È facile, quando si parla di spazio, rivolgere gli occhi verso l’alto. Dimentichiamo spesso che la maggior parte delle attività dell’ESA – Agenzia Spaziale Europea avvengono in senso inverso: i satelliti osservano regolarmente il nostro pianeta a chilometri e chilometri di distanza. Guardare la Terra dallo spazio ci consente non solo di monitorarne lo stato di salute, verificando la temperatura dei mari, dell’aria, delle foreste, ma anche di intervenire qualora questo stato di salute fosse a rischio.
Il nuovo progetto Urban Forest, ideato dall’ESA, consentirà a una rete di città di utilizzare i dati satellitari per gestire in modo efficace e sostenibile il proprio territorio. Nel progetto, Bergamo avrà un ruolo di primo piano. Ne abbiamo parlato con Ilaria Zilioli, legal officer dell’ESA, che sarà presente personalmente al festival, mentre il collega Stefano Ferretti, responsabile in ESA del progetto Urban Forest per il Direttorato dell’Osservazione della Terra, interverrà in diretta streaming.
MM: Dottoressa Zilioli, può raccontarci brevemente il progetto Urban Forest?
IZ: Il progetto consiste nello sviluppare un sistema che sarà basato sulla combinazione di tecnologie terrestri e di derivazione satellitare al fine di monitorare il verde nelle zone urbanizzate. Lo scopo è quello di favorire la manutenzione, la salvaguardia e la progettazione di queste aree, riunendo amministrazioni di città pubbliche, esperti di botanica e foreste, istituti di ricerca e anche gli attori attenti al settore della progettazione, della costruzione e della manutenzione urbana. I dati ottenuti dai satelliti Sentinel (del progetto Copernicus che l’ESA ha attuato in collaborazione con l’Unione Europea), forniranno informazioni dettagliate a sostegno di tutti questi autori nella pianificazione urbana e nella gestione del verde. Quindi noi praticamente dallo spazio monitoriamo le piante, e aiutiamo anche la manutenzione del verde pubblico.
MM: Cosa ci dicono i segnali che arrivano dai satelliti?
IZ: C’è un vero e proprio Direttorato in ESA, il Direttorato dell’Osservazione della Terra, che si occupa di monitorare lo stato di salute dal pianeta. I satelliti Sentinel controllano il nostro pianeta dall’alto e ci mandano segnali importantissimi. Questi segnali sono quelli su cui si basano gli scienziati per dire che il nostro pianeta è in una fase di riscaldamento, soffre. Sono i segnali che ci aiutano scientificamente a vedere dove ci sono dei problemi, in modo che poi le persone preposte – politici e amministratori – possano impegnarsi a risolverli.
MM: Bergamo è una delle città pilota di questo progetto. Come è nata la collaborazione con la nostra città?
IZ: La collaborazione nasce da una bella iniziativa avvenuta circa tre anni e mezzo fa. Proprio a Bergamo, a Palazzo Frizzoni, si tenne un seminario dei giuristi del servizio legale dell’ESA di cui io faccio parte, un seminario che avevo caldeggiato io stesso essendo bergamasca. Quando la pandemia ha colpito la città di Bergamo, memori dell’ospitalità che avevamo ricevuto abbiamo scritto una lettera al sindaco Gori. Nella lettera abbiamo espresso non solo la nostra solidarietà ma anche il desiderio di dare un contributo concreto alla città, mettendo a disposizione la consulenza dell’ESA per un’iniziativa nel campo dell’innovazione di derivazione spaziale. In questo contesto è nata l’idea di coinvolgere Bergamo come una delle città pilota del progetto Urban Forest, un progetto attualmente in fase di sperimentazione e di sviluppo.
MM: Il valore di questo progetto è anche simbolico. Si vuole dare più ossigeno alle città, dopo un periodo in cui l’ossigeno è mancato…
IZ: Diciamo che una città più verde è una città più sana e sappiamo anche che alcuni scienziati hanno fatto una correlazione tra inquinamento e malattie. La gente spesso dimentica i costi associati alle malattie causate anche dall’inquinamento. Tutto questo ha un costo non soltanto in termini di assistenza medica, in termini di budget, ma anche e soprattutto in termini di vite umane. Tutto questo ha un costo sulla società. Quando perdiamo persone care a noi vicine per la malattia, quello è un costo che non è stimabile.
MM: Cosa dicono i dati relativi al periodo di lockdown, un periodo in cui circolavano pochissime macchine? I livelli di inquinamento sono cambiati?
