Dei miei anni universitari ricordo un intero corso di antropologia dedicato al dono. Da Malinowski a Marcel Mauss, sono stati molti gli studiosi che hanno sostenuto come la specie umana non avrebbe potuto esistere senza il dono. Per non parlare della cultura cristiana, per cui ad essere dono è la vita stessa. Certo, serve coraggio. E fiducia. Perché a differenza di un tradizionale scambio di mercato, quando si dona qualcosa non si richiede qualcosa in cambio. Non ci sono obblighi prestabiliti, né regole.
«Basta un atto d’amore. Il dono d’una goccia di sangue». Così recita una delle prime campagne lanciate da AVIS , l’Associazione Volontari Italiani del Sangue nata nel 1927 da un’idea del medico Vittorio Formentano. I manifesti che hanno raccontato AVIS dagli anni Venti al Dopoguerra sono piccole opere d’arte: illustrazioni di colore acceso, rosso. Braccia quasi scultoree, michelangiolesche, che si sostengono a vicenda. Perché un prodotto donato crea nuovi legami, oltre a sostenere quelli esistenti.
Voglio partire da qui per raccontarvi «Comunicare il dono», una mostra open air che fino al 24 settembre trovate allestita sul sagrato della Chiesa di S. Maria Immacolata delle Grazie, a Bergamo, in occasione della « Donor Week ». Una rassegna, di cui vi abbiamo anticipato in questo articolo, promossa nelle due città Capitali Italiane della Cultura dalle sedi AVIS Nazionale, Regionale Lombardia, Provinciali e Comunali di Bergamo e Brescia.
Molto spesso le immagini dicono più di mille parole. Date un’occhiata alle campagne promosse da AVIS negli anni Sessanta e Settanta: una fotografia di una ragazza in bicicletta; uno schizzo che rappresenta due uomini, stilizzati, con l’elmetto da lavoro. È l’epoca del boom economico: cambiano le abitudini degli italiani e insieme a queste le strategie comunicative dell’associazione, che oltre a dotarsi di un logo in uso ancora oggi si rivolge direttamente a categorie specifiche, come le donne e i lavoratori.
Dagli anni Ottanta, sui manifesti cominciano a comparire i primi volti vip, volti del mondo della televisione, della musica e dello spettacolo: le veline Elena Barolo e Giorgia Palmas, il cantante Tiziano Ferro, Jovanotti – gli influencer di allora, direbbe qualcuno.
Arriviamo così al 2005, quando AVIS raggiunge un obiettivo tanto agognato: quello del milione di donatori. Per celebrare questo risultato vengono realizzati manifesti bellissimi. Primi piani di giovani, adulti, uomini e donne “comuni”, dotati di un paio di ali. Sono i volontari stessi che diventano angeli, forza propulsiva dell’associazione ma anche di tutta la società civile. Le campagne si fanno social, sono gli anni delle prime piattaforme, gli anni della rincorsa entusiasta verso le nuove tecnologie. Dello slogan «Tutti dovremmo farlo» si fanno portavoce personaggi del mondo della tv, come la conduttrice Filippa Lagerback, e dello sport, come il campione olimpico nella specialità della sbarra Igor Cassina.
Nel 2014 i toni tornano ad essere più intimisti. La campagna «La Prima Volta» entra nelle case, racconta quelle piccole grandi vittorie quotidiane che ognuno di noi si è ritrovato a vivere: il primo bacio, il primo giro sulla bicicletta senza rotelle, il primo trionfo a braccio di ferro con il papà (magari dopo un’abbondante colazione). «Gli inizi sono sempre difficili» scriveva Chaim Potok. Le prime volte ci spaventano, ma ci regalano emozioni che non vivremo più. Con questa campagna, AVIS si rivolge a chi non dona. A chi ha paura. Perché i timori possono essere tanti: ancora oggi, riguardano prevalentemente la paura degli aghi, delle siringhe e la vista del sangue. In realtà, l’ago utilizzato per i prelievi è solamente un po’ più grosso di un normale ago da siringa, ma non fa più male. Deve permettere il mantenimento di un flusso regolare: con un ago più piccolo, infatti, si rischierebbe la formazione di coaguli (nel passaggio all’interno dell’ago stesso) e, quindi, di complicare la donazione.
