Cosa avranno mai in comune un’isola di neanche 4 chilometri quadrati e la Città dei Mille? La prima cosa che balza agli occhi è che entrambe hanno la parte storica ed antica della città sulla zona più elevata del rispettivo territorio. Terra Murata con le sue case a picco sul mare e le imponenti costruzioni del Carcere, ricavato dal Palazzo d’Avalos del Re, accoglie nella sua maestosità il visitatore che arriva dal mare, mentre Città Alta ed il suo profilo, disegnato da palazzi, ville, Rocca, chiese e campanili, sono racchiuse nelle Mura Venete proclamate dall’Unesco nel 2017 patrimonio mondiale dell’Umanità. A Terra Murata si accede dall’unica Porta di Mezz’Omo, mentre Città Alta si raggiunge attraversando Porta Sant’Agostino, Porta San Giacomo, Porta Sant’Alessandro e Porta San Lorenzo (o Porta Garibaldi).
Entrambe hanno un alto senso della fede cattolica, a Procida ci sono undici chiese aperte al culto, quasi ognuna sede di una congregazione di Fratelli (i Bianchi, i Rossi, i Turchini, i Gialli, ecc. dal colore del rispettivo mantello) in un’area grande quanto i quartieri di Loreto e Longuelo messi insieme; a Bergamo, nel Seminario sul Colle di San Giovanni in Città Alta, hanno studiato centinaia di sacerdoti e, a pochi chilometri di distanza dal capoluogo, il territorio ha accolto e fatto crescere il genuino e semplice Angelo Giuseppe Roncalli, più noto come il Papa Buono Giovanni XXIII («tornando a casa troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: Questa è la Carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona»).
I momenti più sentiti dalla popolazione isolana sono la Processione dei Misteri del Venerdì Santo che si svolge dal Seicento, in cui sfilano portate a mano statue e gruppi scultorei che rappresentano vari momenti della vita e passione di Cristo, a cui partecipa tutta la cittadinanza e la Processione di San Michele, patrono dell’isola, che si snoda anche via mare a maggio,; mentre a Bergamo si svolgono ad agosto la Festa del patrono Sant’Alessandro e la processione dell’Addolorata in Borgo Santa Caterina, a ricordo dell’apparizione, per finire con la ormai tradizionale presenza della Capanna di Natale de L’Eco di Bergamo sul Sentierone.
Le zone storiche, le vie delle passeggiate e degli acquisti sono da tempo aree pedonali vietate al traffico per entrambe le capitali con il triplice vantaggio di diminuire il rumore e l’inquinamento atmosferico, per via dell’assenza dei veicoli e di favorire la circolazione dei pedoni nelle aree a più alta densità commerciale. Anche i trasporti sono unici e particolari. I turisti hanno potuto gustare l’esperienza retrò di viaggiare sui microtaxi: le motocarrozzette a tre ruote che imperversavano nei luoghi iconici di villeggiatura negli anni ’50 e ’60 del boom economico, o in minuscoli autobus elettrici (il più grande in servizio è come quello della linea ATB 10 Bergamo-Paladina) che percorrono le sinuose e strette strade lastricate di basoli di pietra lavica, lambendo le case e gli agrumeti da entrambi i lati. A Bergamo ci sarà l’occasione di viaggiare green + slow e gustare scorci mozzafiato sulla funicolare che collega Città Bassa a Città Alta nonché su quella che raggiunge il Castello di San Vigilio da Colle Aperto.
Il colore giallo accomuna le gastronomie. I limoni abbondano così tanto sull’isola che, oltre ad essere usati per guarnire ed impreziosire qualunque portata, specie a base di pesce o frutti di mare, sono preparati all’insalata per essere mangiati direttamente ed anche omaggiati ai viandanti in capienti cestini di vimini messi all’esterno delle abitazioni; la «Lingua» è il tipico dolce procidano e consiste in una pasta sfoglia imbottita di crema pasticcera o al limone (ancora!) che si scioglie in bocca. Se dici Bergamo non puoi non pensare alla polenta, da tempo immemorabile regina della tavola dei contadini della bassa e delle valli, che si abbina a tutte le pietanze, specie carne, salumi, funghi, formaggi, la cui produzione abbonda ed è presente in ogni angolo della bergamasca. A ciò si aggiunge la polenta e osei, la cui versione dolce a base di pan di spagna, marmellata di albicocca e pasta di mandorle con piccoli uccellini di cioccolato fondente ha soppiantato quella salata, in cui alla polenta classica venivano aggiunti gli uccellini arrostiti con lardo e salvia.
Sorella minore delle più famose e frequentate isole vicine di Ischia e Capri, Procida non ha mai avuto una vera e propria tradizione turistica ed è quasi sempre stata meta di un turismo mordi e fuggi che tanto prende e poco lascia. Per questo l’isolano è per natura diffidente e sospettoso verso i «forestieri» (così vengono chiamati i turisti), tanto quanto il bergamasco che, forgiato dal freddo orobico, appare burbero e ombroso; tuttavia dopo l’impatto iniziale, basta poco ad entrambi per aprirsi e mostrarsi cortesi e ospitali offrendosi con entusiasmo e dedizione. Ad esempio, sono molti i casi di procidani che hanno accolto volentieri nelle loro case turisti alla ricerca disperata di un servizio igienico pubblico inesistente, porgendo loro anche il caffè e quello che offriva la tavola in quel momento.
L’organizzazione di un evento simile è sicuramente impegnativa, tutto è andato molto bene, poche le pecche (oltre ai citati servizi igienici, i traghetti e gli aliscafi sono stati incrementati meno delle necessità, gli hotel ed i Bed&Breakfast sono stati sempre al completo e difficili da prenotare) e la cosa più importante è che i percorsi culturali ed artistici identificati rimangano e siano fruibili per i residenti e per chi verrà a visitare la capitale dopo l’anno di reggenza. Non so se sono stato la persona più adatta a parlarvi di tutto questo; sono figlio di procidani nato, cresciuto e residente a Bergamo e vado a Procida praticamente da sempre, ed oggi ancor più frequentemente perché, alla fine, ho sposato un’isolana.
Con i miei racconti ho fatto innamorare tantissimi amici e conoscenti bergamaschi che poi sono andati a visitare Procida, ed altrettanti amici isolani si sono spostati incuriositi di vedere e vivere Bergamo; nessuno si è mai lamentato o pentito, e questo mi ha dato lo stimolo e la spinta per farlo e condividerlo ancora di più in questo biennio. Ho gustato il 2022 e non vedo l’ora di continuare a farlo anche quest’anno. Buona Capitale della Cultura a tutti!