Quella di Joanna è una storia in cui tante donne possono identificarsi. Non ci sono soprusi o violenze eclatanti, solo una “normale” mancanza del diritto alla maternità. Così normale, che lei per prima oggi si sente in colpa per “non averci pensato prima”. Perché non basta lavorare – e lavorare tanto – per avere diritto alla maternità retribuita e passare qualche mese col proprio figlio neonato senza pensare alla sussistenza. Serve soprattutto avere il contratto giusto. Allo stesso tempo, quella di Joanna è una bella storia di imprenditorialità, passione e speranza.
La sua esperienza è raccolta nell’ebook curato da Sorgenia “Storie di donne rinate”. Le voci di dieci figure femminili, raccolte dalla greentech energy company nell’ambito della campagna #Sempre25Novembre , raccontano piccole e grandi rivoluzioni personali verso l’inclusione. Si tratta di dieci podcast – della durata di dieci minuti circa – con le voci delle protagoniste, donne comuni e donne più note, come Laura Formenti (potete leggere qua la sua storia), che attraverso la propria esperienza, hanno scelto di condividere il proprio riscatto.
La storia di Joanna potete ascoltarla a questo link, o leggerla nella nostra intervista, con qualche particolare in più.
MM: Ciao Joanna, raccontaci di te e della tua formazione.
J: Sono nata e cresciuta in Polonia, venuta in Italia a 21 anni con l’Erasmus. Ho sempre adorato le lingue, sapevo già bene l’inglese e così ho deciso di laurearmi in Italianistica. Ho finito gli studi alla Sapienza di Roma ormai 18 anni fa. Poi ho avuto un’esperienza molto lunga in un settore diverso: facevo la croupier, prima in Italia e poi all’estero. Mi sono divertita, ma è un universo particolare, una bolla separata dal mondo reale, non potrei immaginare di farlo ora. Volevo uscirne, ma era difficile perché ero brava e richiesta. Così mi sono rivolta all’inglese, che ho sempre insegnato per mantenermi durante gli studi.
MM: Quindi hai lavorato per delle scuole di lingue?
J: Sì, ma sempre a chiamata, senza un contratto regolare. I miei corsi erano molto popolari, e finché ero sola era sostenibile: giravo in bicicletta e facevo tante lezioni. Mi è sempre piaciuto molto e sono brava e creativa nella didattica. Poi però ho deciso di fare un figlio. Io affronto la vita senza pianificare, ero felicissima di essere incinta e mi sembrava tutto bellissimo, anche la gravidanza. Ma ho capito subito che non avrei potuto più fare quel tipo di lavoro. Ero sicura che qualcosa avrei potuto fare perché i miei corsi piacevano molto: ho chiesto a tutte e tre le scuole dove lavoravo un contratto migliore, ma l’unico modo era la Partita Iva. Sono andata al CAF e, lavorando in ritenuta d’acconto, ho scoperto che non mi spettava niente per la maternità.
MM: Quindi hai smesso di lavorare?
J: In una scuola dove mi trovavo bene ho continuato a fare due lezioni il pomeriggio: prendevo 12 euro l’ora e pagavo 8 euro l’ora la baby-sitter. A Roma, i prezzi sono quelli, e né io né il mio compagno abbiamo qua la famiglia. La vedevo nera e senza via d’uscita, pensavo di andare a fare la segretaria ma ero triste perché davvero insegnare le lingue è quello che mi piace fare. Da tempo avevo in mente l’idea di un sito mio per insegnare online e ci ho provato.
MM: Hai subito avuto successo?
J: No, sono stata travolta da tutte le difficoltà della maternità. Ho sofferto, se non di depressione, di baby blues. Eravamo soli, senza aiuti e con tutte le incertezze lavorative. Poi mi sentivo inadeguata dal punto di vista imprenditoriale e sociale, non mi sentivo in grado di gestire tutto ciò che non ha a che fare con la didattica. Inizialmente, ho caricato solo poche lezioni, giusto per mantenere il sito vivo e pagarmi le baby-sitter. Ho dovuto studiare e capire, faticando molto. Questo è il primo anno che vedo un cambiamento e la mia attività “Inglese con Joanna” ha ingranato.
MM: Qual è stata la molla?
J: Tornare a studiare e completare la laurea magistrale. Avevo questa amica che ogni giorno mi sollecitava a riprendere gli studi, interrotti a un passo dalla tesi. Un giorno mi sono informata, convinta del fatto che non sarebbe stato possibile e che sarei stata legittimata a rinunciare. Invece si poteva fare e l’ho fatto. Ora desidero insegnare nelle scuole pubbliche, ma sempre tenendo attivo il mio sito. Mi piace molto avere il mio spazio di manovra, nelle mie lezioni faccio davvero la differenza.
MM: All’inizio del tuo podcast minimizzi le tue difficoltà, facendo riferimento alla tua storia familiare. Cos’è la Polonia per te oggi?
J: Entrambi i miei nonni hanno fatto la guerra e il papà di mia mamma è stato deportato in Siberia. Ero piccola, ma i loro racconti mi sono rimasti dentro e ci penso quotidianamente. Io posso avere patito ingiustizie e difficoltà, ma non la violenza vera. In Polonia ho vissuto un’infanzia molto serena e ordinaria, in una città non lontana da Berlino. Tutta la mia famiglia è rimasta in Polonia, che ora vive una situazione molto conflittuale. Io sono contenta di non viverci perché arrivano notizie molto disturbanti. I polacchi hanno vissuto la dittatura sovietica e quella nazista, e ora è molto difficile spiegare come possano volgere lo sguardo verso il fascismo. Molti amici che vivono in Polonia dicono che se non avessero la famiglia se ne andrebbero.
MM: Ripensando alla storia della tua maternità, ora che tuo figlio ha tre anni e le cose vanno meglio, cosa provi?
J: Mi sono sentita in colpa. Avrei potuto fare di più, costruire prima qualcosa. Ancora rimpiango quegli otto anni vissuti alla cieca come croupier non pensando mai al futuro. Certo, è assolutamente vero che spesso mi sento in colpa ma sono solo momenti. Sono abbastanza matura da capire che la vita va così e i rimpianti non servono a molto se non a imparare la lezione. Io la mia lezione l’ho imparata. Usare il tempo a disposizione per creare. Creare legami, lavoro, nuove conoscenze e competenze. E anche saper cogliere l’aiuto delle persone che ci stanno intorno.
Dove ascoltare la storia di Joanna
Tutte le dieci “Storie di Donne Rinate” sono disponibili online. Inoltre, dal 25 al 28 novembre, un’installazione immersiva in piazza Tre Torri a Milano consentirà di ascoltare i racconti direttamente dalle voci delle protagoniste, grazie a delle cornette telefoniche sospese.
Per ogni download dell’ebook, dal 25 novembre fino a Natale, Sorgenia donerà 1 euro a Fondazione Pangea Onlus che dal 2002 lavora per favorire lo sviluppo economico e sociale delle donne in Italia e in Afghanistan.