Primo: una galleria di fotografie. Sono volti adolescenti di studentesse avvolte dal telo dorato. Quando avevo chiamato Gioia, di nome e di fatto, lei, la professoressa Gioia Beltracchini dell’Istituto Professionale Caniana, non pensavo a tanta bellezza. Gioia porta il suo sangue ispanico nella passione di quello che fa: insegna modello e gestisce i laboratori di abbigliamento con Giusi Pagnoncelli. Insieme a Paola Sibella, professoressa di disegno professionale, sono un trio che ti mette nostalgia dei banchi di scuola.
Grazie a loro avevo incontrato una trentina di ragazze della scuola, una rappresentanza di etnie e bellezze interessate alla nostra proposta: avrebbero studiato fogge di abiti con il telo delle luccicanze da esibire sul palcoscenico in una sfilata di moda. Il lockdown ha fermato le tante giovani teste e le mani operose, lasciando impressi i primi studi in poche immagini scattate in classe. Ma non mi aspettavo che il professore Montanari, un giovane Simone che mi aveva accolto con un pc aperto su lavori fotografici con le classi, ci avesse preparato in tempo record una galleria di meraviglie: visi esotici e indigeni incorniciati in tanta luccicanza come Madonne o semi nascosti come novelle Salomè. Da togliere il fiato. Li vedrete impastati a poesie e racconti del nostro video racconto. E ne concorderete.
Secondo: le interviste e le riprese delle case delle associazioni che ci hanno ospitato.
È mattina quando incontriamo Suor Pilar nella Casa Micaela dell’Associazione Kairos, che profuma di rose e gerani con la campanella storica di via Martinella. Ci racconta in un dolcissimo accento spagnolo e una voce affaticata dal post covid ormai sconfitto, che qui le ragazze vittime della tratta trovano casa; sorride nel ricordare che una notte si presentò alla porta una giovane terrorizzata e febbricitante di nome Micaela. Micaela è la fondatrice del suo ordine. Un destino in un nome.
Maurizio Duci, l’operatore e regista di Bergamo TV riprende angoli e dettagli, per portare via il sapore buono di quelle stanze. Farà lo stesso al Condominio Solidale Mater di Ruah, dove quattro operatrici ci spalancano la porta e sorridono. Da lì esce una mamma africana con il suo bambino, un’adolescente attraversa l’atrio e silenziosa raggiunge lo studio con un libro in mano. Storie di donne che vanno e vengono, ma lasciano tracce forti, intrise di odori e profumi. Maria Cristina ci racconta che negli appartamenti accolgono mamme con bambini: quest’anno faranno festa per il decennale di vita della struttura. Sorridono tutte le educatrici: sono giovani e con gli occhi che brillano. Cinzia ha lasciato il suo paese di campagna ed ha scelto di vivere lì per riscoprire l’abbraccio buono. All’ingresso riconosco la riproduzione di “Sole nel Ventre”, capolavoro di Arcabas sulla maternità.
Maurizio ha pazienza, ci aspetta. Chiacchiere e risate. A volte, quando le donne fanno sorellanza, si ritrovano bambine e l’esser riprese da una telecamera sostituisce l’allegria giocosa alla titubanza iniziale.
Anche Enrica di Ali e Radici oggi ha trovato il coraggio di essere intervistata. Fa parte dell’associazione Agathà che ci ha spalancato il cancello del parco delle Suore Sacramentine, il nostro set delle riprese. Meno male: è sicura e chiara nella presentazione dell’associazione, di come accoglie adolescenti e giovani fino a trent’anni e le accompagna all’autonomia. I suoi sono occhi vigili e orecchie abituate ad ascoltare dolori e sopraffazioni delle tante storie accolte in quelle stanze. Enrica coordina un gruppo di educatrici che hanno partecipato anche loro, unendosi alle donne di Kairos e ai laboratori di scrittura con Adriana Lorenzi, negli spazi della sede di via dei Celestini.