Molti intimi (e divertenti) sono anche i toni della campagna del 2017: «Dialetti solidali». Tredici donatori, volontari e riceventi rivelano, nel loro dialetto d’origine, cosa è significato per loro entrare, in un modo o nell’altro, a fare parte del mondo AVIS. Che non vuol dire solo sangue. C’è anche il plasma, la sua “parte liquida”, a cui nel 2018 l’associazione dedica la sua prima campagna nazionale. Una parte fondamentale, perché da questa vengono ottenuti alcuni farmaci salvavita, come i fattori per la cura dell’emofilia, le immunoglobuline (come quelle anti tetano) e l’albumina, utilizzata in alcune patologie del fegato e dei reni. Il giallo del plasma tornerà poi nel 2021: non come alternativa al rosso. «Be red, be yellow» recita la campagna. Le donazioni, entrambe necessarie, si possono alternare.
Facciamo infine un passo indietro, nel 2020. L’Italia avrebbe dovuto ospitare allora le celebrazioni ufficiali della Giornata mondiale del Donatore di Sangue. AVIS aveva ideato per l’occasione la campagna «Fil rouge»: uno spot, degli scatti e un documentario ispirati al tema del dono come mezzo di accoglienza e inclusione sociale. Al centro, con un filo rosso in mano, giovani atlete disabili e normodotate impegnate in una coreografia di ginnastica ritmica.
L’importanza del dono dei giovani
Parlare ai giovani è un obiettivo che per AVIS è sempre stato fondamentale. I dati raccolti dall’associazione nel corso di una serie di incontri con ragazze e ragazzi under 25 dimostrano come le informazioni in loro possesso siano molto frammentarie: questo li spingerebbe spesso ad auto escludersi, nella convinzione sbagliata di non essere idonei alla donazione. In realtà, basta soffermarsi un poco sul sito per capire che così non è. I requisiti per diventare donatore sono molto semplici: bisogna avere un’età compresa tra i 18 e i 60 anni, pesare almeno 50 kg e godere di buona salute. Si procederà poi a una visita medica, a un esame del sangue e un elettrocardiogramma, per accertarsi che tutto vada per il meglio. Ecco come donare il sangue fa bene non solo a chi ne ha bisogno, ma anche a chi dona: è l’occasione per sottoporsi periodicamente a controlli medici gratuiti, tenendo d’occhio anche la propria salute.
Diamo uno sguardo ai numeri. Attingendo ai dati sulla donazione a livello nazionale, che comprendono anche dati non AVIS, risulta come nel 2022 i donatori di sangue siano stati 1.660.227, in crescita rispetto al 2021 ma ancora in calo rispetto agli anni precedenti allo scoppio della pandemia. I donatori giovani, in particolare (dai 18 ai 35 anni) sono 485.542, di cui 133.953 nuovi. Rispetto al 2021, i donatori dai 18 ai 35 anni sono calati del 1.1%. Non è un dato molto incoraggiante: è proprio per questo che AVIS ha cercato di dare a questa fascia di popolazione un ruolo chiave nelle sue nuove campagne, come quella del 2023, «Mettiti in gioco, dona il sangue».
E a Bergamo? Nella nostra provincia i donatori AVIS nel 2022 sono stati 36.791, il 2.9% in più rispetto al 2021. I giovani sono 10.156, di cui 1580 nuovi. Sempre a livello provinciale, per raggiungere i giovani e stimolarli all’importanza del dono, è in atto un’intensa attività nelle scuole: nell’anno scolastico appena trascorso l’associazione ha effettuato 152 interventi in 28 istituti superiori.
L’appuntamento di stasera
Non si dona se non si conosce. Ma chi ha detto che la conoscenza non possa passare anche attraverso il divertimento? Stasera, nel piazzale di Bergamo NXT Station, ad aspettare giovani (e meno giovani) sarà un momento di festa e condivisione: si comincerà alle 18.30, con un aperitivo in diretta su Radio Studio Più. I conduttori della trasmissione intervisteranno alcuni giovani donatori che, oltre a raccontare la loro esperienza e le motivazioni che li hanno spinti a compiere questo gesto, inviteranno gli ascoltatori ad avvicinarsi al mondo di AVIS.
Seguiranno uno showcooking a cura dello chef Fabrizio Camer (con possibilità di “assaggio”) e un tuffo negli anni ’80 a ritmo di musica, con la party band Cuori Infranti e il dj set di Wish Key . L’ingresso è libero e gratuito.