“Diventeremo cosa? / Diremo io o noi? E quanto grande il noi / quanto popolato? Che delicata mano / ci vuole ora, e che passo leggero, e mente / acuta, pensiero spalancato al bene”. Sono versi che Mariangela Gualtieri ha scritto lo scorso marzo per la comunità di Bose, la poesia si intitola “Adesso” e un verso, “Diremo io o noi?”, titola la XIV° edizione – dedicata a Patrick George Zaki – di Molte fedi sotto lo stesso cielo, la rassegna culturale di Acli Bergamo che prenderà il via mercoledì 8 settembre alle 21.00 nell’Aula Magna dell’Università di Bergamo con un dialogo fra Gaël Giraud, gesuita, economista e teorico della “transizione ecologica”, e Carlo Petrini, gastronomo e fondatore di Slow Food, partendo dal titolo “Dopo la pandemia, ripensare lo sviluppo”.
“Rivivere gran parte della rassegna in presenza con gli adeguati accorgimenti sarà una grande emozione – spiega Daniele Rocchetti, presidente delle Acli provinciali e ideatore della rassegna – Aspettavamo questo momento con trepidazione, consapevoli che sarà comunque una sfida difficile”. Una sfida difficile, ma necessaria, perché anno dopo anno il pubblico di Molte fedi è diventato una comunità, che sostiene la rassegna anche attraverso la Card di Molte fedi (tutte le informazioni a questo link).
“La poesia di Mariangela Gualtieri ci è parsa illuminante e profetica rispetto al tempo che stiamo vivendo. Una domanda che nel testo è accompagnata da mille altri interrogativi. Diventeremo cosa? Ma quanto grande il noi? Quanto popolato?”. Sentieri per varcare la notte recita il sottotitolo, dunque “saremo guidati in questo itinerario da donne e uomini come noi mendicanti di senso. Da Cristina Cattaneo, a cui consegneremo il Premio Costruttori di ponti, a Gilles Kepel, islamologo, da Agnese Moro e Adriana Faranda a Stefano Mancuso, da grandi giornaliste come Iman Sabbah e Monica Maggioni al teologo Christoph Theobald”. Il programma completo è disponibile sul sito di Molte fedi.
Ogni incontro una tappa, ogni tappa una domanda
Il cardinal Ravasi, Carlin Petrini, Gad Lerner, Gael Giraud, Lella Costa, Lucilla Giagnoni, Massimo Recalcati, Massimo Cacciari, Mario Calabresi, Paolo Magri, Alessandro D’Avenia, Gianrico Carofiglio, Edith Bruck, Paolo Cognetti, David Sassoli, Fabrizio Barca, Benedetta Tobagi, Erri De Luca, Agnese Moro, Stefano Mancuso, Leonardo Boff, Gustavo Pietropolli Charmet.
Sono alcuni degli ospiti di questa edizione della rassegna. Pensata come una camminata attraverso la notte che stiamo vivendo, per immaginare delle domande che sappiano generare un significato luminoso in questo tempo di smarrimento. “In questa ricerca ci faremo aiutare da tanti. Da amiche e amici storici, come Lella Costa o Gad Lerner e da e presenze nuove come Edith Bruck e Stefano Mancuso”.
I circoli di R-esistenza
Immancabili ormai da diverse edizioni, i Circoli di R-Esistenza – gruppi di lettura formati da una dozzina di partecipanti che si ritrovano quattro volte lungo il periodo di Molte fedi per leggere il testo che guida l’edizione – verteranno quest’anno sul libro “Nel cantiere dell’educare”, scritto appositamente per le Acli provinciali da don Armando Matteo, docente di Teologia Fondamentale all’Urbaniana di Roma e autore di diversi saggi, e Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e Antropologia dei Media presso la Cattolica di Milano.
Al centro la questione educativa post-pandemia: famiglia e scuola hanno conosciuto vuoti, dinamiche e tensioni inaudite. Didattica a distanza e smart working hanno generato diversi interrogativi a cui il libro cerca di dare ascolto. Tutte le info seguendo questo link.
Info
Le prenotazioni agli eventi vanno fatte 15 giorni prima della data sempre sul sito di Molte fedi, più di 30 eventi su 80 saranno in presenza. Il pubblico della rassegna tornerà a riempire chiese, teatri e sale conferenze nel pieno rispetto delle normative vigenti. Tutti gli eventi saranno trasmessi anche sul sito, sulla pagina Facebook e sul canale Youtube della rassegna.
