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Vittorio Luigi Castellazzi: la “libertà” non è assenza di limiti, ma saper progettare la propria vita

Intervista. Desiderare e accettare le regole: due chiavi essenziali per la convivenza sociale e un’esistenza piena. È la lettura del concetto di libertà del professore, che martedì 26 gennaio sarà ospite in diretta streaming della rassegna di filosofia Noesis

Lettura 2 min.

Noesis è una scuola informale di filosofia, un laboratorio di idee a cui partecipano grandi nomi del pensiero contemporaneo, una serie di incontri divulgativi aperti al pubblico in cui avvicinarsi a tematiche complesse presentate in modo chiaro e accessibile. Quest’anno si parla di libertà in chiave multidisciplinare: si va dalla biologia al rapporto con la paura, che limita il nostro agire, al dialogo con la tecnologia, per arrivare alla relazione con il desiderio inteso come spinta vitale, che si scontra con il limite della regola, gettando le basi per un vivere consapevole.

Proprio di questo parlerà Vittorio Luigi Castellazzi, docente emerito di Tecniche proiettive e diagnosi della personalità presso l’Università Salesiana di Roma e professore di Psicopatologia dell’infanzia e della adolescenza alla LUMSA e a Roma Tre. Sarà lui l’ospite del corso di filosofia Noesis martedì 26 gennaio alle 20 in streaming su iscrizione (tutte le informazioni nel link in fondo all’articolo).

La libertà secondo il professore è strettamente legata al desiderio, “che investe l’intera esistenza, interessa tutte le età – spiega – con lo scorrere degli anni possono cambiare i contenuti, ma questa spinta resta la stessa. Ci si ammala psichicamente e, talvolta, anche fisicamente, quando l’impulso a desiderare viene soffocato e rimosso; ma tanto è importante restare fedeli ad esso, tanto è essenziale non perdere di vista le esigenze degli altri”.

Una libertà che è per sua natura condizionata: la mia finisce dove comincia la tua e viceversa. In mezzo c’è la regola, che disciplina il nostro stare insieme: “Esiste un conflitto tra il proprio desiderio e l’accettazione della norma, che porta alla convivenza sociale. Questo equilibrio – ricorda il professore – è all’origine della civiltà. Freud dice che la legge è funzionale alla umanizzazione della società, rende più vivibile la nostra vita. Ma questa umanizzazione ha un prezzo, che Freud descrive in un suo famoso saggio ‘Il disagio della civiltà’ del 1929. La parziale rinuncia alla realizzazione di tutti i nostri desideri ci offre in cambio un po’ di sicurezza sociale. Un processo che lo psicanalista e filosofo francese Lacan definisce ‘riconoscimento della legge del padre’”.

Oggi però, secondo Castellazzi, nel nostro vivere sociale quella figura del “padre” che rappresenta la legge è piuttosto fragile: “Anche solo l’educazione dei bambini pare svolgersi sotto il segno dell’assenza di limiti, per paura di un ‘no’ che possa fare soffrire i piccoli. Al dovere della rinuncia sopravviene il dovere del godimento ad ogni costo, ma questo crea un problema: l’assenza di una legge e di un limite rende tutto accessibile subito. Così facendo però non si crea un progetto da raggiungere”.

Il progetto è il futuro. Un futuro che diventa difficile da immaginare se mancano i desideri, le aspirazioni. “Il rischio è che per i giovani diventi difficile pensare un vero progetto di vita, mentre più in generale il soddisfacimento immediato è il nuovo statuto sociale. Questo porta anche all’insorgere di nuove patologie: diversamente da anni fa in cui quelle classiche come nevrosi e psicosi erano legate al soffocamento del piacere, oggi è l’opposto. Si tratta di disturbi legati al troppo, al tutto e al subito, tipici della società dei consumi, come disturbi dell’alimentazione, tossicodipendenza, gioco d’azzardo, sesso compulsivo, dipendenza da internet e dallo smartphone. Tutte patologie legate a una ricerca del piacere provvisoria e immediata”.

La sensazione che ne deriva è quella dell’illusione di una grande libertà e di una potente autodeterminazione come sostiene il professore, secondo cui “l’ossessione di fare a meno della legge in realtà non comporta maggiore libertà, anzi, siamo più manipolati in modo inconsapevole: consumo delle merci, tecnologia, pubblicità. Pensiamo solo a come lo smartphone ha cambiato il nostro modo di relazionarci o come la spinta consumistica ci faccia uscire dal supermercato con più prodotti di quelli che avevamo realmente intenzione di acquistare o alla questione del controllo attraverso i dati legata a internet. Allo stesso modo in ambito politico questa situazione di apparente libertà sta creando in realtà una reazione autoritaria: dove c’è insicurezza l’individuo tende a cercare l’uomo forte e così sono le figure manipolatrici ad avere successo: promettono di risolvere i grandi problemi del mondo e invece ci troviamo con sovranismo, fanatismo e altri fenomeni che mirano più alla strumentalizzazione, che al servizio del cittadino”.

“Pensare alla libertà come eliminazione dei limiti comporta un grande rischio – conclude il professore – quello di portarci verso un maggiore condizionamento di massa in cui ci sentiamo apparentemente liberi, ma non lo siamo. Accettare il limite significa dare una forma al proprio desiderio per progettare una vita piena”.

Guarda qui sotto l’intervento di Vittorio Luigi Castellazzi:

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