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Andare oltre le spine. Ecco perché i cactus non sono solo soprammobili

Articolo. D’estate, è inevitabile paragonarci a questi “esseri spinosi”. Spossati sotto la calura, teniamo stretti dentro di noi l’acqua e la vita. Sarà per questo legame metaforico o per il loro aspetto allegro e bizzarro che le nostre case si riempiono di piante grasse. Ecco alcune delucidazioni per conoscerle meglio

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I cactus sono piante straordinarie, ma come – a torto o a ragione – molti tormentoni estivi, spesso vengono banalizzati. Prima di divagare nei meandri della botanica e dell’antropologia, focalizziamoci su dei concetti chiave che ci aiuteranno a guardare i cactus che abbiamo sul davanzale della cucina con consapevolezza. Senza perderne la leggerezza.

Enciclopedia

Il nome «cactus» deriva dalla parola greca «kaktos», che significa «pianta spinosa». Originario delle aree soggette a siccità, il cactus si adatta perfettamente a vivere nel caldo intenso e nell’ambiente del deserto, il che significa che può sicuramente sopravvivere alle condizioni calde e secche di una casa con riscaldamento centralizzato.

La vista di antichi cactus alieni nei luoghi in cui crescono spontaneamente è sicuramente più avvincente dell’utilizzo decorativo che se ne fa nelle nostre case. Una peculiarità di questa famiglia botanica sono infatti le dimensioni e le forme inimmaginabili delle varie specie, gigantesche o minuscole.

Eccoci quindi al paradosso: i cactus provengono dai luoghi più inospitali della terra, dove gli esseri umani non sopravvivrebbero, eppure si ritrovano ad essere soprammobili rinomati per la loro mancanza di cure.

Non preoccupatevi, queste parole spinose non vogliono riempirvi di sensi di colpa. Credo semplicemente che sia bene ricordarci sempre che la natura non ha bisogno di noi: siamo noi che approfittiamo della sua smisurata filantropia.

Antropologia botanica

L’antropologia è la scienza che studia i comportamenti degli esseri umani all’interno della società e dell’ambiente ed è per questo motivo utile per capire la modernità. Da un lato, abbiamo i “cactus usa e getta” sui carrelli di Ikea, che rappresentano un rapporto superficiale tra gli esseri umani e la natura. Dall’altro, vi è un profondo legame tra queste piante e gli abitanti della loro terra madre: il Messico. Secondo la tradizione, gli Aztechi, durante la loro lunga migrazione, videro un’aquila appoggiata sopra un cactus che divorava un serpente. Questa scena venne interpretata dai sacerdoti come segno che quella era la terra promessa per il popolo messicano.

Questa leggenda costituisce anche il fulcro dell’attuale bandiera messicana, fungendo da ulteriore riferimento alla fondazione di Tenochtitlan, la capitale azteca, che infatti si traduce in inglese come «luogo della roccia del cactus».

Dalla mitologia, il cactus è diventato parte integrante della cultura messicana. Il nome della varietà più popolare è Nopales, e viene utilizzato sia per scopo ornamentale nei giardini, che come prezioso ingrediente nelle ricette tradizionali.

Il cactus messicano, essendo ricco di acqua, fibre, calcio e potassio, offre molti benefici per la salute. L’elevata quantità di fibre riduce i livelli di colesterolo, trigliceridi e glicemia. Il cactus dona una sensazione di sazietà, contribuisce a una buona digestione e aiuta a prevenire la stitichezza. Per questo motivo, nella dieta tutti noi dovremmo inserire una saporita zuppa di cactus.

Spesso, l’antropologia si fonde con la scienza e – chi l’avrebbe detto – anche con la moda. Negli ultimi tempi, la moda vegana sta spopolando e molte firme hanno deciso di “sfruttare la tradizione messicana” e creare accessori fatti con la pelle dei cactus.

Ecco come la globalizzazione e il consumismo, ma anche la tradizione e la sostenibilità, si intrecciano nella linfa che scorre in questi vegetali mistici.

Tecnicismi

Fino ad ora ho utilizzato la parola «cactus» per lasciare il messaggio che queste piante non sono soprammobili, ma esseri viventi temerari. Eppure, la parola in sé pecca di superficialità. Con il termine «cactus» si fa riferimento a circa 3000 specie di piante grasse o succulente suddivise in oltre un centinaio di generi, tutte appartenenti alla famiglia delle Cactaceae.

La loro caratteristica comune è la presenza di un fusto succulento con funzione fotosintetica e di riserva d’acqua, spesso ricoperto da foglie spinose più o meno grandi e appuntite o da una fitta lanugine biancastra, che ricorda la barba di un saggio anziano.

Nonostante il mio sproloquio sul “naturale splendido isolamento” di queste piante, dato che la globalizzazione (come dicono i più grandi sociologi) è inarrestabile e non possiamo pagare un biglietto di sola andata per il Messico ai nostri cactus, vediamo come coltivarli al meglio.

L’obbiettivo è quello di ricreare nelle nostre case il loro habitat. Posizionateli in ambienti luminosi e poco umidi, soprattutto lontani da caloriferi e aria condizionata. Bagnateli poco, specialmente in inverno quando la maggior parte dei cactus non supera la stagione perché “esplode” o marcisce per eccesso di umidità.

Durante l’estate, portateli in terrazza per creare uno sbalzo termico che favorisca la fioritura, che avviene durante il mese di luglio grazie alle alte temperature. La fioritura dei cactus è uno spettacolo quasi soprannaturale: quando tutto intorno è arido per il calore, queste piante emanano, anche se per poco, tutta la loro bellezza che vale sicuramente le cure dedicategli durante l’anno. Si tratta di sciami di fiorellini che lottano fra loro per sbocciare fra le spine e mostrare i loro colori sgargianti difficili da catalogare.

Il periodo estivo è anche quello perfetto per duplicare i vostri cactus. Basta staccare le nuove foglie da cui spesso partono le inflorescenze e trapiantarle.

Il terriccio delle piante grasse è particolare in quanto ricco, in modo tale da favorire il drenaggio di sabbia, tipica degli ambienti semi desertici.

Infine, è bene somministrare periodicamente del concime specifico ai vostri cactus, in quanto li aiuterà a sostenere meglio i cambiamenti climatici, a vegetare e a fiorire.

Insomma prendersi cura di questi “amici spinosi” non è un gioco da ragazzi, se vogliamo che anch’essi vivano sereni nelle nostre case. Non dobbiamo scordarci mai che le piante sono esseri viventi e per certi versi, come scrive Stefano Mancuso, provano emozioni.

La fioritura nel mese di luglio è il modo migliore per capire le emozioni di questi vegetali e apprezzarne il carisma.

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