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L’emozione del mettersi al servizio degli altri: sabato un convegno sul volontariato a Bergamo

Articolo. Il 5 dicembre Bergamo è diventata la prima Capitale Italiana del Volontariato. Sabato 19 febbraio in programma il convegno “Il volontariato che cambia la sanità”. Di volontariato bergamasco e di volontariato post-pandemia abbiamo parlato con Oscar Bianchi, presidente del CSV (Centro di servizio per il volontariato)

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Secondo le statistiche, 1 bergamasco su 10 si dedica al volontariato. Sono 104.536 i volontari sul nostro territorio, per un totale di 4.768 istituzioni non profit, di cui circa 4.300 sono associazioni. Numeri importanti, che raccontano di persone disponibili per gli altri, anche nei momenti più difficili, come quelli dei mesi scorsi durante l’epidemia di Covid-19.

Senza i volontari, infatti, il nostro territorio non avrebbe saputo resistere alla pandemia e provare a rinascere quando la tempesta si è affievolita. L’impegno di moltissimi cittadini è stato fondamentale e lo è anche in questi mesi di transizione verso un domani carico di incertezze, ma anche con qualche sicurezza, come i volontari.

Per questo, lo scorso 5 dicembre a Bergamo è stato assegnato – da CSVnet, con il patrocinio di ANCI – il titolo di prima Capitale Italiana del Volontariato (Eppen è media-partner del riconoscimento). Un titolo che non è fine a sé stesso, ma diventa motivo di riflessione, come accadrà sabato 19 febbraio con il convegno “Il volontariato che cambia la sanità. Il tempo della relazione è tempo di cura”, organizzato in occasione della Giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario, del personale socioassistenziale e del volontariato fissata per il 20 febbraio.

Il convegno rappresenterà un’opportunità di confronto fra diversi relatori sul ruolo che il volontariato può giocare nei percorsi di cura delle persone. Con inizio alle 10 al Centro Congressi Giovanni XXIII di Bergamo – e online sulla pagina Facebook Capitale Italiana del Volontariato - Bergamo 2022 – saranno presenti dal vivo o in collegamento il sottosegretario del Ministero della Salute Andrea Costa, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il vicepresidente ANCI nazionale Stefano Locatelli, la vicepresidente della Regione Lombardia Letizia Moratti (con un videomessaggio), la filosofa Luigina Mortari (con cui parlammo qui proprio del tema della cura) e il filosofo Telmo Pievani, l’attore Giacomo Poretti, il virologo Fabrizio Pregliasco, il medico e ricercatore Giuseppe Remuzzi, la presidente dell’associazione nazionale dei Centri di servizio per il volontariato (CSV) Chiara Tommasini e Oscar Bianchi, presidente di CSV Bergamo.

Proprio con Bianchi cerchiamo di approfondire il rapporto fra volontariato e sanità, durante i mesi di pandemia e nel futuro che ci aspetta: “Il 2022 sarà un anno in cui affrontare insieme quella transizione tra quello che è stato e quello che sarà dopo la crisi pandemica. Perché anche il volontariato non potrà più essere lo stesso”.

EP: In cosa consiste il cambiamento?

OB: Il mondo del volontariato ha subito la pandemia come tutti, ma è stato in grado di reagire e ha sviluppato i necessari anticorpi. Questo lo si vede nelle tante attività che già ora si fanno con un approccio e una sensibilità diversi. In più, la tecnologia in questi due anni è stata per tutti un supporto, è entrata nella nostra vita e ha cambiato il modo di rapportarci agli altri. L’avanzamento tecnologico che c’è stato deve valere anche per il volontariato, che in questo senso deve professionalizzarsi e coinvolgere le nuove generazioni. Per finire c’è il lavoro delle Case di comunità, che è diventato sempre più importante.

EP: In che modo?

OB: La pandemia ha allontanato le strutture sanitarie dalle comunità, ciò riguarda prima di tutto gli ospedali. Le Case di comunità (luoghi e servizi di avvicinamento alle persone per i bisogni sanitari essenziali, ndr) devono essere una parte attiva nel processo di riavvicinamento fra comunità e sanità. L’obiettivo è affiancare il settore pubblico nel rispondere alle domande che arrivano dal territorio.

EP: Facciamo un passo indietro. Cosa ha significato il volontariato per Bergamo durante i mesi più duri della pandemia?

