«F ondazione Ravasio ha sempre promosso iniziative per la cittadinanza in occasione del Carnevale, e quest’anno partecipiamo al programma coordinato insieme alle compagnie teatrali e al Comune di Bergamo. L’idea è quella di ricreare un’atmosfera spensierata, un Carnevale che porti calore e leggerezza nel cuore dell’inverno», il presidente Filippo Cecchini Manara, ci introduce ai prossimi appuntamenti della Fondazione Ravasio . Il primo degli eventi carnevaleschi sarà «Gioppino a Venezia in cerca di fortuna», teatro di burattini in programma il 1° marzo all’Auditorium Ermanno Olmi di Bergamo, uno spettacolo della compagnia Baraca&Böratì pensato dai tre anni in su. La trama segue le avventure di Gioppino, che si ritrova coinvolto in un intrigo nella Serenissima. «Il legame tra Carnevale e teatro di figura è naturale: le maschere tradizionali, come Gioppino, fanno parte della nostra storia e della nostra identità culturale», prosegue Cecchini Manara. L’evento inizia alle 15.30 con un biglietto d’ingresso di 6 euro; la prenotazione è consigliata scrivendo a [email protected] o telefonando al numero 375 5477303.
Il 4 marzo tutta la città si trasformerà in un grande palcoscenico a cielo aperto con «Tropico del Carnevale!», un’iniziativa della «Rete Family Friendly», nata nell’ambito di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 e sostenuta dagli assessorati alla Cultura dei due Comuni, che porterà spettacoli, laboratori e animazioni in diversi luoghi della città di Bergamo: Piazza Dante, Foyer Donizetti, Donizetti Studio, Balzer Globe e Sentierone/Largo Gavazzeni. Dalle 10.30 alle 18.30, il pubblico potrà infatti immergersi in un’atmosfera esotica ispirata ai tropici, con una programmazione pensata per coinvolgere grandi e piccoli.
Durante la giornata del 4 marzo, tre iniziative speciali saranno proposte da Fondazione Ravasio. La prima sarà una visita animata al Museo del Burattino (in programma alle 10 e alle 11), dove le maschere della tradizione italiana come Arlecchino, Brighella e Gioppino prenderanno vita per raccontare storie e avventure insieme al burattinaio Gabriele Codognola. «Il museo non è solo un luogo espositivo, ma un organismo vivo, proprio come i burattini. La visita sarà un’occasione per scoprire il dietro le quinte del teatro di figura, comprendere come funziona questo mondo e vivere l’esperienza in maniera interattiva. Ci teniamo molto a rendere il museo sempre più parte attiva delle nostre iniziative», dichiara il presidente della Fondazione. Il costo della visita è di 5 euro per gli adulti e 3 euro per i bambini dai 6 anni in su, con prenotazione obbligatoria.
Nel pomeriggio, in Piazza Dante, i bambini potranno divertirsi con il laboratorio di bolle di sapone di «Teatro Pane e Mate», in programma alle 14.10, 15.00 e 15.50. Si potranno costruire strumenti con materiali di uso quotidiano e scoprire la formula segreta per bolle giganti. Infine, sempre in Piazza Dante, andrà in scena lo spettacolo di teatro di figura e manipolazione di oggetti «Mettici il Cuore» della compagnia Nina Theatre . Lo spettacolo, suddiviso in tre sketch diversi alle 16.10, 17.10 e 18.00, si presenterà come un mix di poesia e comicità.
Pamela Mastrorosa, fondatrice di Nina Theatre, ha costruito il suo percorso tra teatro di figura e narrazione, partendo dalla Puglia fino a esibirsi in festival di tutto il mondo. Dopo anni di lavoro tra compagnie teatrali e spettacoli di strada, ha dato vita a «Mettici il cuore», un progetto che unisce la sua esperienza di attrice e burattinaia. In questa intervista racconta il suo viaggio artistico e il valore del teatro di figura come mezzo di espressione e incontro.
CD: Quando è iniziato il viaggio con il tuo pupazzo Nina?
PM: Lo spettacolo è nato nel 2019 e da subito ha avuto un riscontro molto positivo. Da allora ho avuto l’opportunità di portarlo in scena in diversi Paesi, girando il mondo con questo lavoro che interpreto da sola. Si tratta di un teatro visuale, pensato soprattutto per i festival di teatro di strada. Per questo motivo utilizzo un linguaggio semplice e immediato, in modo che possa arrivare a tutti, indipendentemente dalla lingua o dal contesto culturale. Lo spettacolo rimane sempre lo stesso ovunque io vada, proprio perché si basa su un linguaggio universale.
CD: Quali sono le tematiche che affronti in scena?
PM: Le tematiche principali per me sono l’amore e l’empatia. Un esempio significativo è un numero in cui coinvolgo una bambina volontaria dal pubblico: non è solo il numero in sé ad avere valore, ma lo scambio empatico che si crea in quel momento. Anche la scena finale è molto importante: rappresenta l’incontro tra me e il mio alter ego, un pupazzo che simboleggia la mia bambina interiore, la quale alla fine realizza i suoi sogni.
CD: Qual è la caratteristica più forte del teatro di strada e qual è il compito degli artisti?
PM: Il teatro di strada è una forma d’arte fondamentale: permette di raggiungere un pubblico eterogeneo, composto da persone di ogni età e condizione sociale. Chiunque passi può assistere allo spettacolo, senza dover acquistare un biglietto. Questo cambia completamente la dinamica della performance: bisogna catturare e mantenere l’attenzione del pubblico in un ambiente aperto, spesso imprevedibile.
CD: Come si inserisce il tuo spettacolo in questo contesto?
PM: Il mio è uno spettacolo di teatro di figura e non segue la struttura classica degli spettacoli di strada. Ha tempi più teatrali e inizialmente mi dissero che questo sarebbe stato un problema, che il pubblico di strada non avrebbe avuto la pazienza di seguirlo. Ma io volevo portare un messaggio poetico proprio lì. All’inizio è stato difficile, ma con il tempo ho trovato il modo di rendere lo spettacolo efficace anche in quel contesto. Oggi il teatro di figura sta trovando sempre più spazio nei festival di teatro di strada, sia in Italia che all’estero.
CD: Il teatro di figura viene spesso considerato un genere di nicchia. Qual è la tua opinione?
PM: In realtà il teatro di figura è un linguaggio artistico vastissimo, che comprende molte discipline. In Italia, però, è ancora associato prevalentemente all’infanzia, mentre all’estero si sperimentano forme più contemporanee e rivolte anche agli adulti. Sarebbe importante superare questa visione e ampliare le possibilità espressive del teatro di figura nel nostro Paese. Ci sono difficoltà, ma vedo anche molte opportunità. Credo che il teatro di figura abbia un grande potenziale, soprattutto se si apre a nuove sperimentazioni, come avviene già all’estero.
CD: Il titolo “Mettici il cuore” ha un significato particolare?
PM: Molti mi chiedono il senso del titolo, perché non si riferisce direttamente a qualcosa che accade in scena. È piuttosto un messaggio metaforico: ho sempre creduto che nella vita, per raggiungere i propri obiettivi, non basti solo metterci il cuore, ma anche metterci il sangue, dare tutto se stessi. Con questo spettacolo voglio trasmettere al pubblico l’importanza di affrontare ogni cosa con passione e dedizione.