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A Valbondione un triplo salto nella cultura contadina della Val Seriana

Articolo. Questa domenica, 13 ottobre, è in programma l’ultima apertura stagionale delle Cascate del Serio. Lo spettacolo della natura sarà arricchito dalla «Sagra dei Sapori Locali», un omaggio alle origini contadine del territorio di Valbondione con stand gastronomici e di artigianato

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Le Cascate del Serio sono un’attrazione nevralgica per Valbondione, che durante la bella stagione si riempie di turisti e curiosi che giungono nell’Alta Val Seriana per vedere lo spettacolo della natura offerto dal corso d’acqua. Un appuntamento imperdibile che ha accompagnato l’estate bergamasca con cadenza mensile e che nella mattinata di domenica 13 ottobre andrà in scena per l’ultima volta, complice l’apertura delle cascate più alte d’Italia e seconde in Europa.

Proprio quella giornata sarà anche l’occasione giusta per far conoscere meglio le tradizioni e i gusti di una zona particolarmente ricca di storia e natura attraverso la « Sagra dei Sapori Locali », organizzata dal Comune di Valbondione in collaborazione con commercianti e associazioni locali all’interno del piazzale del Palazzetto dello Sport. L’iniziativa rappresenta un omaggio alle origini contadine del territorio, consentendo alle generazioni più giovani, ma non solo, di conoscere i sapori semplici della cucina nostrana immersi a quell’atmosfera genuina che si viveva all’interno dei cortili orobici di una volta.

Anticipando di fatto l’apertura delle cascate in programma per le ore 11, a partire dalle 10 sarà possibile accedere ai vari stand gastronomici e di artigianato posizionati nel centro del paese, dove poter provare le prelibatezze della valle, così come pranzare con menù proposti da attività commerciali e associazioni del borgo a base di piatti tipici. Si passerà infatti dalla più tradizionale polenta e salame con panna alla gustosa polenta con formaggio fuso, senza dimenticare piatti più veloci come pà e strinù, pane e salame o pane e porchetta. Chi vuole soffermarsi sui primi potrà gustare i casonsèi o gli gnòch in còla da accompagnare con delizie autunnali come le borole, le caldarroste che da secoli riempiono i cuori dei bergamaschi insieme a una serie di dolci a sorpresa.

Se volete scoprire come si realizzano queste ricette oppure come funziona la lavorazione delle materie prime basta partecipare al «Laboratorio del Casaro», una dimostrazione in programma alle 11 e alle 14 e dedicata a tutti coloro che vorranno per un giorno spogliare i propri panni e vestire quelli del casaro bergamasco che da secoli tramanda tecniche utili per produrre latticini molto raffinati. Il tutto sarà accompagnato a partire dalle 12.30 dall’animazione musicale folkloristica proposta dal gruppo «Le Donne dell’Era» di Rovetta, che allieteranno il pubblico con i canti popolari che risuonavano all’interno delle corti orobiche sino alla prima metà del Novecento. Proprio per richiamare quell’ambientazione saranno presenti una serie di esposizioni di mezzi agricoli, animali da cortile, asini, cavalli e molto altro, ricostruendo di fatto quel clima rurale che, con il passare dei decenni, è andato pian piano a scemare.

Chi ha conosciuto da vicino queste realtà è Modesto Rodari, per trent’anni guardiano della Diga del Barbellino e di fatto custode delle Cascate del Serio. Un lavoro complicato, pieno di sacrifici da affrontare ad alta quota qualsiasi siano le condizioni climatiche, dal gelo dell’inverno alla siccità che troppo spesso colpisce le nostre valli in estate. Una sorta di memoria storica per quel salto che è tornato a brillare a partire dal 1969 e da quel momento rimasto sempre attivo sino ad oggi. «In genere i guardiani restano alla diga per dieci anni poi sono trasferiti. Si lavora fra i 1800 e i 2200 metri e il cuore ne può risentire. Di me si erano dimenticati, ma è stata la mia fortuna – raccontava Rodari in un’intervista rilasciata a L’Eco di Bergamo nel 2016 – Non è un lavoro facile. Mio padre faceva il contadino e si era messo in testa di farmi studiare a Gromo alla scuola professionale. Sono stato assunto dall’Enel e ho iniziato a lavorare come carrellista. C’era un sano cameratismo fra colleghi, l’ambiente faceva il resto: incontravo camosci, caprioli, ermellini, stambecchi».

Un lavoro a stretto contatto con la natura, ma caratterizzato sempre dal massimo rispetto per la stessa al fine di evitare possibili tragedie che possano coinvolgere l’uomo, fruitore di un dono inestimabile da proteggere e conoscere fino in fondo. Nel bel mezzo della solitudine che la montagna sa offrire, Rodari ha avuto modo anche di vivere alcuni momenti indimenticabili, offerti proprio da Madre Natura: «Un istante impagabile è stato quando passò la cometa di Halley, dalla mia branda vidi bene la scia. Me n’ero innamorato così tanto da comprare un telescopio e iniziai così studiare le stelle».

Purtroppo, nella pluridecennale esperienza in quota, Modesto ha vissuto anche alcuni momenti che hanno segnato il rapporto fra i bergamaschi e la montagna e che, senza il suo contributo, avrebbero rischiato di peggiorare ulteriormente: «Purtroppo ho assistito alla caduta dell’elicottero nel luglio 1984 . Stavo per aprire le valvole di scarico per le cascate quando udii lo schianto. Corsi dal mio capo che mi disse: “Apri, apri, sennò ci sarà una calca di persone che vorranno andare a vedere cos’è accaduto”. Ogni tanto rivivo anche la tragedia al Curò del marzo 1978, quando 4 amici morirono sotto una slavina».

Oggi la montagna è diventata per certi versi più sicura, ma conserva intatta tutto il suo splendore, come dimostrato dalle Cascate del Serio che nella mattinata di domenica 13 ottobre sfodereranno tutta la propria potenza dalle 11 alle 11.30. Per raggiungere l’Osservatorio Naturalistico di Maslana, punto particolarmente favorevole per scorgere il triplo salto, è consigliabile arrivare a Valbondione con un paio d’ore d’anticipo rispetto all’apertura per trovar parcheggio più facilmente e percorrere il sentiero in totale tranquillità.

Diverse sono le vie per arrivare a destinazione, tuttavia quella ideale è rappresentata dalla comoda mulattiera contrassegnata dal segnavia CAI 305 che porta al Rifugio Antonio Curò e che, dopo circa un’ora e mezza di cammino fra borghi montani e splendidi paesaggio, consentirà all’escursionista di arrivare al punto previsto. Un percorso adatto a tutti, anche a famiglie con bambini. Per qualsiasi ulteriore informazione è possibile contattare l’Ufficio Turistico all’indirizzo mail [email protected], telefonicamente allo 0346.44665 o tramite WhatsApp al numero 320.4397505.

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