IZ: I nostri dati satellitari hanno dimostrato che durante il lockdown la qualità dell’aria in Lombardia (ma anche nel resto del mondo) era nettamente migliorata. Tra il 13 marzo e il 13 aprile 2020, i livelli dell’inquinamento di alcune città come Milano e Roma, sono scesi di circa il 45 % rispetto allo stesso arco temporale nel 2019. Certo, l’aria resta inquinata. Se guardiamo i dati, la qualità dell’aria della Lombardia è pessima, tra le peggiori al mondo.
MM: Com’è la situazione delle aree verdi a Bergamo?
IZ: Il progetto è ancora in fase di sviluppo. Per adesso, i dati che abbiamo sono i dati catastali che ci sono stati messi a disposizione dall’assessorato Marchesi e che verranno combinati con i dati satellitari per fare una mappatura precisa del verde urbano. Quello che posso dire ora è che i livelli inquinanti risultano alti. Mancano ancora molte piste ciclabili, come manca la cultura dell’andare in bicicletta. Qua la gente si sposta molto in auto.
MM: Come potrebbe cambiare la nostra vita, occupandoci del verde urbano?
IZ: Noi sappiamo che una città più verde è un luogo più sano dove le persone possono vivere e lavorare meglio. La qualità della vita dipenderà sempre di più da come le nostre città si evolveranno. Dunque portare la natura nelle aree urbane, poterla monitorare, anche incorporando corridoi verdi nelle strade, aumenterà la qualità dell’aria, il benessere, la sicurezza e la prosperità delle nostre città: tutto ciò porterà anche a delle nuove professioni, nuove attività di impiego per i nostri giovani.
MM: A proposito dei giovani, è dal 2008 che lei collabora con Bergamoscienza come moderator per gli interventi dell’ESA e si è anche occupata di scuole. Quale è il suo giudizio sulla manifestazione e perché è così importante secondo lei che a Bergamo si parli di scienza – a giovani e non?
IZ: Io penso che parlare di scienza sia importante perché è grazie alla scienza che abbiamo il progresso. Scienza equivale a progresso, a conoscenza. La scienza è il motore della tecnologia e quindi del miglioramento della vita sulla terra. Da parte mia, trovo che il festival sia straordinario, e trovo straordinario il fatto che sia gratuito e aperto a tutti. Ogni anno ringrazio organizzatori e sostenitori perché fanno un regalo alla città. Siamo tutti in gioco perché siamo entusiasti nei confronti della scienza. A me piace parlare di spazio, quindi non perdo l’occasione di partecipare!
MM: Il suo rapporto con lo spazio è un rapporto particolare. Lei non è una scienziata, ma è legal officer dell’ESA. Chi è l’“avvocato dello spazio”, se è possibile usare questa definizione, e che ruolo ha all’interno dell’Agenzia Spaziale Europea?
IZ: Quello di cui mi occupo io è di fare accordi internazionali fra gli stati membri dell’Agenzia Spaziale Europea o tra ESA e altre agenzie come la NASA, per fare in modo che si realizzino poi i progetti scientifici o le missioni spaziali. Prima che un satellite arrivi nello spazio, occorre lavorare sulla terra: trovare i fondi, stipulare i contratti con le industrie. Una volta nello spazio, le missioni forniscono dei dati che vengono poi messi a disposizione della comunità scientifica che poi li sfrutta per scopi scientifici di varia natura.
MM: Come si diventa space lawyers?
IZ: Io ho studiato diritto internazionale a Milano specializzandomi in politica e diritto dello spazio presso lo European Center for Space Law. Ho scritto una tesi abbastanza divertente sul regime giuridico dell’orbita geostazionaria… E poi da lì sono partita, mi sono specializzata all’International Space University dove ho incontrato l’Ingegnere Ferretti, ho lavorato in giro per l’Europa. Nel 2001, sono entrata in ESA.
MM: Da donna, che consiglio darebbe alle ragazze che vorrebbero intraprendere un percorso come il suo?
IZ: Personalmente, sono molto sensibile al ruolo delle donne nella società, sono anche stata presidente dell’associazione DIRE (Donne Italiane Rete Estera). Quello che mi viene da dire alle ragazze di oggi è che seguano le loro passioni, senza farsi influenzare dagli stereotipi. Se ti piace l’ingegneria o la matematica, fallo. Io penso che non ci siano ruoli per donne e ruoli per uomini, ci sono ruoli per le persone – abbiamo tutti lo stesso cervello, l’importante è metterci passione e impegno.