L’Eco di Bergamo, Bergamo TV e Eppen hanno risposto anche quest’anno alla richiesta di mediapartnership della rassegna e mettono a disposizione per alcuni appuntamenti gli studi della tv e i social del gruppo editoriale, per far arrivare voci e volti degli ospiti collegati dalle loro città. Le telecamere di Bergamo TV saranno presenti anche per le riprese degli incontri con Alessandro D’Avenia, Cristina Cattaneo, Lella Costa e Mariangela Gualtieri.
Saranno come sempre diversi gli ambiti degli incontri: dalle narrazioni all’ambiente, dal cinema alla geopolitica, dall’arte alla spiritualità. Grande importanza verrà data alla questione ambientale per con la sezione “Cura del mondo”, novità dell’edizione 2021, che vedrà in calendario tre appuntamenti dedicati interamente all’ecologia.
Una domanda che genera altre domande
Il frammento della poesia di Gualtieri è formato da domande, che a loro volta generano domande più che risposte. Ed è probabilmente questo l’intento di Molte fedi: incontrare esperti in vari campi, che portino il loro sapere e la loro esperienza, ma non per calare sul pubblico chissà quale verità, bensì per generare domande. Perché dopo la tempesta della pandemia – che comunque non è ancora del tutto finita – questo è il tempo delle domande, di chiedersi cosa va e cosa non va.
“Diventeremo cosa?” Ma come chiederselo? (eccola la domanda che ne genera un’altra) La domanda può essere al singolare, secondo l’addestramento all’individualismo del turbocapitalismo e del covid-19, malattia che ha distanziato l’Altro, rendendo temibile il corpo e le persone; oppure può essere al plurale, quel noi che è l’alternativa ad una solitudine biologica ed esistenziale e fa comunità (come paese, nazione, continente, globo). Dunque, nella vita di tutti i giorni, nelle scelte d’acquisto, nelle decisioni della politica (cosa è e dov’è oggi il potere?, altra domanda), nel micro e nel macro “Diremo io o noi?”.
“E quanto grande il noi / quanto popolato?”. In altre parole, che cosa intendiamo per Noi? L’uomo, secondo quella logica antropocentrica che ha intaccato, forse in modo definitivo, la terra? O il vivente (e il non-vivente) come vuole quella visione che si sta via via diffondendo di un uomo dentro ad una rete di parentele da salvaguardare, che vanno dagli animali ai fiumi, passando per le piante e i microrganismi? Il pensiero estrattivo delle multinazionali del petrolio o quello di filosofi come Donna J. Haraway, Timothy Morton o di artisti contemporanei come Tomás Saraceno e le ragnatele installate per la mostra “Aria”?
Si gioca su queste domande il futuro delle democrazie, delle crisi pandemiche, di quelle geopolitiche, del nostro pianeta, della tecnologia in accelerazione (siamo ancora esseri umani o sia diventati uomini dotati di una protesi digitale in un mondo, oggi definito onlife, sparso tra realtà e virtuale?) e quindi di noi. Perché se alla domanda “Diremo io o noi?” risponderemo io, espelleremo l’Altro, chiunque esso sia, dalle nostre vite le conseguenze cadranno sul noi, come popolazione di un luogo che attraversa una grande crisi.
Ma crisi significa anche cambiamento. Per questo Mariangela Gualtieri, dopo quelle tre domande ficcanti, che ci inchiodano alle nostre responsabilità di donne e uomini verso il tutto in cui siamo inseriti, chiude con un’affermazione che contiene tre parole chiave per il nostro futuro: “Che delicata mano / ci vuole ora, e che passo leggero, e mente / acuta, pensiero spalancato al bene”. Delicatezza, leggerezza, bene. Riferendosi a un bellissimo e misterioso racconto di Kafka (“Il cavaliere del secchio”) Italo Calvino scriveva nella prima delle sue “Lezioni americane” (chiamate anche “Sei proposte per il prossimo millennio”) dedicata alla leggerezza: “Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi”. Sono passati più di vent’anni dall’inizio di questo fatidico nuovo millennio, vent’anni di grandi catastrofi, grandi gioie e scoperte e un forte senso di spaesamento dominante. Ma siamo ancora tutti sotto lo stesso cielo e possiamo domandarci “Dove andiamo?” e “con che cosa?” per cominciare a costruire il nostro domani.