È dagli anni ‘60 che, con un trend in crescita costante, viviamo al di sopra delle capacità della Terra. Si parla di deficit ecologico: le risorse che consumiamo superano la biocapacità, cioè la capacità delle risorse naturali di rigenerarsi. I calcoli attuali, riferiti alle previsioni per il 2022, ci dicono che, se tutto il mondo adottasse lo stile di vita italiano, il 15 maggio cadrebbe l’Earth Overshoot Day, cioè il giorno in cui avremmo consumato tutte le risorse prodotte dal Pianeta nell’intero anno solare. Specialmente in un periodo di tensioni internazionali come quello attuale, le preoccupazioni per i nostri consumi energetici sono all’ordine del giorno. Vale la pena sbirciare tra i futuri possibili e chiedersi se possano esistere modelli diversi di produzione dell’energia.
Uno dei futuri possibili per l’Italia è iniziato lo scorso marzo, in un piccolo comune della provincia di Cuneo, Magliano Alpi, dove è stata inaugurata la prima Comunità energetica rinnovabile (Cer) d’Italia , aprifila per numerose altre amministrazioni che stanno avviando reti locali per la produzione democratica di energia. Nate per dare una risposta diversa alla richiesta di energia, mettendo i cittadini al centro della transizione, le comunità energetiche hanno recentemente ricevuto il via libera del Consiglio regionale della Lombardia, che ha approvato all’unanimità una legge per favorire l’autonomia energetica della Regione.
La normativa stanzia 22 milioni di euro per creare una rete diffusa di impianti di produzione e accumulo energetico formata da seimila comunità energetiche, in via di strutturazione nei prossimi 5 anni. A queste risorse potranno aggiungersi quelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a sostegno delle comunità energetiche (2,2 miliardi di euro per i Comuni con meno di 5mila abitanti) e quelle del Programma Operativo Regionale del Fondo europeo di sviluppo regionale (POR FESR) a disposizione della Regione per il sostegno alla diffusione delle CER (55,5 milioni di euro).
Il progetto Cli.C.
A livello regionale c’è fibrillazione, ma anche in bergamasca ci sono segnali di movimento. Il Comune di Bergamo già l’anno scorso ha fatto un primo passo verso questa direzione: il progetto Cli.C., di cui avevamo parlato al tempo insieme all’Assessore all’ambiente Stefano Zenoni, prevede alcune azioni pilota ad orizzonte temporale breve (2025), suddivise in sette ambiti tematici. Tra questi, la Mitigazione dei cambiamenti climatici è legata proprio alla costituzione di Comunità energetiche.
La relativa iniziativa consiste in uno studio di fattibilità per la realizzazione di un progetto pilota, pensato come il punto di partenza per la diffusione su ampia scala di piccoli sistemi di teleriscaldamento alimentati da fonti rinnovabili, che contribuiscano alla valorizzazione del territorio e garantiscano benefici dal punto di vista energetico, economico e ambientale. Con t eleriscaldamento si intende una forma di riscaldamento nella quale reti di tubazioni coibentate distribuiscono acqua calda, surriscaldata o vapore, provenienti da una grossa centrale di produzione. Il progetto, previsto per il triennio 2021-2023, prevede un budget complessivo di 50 mila euro, di cui 10 mila provengono da cofinanziamenti.
L’iniziativa punta a incentivare la diffusione di sistemi più efficienti e sostenibili di produzione e distribuzione di calore ed energia elettrica, basati sullo sfruttamento di energie rinnovabili disponibili sul territorio (come fotovoltaico e solare termico), sulla cogenerazione (vale a dire la produzione combinata di energia elettrica ed energia termica a partire da un’unica fonte di energia primaria) e sul teleriscaldamento. In particolare, viene ipotizzata l’integrazione del solare termico in impianti alimentati a gas naturale. La radiazione solare è una fonte energetica ampiamente sfruttata nella provincia di Bergamo, dove risiede il 2,3% degli impianti fotovoltaici italiani, per un totale di potenza prodotta di 344,5 MW.
Nelle comunità energetiche i consumatori, da passivi beneficiari di servizi, si reinventano soggetti attivi nella valutazione delle scelte di consumo, e non solo: partecipano anche in prima persona alla generazione e allo stoccaggio dell’energia, riscoprendo una dimensione di comunità ormai sempre meno usuale.
Il trend nazionale
L’iniziativa legata alle comunità energetiche non ha né la forza né la capacità di modificare, da sola, il trend climatico della zona urbana: le azioni pilota previste all’interno di Cli.C. sono state pensate come prime buone pratiche in grado di segnare la strada e indicare la direzione a future politiche. Non solo del Comune di Bergamo, ma di tutta la provincia, che si auspichi segua a ruota. Di certo, il trend nazionale è positivo: secondo le stime di RSE (Ricerca sul Sistema Energetico, la società di ricerca che fa capo al Gestore dei Servizi Energetici) e della Luiss Business School è possibile immaginare nei prossimi dieci anni l’installazione di nuovi impianti all’interno delle comunità energetiche per un totale di 7 GW.
La spinta, a livello nazionale, arriva dal decreto legislativo Red II (D. Lgs. 199/2021), entrato in vigore il 15 dicembre scorso, che, tra le altre cose, disciplina il funzionamento delle Comunità energetiche e introduce importanti elementi di novità rispetto alla (sperimentale) normativa precedente.
Il primo è la possibilità di realizzare impianti più grandi: se prima la singola comunità energetica poteva installare un impianto dalla potenza massima di 200 kW, adesso sarà possibile arrivare fino a 1 MW, con investimenti e ricadute più significativi in ottica di comunità. Il secondo risiede nel fatto che fino a oggi tutti i membri di una comunità energetica dovevano afferire a un’unica cabina secondaria, che insiste su un’area abbastanza ristretta (una strada o al massimo un quartiere). Con il nuovo decreto si passa alla cabina primaria, coinvolgendo un numero maggiore di persone e in alcune aree rurali persino di Comuni.
La rete di comunità energetiche immaginata da Regione Lombardia risponderà ai fabbisogni di abitazioni private, aziende, ospedali, scuole ed enti locali, riducendo i costi energetici a carico dei consumatori. Sarà in grado di generare un incremento di potenza fotovoltaica di quasi 1.300 MW, cioè un terzo dell’obiettivo di sviluppo del fotovoltaico entro il 2030. Ma i benefici non si limitano alla sola dimensione regionale.
Lo studio “Il contributo delle comunità energetiche alla decarbonizzazione in Italia”, realizzato da Elemens per Legambiente, descrive lo scenario di sviluppo in Italia entro il 2030: il contributo portato dalle comunità energetiche in termini di nuova capacità rinnovabile può arrivare a 17,2 GW, coprendo il 30% circa dell’incremento di energia verde prevista dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) per allinearsi all’obiettivo europeo della neutralità carbonica entro il 2050.
Benefici ambientali, locali, sociali ed economici: benvenute comunità energetiche!