente è la professoressa Federica Burini, ndr), alla riscoperta dei saperi e sapori di questo territorio”, mi spiega Paola. Un progetto che ha dato i primi frutti nel 2017, con la pubblicazione del rapporto finale “Bossico: dal paesaggio morenico al panorama lacuale per un turismo s-Low”, che oggi vede la realizzazione di un documentario ricchissimo e che nel futuro prossimo sarà esteso a otto Comuni del circondario, le Terre Alte del Sebino.
“Il discorso è quello di conservare il sapere tradizionale, di avere qualcosa da mantenere che rimanga anche dopo che il turista se ne va”, riassume Antonio. Per farlo “ci siamo messi ad ascoltare a tappeto tutti gli anziani del paese e abbiamo incontrato anche qualche giovane: è bello, perché la mission è quella – tramandare gli antichi saperi alle nuove generazioni”.
Domani il documentario, che è ancora un work in progress, verrà trasmesso a pezzi. Spiega Antonio: “essendo rivolto ai ragazzi delle superiori, abbiamo preferito alleggerirlo: ne hanno pieni gli occhi degli schermi! Proietteremo quattro estratti tematici, di circa dieci minuti l’uno, seguiti da un quiz a risposta multipla. Ci piaceva l’idea di una cosa interattiva, sperimentale”.
Il documentario è insieme “ricerca e testimonianza”. “Abbiamo registrato ore di interviste. Abbiamo parlato con persone che ci hanno raccontato com’era Bossico un tempo. C’è stato chi ci ha spiegato quand’è il momento giusto per tagliare il legno e chi ci ha raccontato del proprio passato da maestra. Cose emozionanti, vere: un serbatoio di vita vissuta, che abbiamo deciso di tutelare”.
La consapevolezza di avere tra le mani qualcosa di prezioso è stata la scintilla che ha acceso l’entusiasmo non solo dell’Associazione, ma dell’intero paese. È nata una sfida: “essere, noi cittadini di Bossico, promotori dello sviluppo del nostro territorio in chiave turistica, attraverso l’apprendimento della capacità di fare accoglienza, lo sviluppo delle relazioni con gli ospiti e la necessità di reinventarci un po’ come imprenditori”, riporta Paola.
Con la speranza che l’esperienza sia di ispirazione a tutta la bergamasca, ricchissima di “molte piccole realtà di montagna, poco impattanti dal punto di vista delle strutture, che però hanno un loro valore che può e deve essere portato in evidenza”.
All’evento di oggi pomeriggio prendono parte anche Michela Pizio, titolare dell’AlpenChalet Schilpario e gestore del Rifugio passo del Vivione, Franco Bosio, direttore del Museo del Tessile “Martinelli Ginetto” di Leffe, e Giulia Zanardi, dell’Associazione Turnà a ’ndomà di Val Brembilla. Un calderone di iniziative lodevoli, tutte da scoprire.
La speranza, da parte di Paola, è che chi ha la facoltà di incentivare i cambiamenti si renda conto delle esigenze del territorio. “Noi nel nostro piccolo stimoliamo iniziative, facciamo ragionamenti, coinvolgiamo le realtà vicine, ma più di questo non possiamo fare. Serve un’attenzione e una sensibilità da parte di chi dispone di risorse”.