Due ragazze ospiti della casa sono divertite quando chiedo loro di spalancare la porta con un “Sei la Benvenuta”. Mauri le riprende e loro vorrebbero ripetere all’infinito.
L’ultima tappa è Casa Sofia. La nostra referente, Sara, è ancora convalescente: ci accoglie una suora delle Poverelle. La casa fa parte delle numerose sedi dell’Istituto Palazzolo: Adriana ha raccolto qui storie di donne maltrattate che ora aspettano che passi…che passi… Non riprendiamo i suoi interni, ma le immagini girate fuori ci restituiscono tutta la calma e la riservatezza a cui questo luogo è destinato: l’ordine del giardino, le panchine all’ombra di alberi secolari, i giochi per i bimbi tutti in fila, il portico lindo con lo sfondo di Bergamo Alta.
Queste testimonianze sono preziose, incorniceranno le narrazioni, affineranno lo sguardo di realtà della nostra città.
Terzo: in sala montaggio. Sei giorni non ci bastano. E il settimo non ci riposiamo. Io e Maurizio cominciamo a imbastire, cucire, tagliare, ricucire, ritagliare, sovrapporre, spostare, sfumare… e poi dissolvenza, inquadratura, effetto, dettaglio… comincia il montaggio di oltre otto ore di girato. Ci piace, ci piacciono tutte le scelte fatte.
Siamo due sarti, componiamo un arazzo di voci sguardi colori. Maurizio mi conosce da tanto, si fida, ci fidiamo. È un concertino di “prova…dai…vediamo…bello…non mi convince…ma anche sì…”. E poi la musica. Le musiche delle artiste che si sono esibite si uniscono ad altre scelte da noi che accompagnano passaggi e paesaggi. Non è facile trovare sempre l’assonanza o il contrasto. A tratti ci guardiamo stanchi cotti lessati.
Piccolo stop. Sigaretta per Mauri, che non fa pausa pranzo. Di tanto in tanto abbiamo voglia di condividere la nostra tessitura: chiamiamo Daniela, Ferruccio, Giulia. Che ne dite? Aggiungiamo? Togliamo? Il direttore Sergio Villa ogni tanto fa capolino e finge di fare il capo. Ha subito condiviso la bontà del progetto e ci crede.
Marta ci invia fotografie del backstage. Chiedo le foto del casting. Le donne che non sono tornate per le riprese saranno comunque nel nostro racconto. Tutte le tappe del nostro viaggio devono essere raccolte e valorizzate.
Moira che ha curato la grafica ideando l’immagine del manifesto ci manda il font e il colore per fare i titoli: ogni donna avrà il suo nome accompagnato da luccicanza. Un lavoro attento, lungo e stancante: per fortuna c’è Giulia che controlla e non perde una consonante.
Il lockdown ha impedito alle apprendiste della Scuola professionale Sistema di partecipare allo spettacolo con trucco e parrucco: anche loro entreranno nel nostro teatro immaginato, con gli scatti delle loro esercitazioni.
Voglio cominciare il video racconto con una poesia, come un prologo teatrale. Alessandra Chiavegatti l’ha scritta apposta: Sei La Benvenuta. Con i capelli biondissimi nel vento, la legge seduta in un prato di trifogli.
Poi la sigla di James Dini dà il via alla Festa e si entra in teatro con Simona Befani…
Ancora un giorno, qualche rifinitura finale e il video è terminato. So già che mi mancherà.
Chiamo in studio Teo Mangione: voglio che cominci a guardare il montato. È prevista una diretta con Radio Alta durante la serata del 20 giugno, quando La Festa delle Luccicanze andrà in onda. E grazie a lui il pubblico sarà lì, in teatro, in quella sala Oggioni che vedremo ripresa con le sedute vuote, ma che si riempirà di divani e poltrone dei salotti delle case occupate da voi spettatori…
Continua….