OB: In ambito sanitario ha significato un momento di pausa perché molte associazioni di volontariato che operavano negli ospedali sono state bloccate, l’accoglienza negli ospedali era vietata dalle stesse strutture sanitarie a causa della pandemia. Per tutto il resto del mondo del volontariato la pandemia è stata una sorta di seconda vita, un’occasione di ripensamento ma anche di risposta proattiva ai bisogni del momento. Sono nate nuove associazioni di volontariato secondo le esigenze della comunità: dalla spesa al recupero di beni essenziali per chi non poteva muoversi di casa, giusto per fare due esempi. Vi hanno partecipato persone già attive come volontari ma pure chi, non potendo andare a lavorare, ha deciso di spendere il proprio tempo in questo modo.

EP: Insomma, il mondo del volontariato durante la pandemia ha riconosciuto ancora di più la propria importanza.

OB: Assolutamente. Non solo il mondo del volontariato ma tutta la comunità. Ci sono state molte persone che hanno voluto scoprire le possibilità di una partecipazione attiva alla vita di comunità.

EP: Da tutto ciò le istituzioni cosa hanno imparato?

OB: L’impressione è che le istituzioni più sensibili alle istanze del volontariato abbiano riconosciuto ancora di più come il mondo volontaristico sia fare comunità, sia un agire politico nel senso di gestione del bene comune. Durante la pandemia il settore pubblico non sarebbe riuscito a rispondere alle esigenze che arrivavano dalla comunità senza il volontariato. Che è poi il motivo principale per cui esiste l’associazionismo: rispondere ai bisogni primari della comunità per poi passare la palla al settore pubblico. Ora si sta cercando di capire quanto e come il volontariato riesca ad integrarsi con il settore pubblico in una logica di progettazione sul medio e lungo periodo.

EP: Ci faccia essere l’avvocato del diavolo per un momento. Non c’è il rischio che il volontariato possa sostituire il pubblico in alcuni dei compiti che spettano a quest’ultimo perché in fondo è gratuito e quindi è un risparmio per le istituzioni?

OB: C’è il rischio, ma può essere anche un’opportunità. Perché comunque sia la comunità ha bisogno di una risposta alle proprie necessità, siano ad esempio di accompagnamento per una prestazione medica o di assistenza in situazioni difficili. Se è il settore pubblico a prodigarsi per attuare una risposta a questi bisogni, poi qualcuno deve pagarla. E chi la paga? I cittadini. Quindi, se i cittadini anziché pagare riescono a mettere a disposizione con le proprie risorse questa risposta al bisogno, credo si faccia il bene della comunità. Il meccanismo non può però essere anarchico ma ha bisogno di una regolamentazione, quindi deve esserci il giusto compromesso fra volontariato e politica intesa nel senso più nobile del termine. L’integrazione di cui dicevo prima sta andando proprio in questa direzione: volontariato e politica si siedono allo stesso tavolo per decidere quali sono le soluzioni migliori ai problemi.

EP: In ultimo vorrei chiederle, secondo la sua esperienza: cosa spinge una persona a diventare volontario?

OB: Credo che ci siano molte motivazioni, fra le più disparate: motivazioni personali, l’esigenza di essere utile ad una comunità, la voglia di entrare in una squadra per fare e per non stare con le mani in mano, oppure il credere in determinati valori. La cosa che però non si deve sprecare è l’emozione del mettersi al servizio degli altri. Se questa emozione viene castrata, si smorza la passione che di fondo c’è in ogni azione di volontariato. Ciò porta non a costruire il bene della comunità ma a distruggerlo. Quindi questa emozione di cui parlo è fondamentale, qualsiasi siano le motivazioni di fondo.

Per partecipare in presenza al convegno “Il volontariato che cambia la sanità. Il tempo della relazione è tempo di cura” è richiesta l’iscrizione sul sito bergamo.csvlombardia.it.

Dopo questo appuntamento, il prossimo 2 marzo alle 20.45 presso l’Auditorium di Loreto Giacomo Poretti sarà in scena con lo spettacolo “Chiedimi se sono di turno” scritto e interpretato da lui stesso (ne abbiamo parlato qui). L’ingresso è gratuito, ma è obbligatoria la prenotazione online (per informazioni visitare la pagina Facebook della Capitale).

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