«Non è che non voglia continuare gli studi. Mi interessano l’informatica, la robotica e la meccanica, ma dagli open day delle università a cui sono andato ho capito che affrontano queste materie soltanto da un punto di vista teorico. Sono un tipo pratico, io. Ho voglia di mettere le mani in pasta fin da subito». È questo il commento di un giovane ragazzo di vent’anni, alla presentazione di un nuovo Istituto Tecnico Superiore (ITS) in provincia di Bergamo, alle prese con la scelta di cosa fare della propria vita dopo il liceo: andare subito a lavorare o continuare a studiare? A sentire le sue parole la voglia di fare e di mettersi in gioco certo non manca, come neanche il pungolo di proseguire gli studi per essere più forte sul mercato del lavoro in un domani non troppo lontano. È questo il ritornello che abbiamo sempre sentito nel nostro Paese: da una parte la strada di chi vuole lavorare buttandosi a capofitto nella praticità delle cose, dall’altra quella di chi vuole continuare a studiare, mettendosi sui libri ancora per qualche anno.
Dopo diverso tempo a pensare di dover stare per forza «o di qua o di là» si sta però affermando una seria alternativa, quella degli ITS. Si tratta di percorsi terziari (come l’università) altamente specializzanti per determinate professioni e settori a cui possono iscriversi tutti coloro in possesso di un diploma secondario superiore (liceo, istituto tecnico, istituto professionale ecc.) o che hanno conseguito un certificato di specializzazione tecnica superiore a seguito della frequentazione di un percorso IFTS (Istruzione e formazione tecnica superiore).
Istituiti in Italia nel 2008, non hanno mai avuto grande fortuna fintanto che non è arrivato il PNRR che ha stanziato 1,5 miliardi fino al 2026 per il potenziamento del sistema. Ad oggi i percorsi ITS hanno una durata generalmente biennale e sono caratterizzati da una forte vocazione pratica della didattica (laboratori, work-based learning). Si sviluppano su sei aree tecnologiche, considerate strategiche per la crescita del Paese: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie della vita, Nuove tecnologie per il Made in Italy, Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo, Tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Ad oggi gli scritti (circa 21 mila) sono in crescita ma rimangono ancora piuttosto bassi rispetto ai circa 800 mila della Germania. Dove ormai da anni questo tipo di istituti viene promosso come un’alternativa più che valida ai tradizionali percorsi universitari e come una ghiotta occasione per svolgere un percorso di formazione con un elevato livello pratico, in grado di far sviluppare le competenze che servono sul mercato del lavoro.
Secondo la normativa italiana, almeno il 50% dei docenti deve provenire dal mondo del lavoro e almeno il 30% del monte ore del biennio deve essere svolto in stage presso aziende del territorio. In alternativa, l’intero percorso di ITS può essere svolto in apprendistato, attivando cioè un contratto di formazione e lavoro retribuito tra il giovane e l’azienda ospitante, alternando periodi formativi presso l’ITS e periodi di formazione e lavoro vero e proprio presso l’impresa partner. Questi requisiti minimi imposti dalla legge sono però regolarmente superati nella realtà. I dati di INDIRE , l’ente che si occupa del monitoraggio degli istituti, rivelano come in media i docenti provenienti dal mondo del lavoro siano ben oltre la quota standard, con il 72%, e il monte ore medio svolto in stage sia del 42%, ben 12 punti percentuali in più rispetto alla quota stabilita, segno del fatto che è in primis chi ruota intorno al mondo ITS è propenso a rendersi conto dell’importanza di creare un sempre più intenso rapporto con il mondo del lavoro.
I dati più sorprendenti riguardano però i giovani che escono da questi istituti con un diploma di tecnico superiore in mano. Le più recenti rilevazioni dicono infatti che in media chi esce da un ITS nell’80% dei casi risulta essere occupato entro 12 mesi (per i laureati la quota si ferma al 74%) e il 91% dei giovani che hanno trovato lavoro svolge un’occupazione in linea con il percorso di studi che ha svolto.
Come anticipato, gli ITS godranno dell’arrivo di ingenti risorse provenienti dal PNRR che potranno favorire il rilancio dei percorsi e la loro promozione tra i giovani. È proprio in queste settimane che si sta discutendo la riforma del sistema finalizzata a un suo consolidamento. Tra i punti di maggior rilievo vi è anche il cambiamento del nome. Non si chiameranno più “ITS – Istituti Tecnici Superiori” ma “ITS Academy – Istituti Tecnologici Superiori”. Un restyling volto ad infondere una più forte caratura tecnologica e internazionale, nonché ad aumentarne la visibilità al grande pubblico. Un punto non di poco conto in un Paese che stenta ancora ad aprirsi a percorsi innovativi di istruzione e formazione – i quali, soprattutto negli ultimi anni, hanno dimostrato di poter garantire prestazioni occupazionali eccellenti dopo il conseguimento del titolo.
Inoltre, è previsto l’innalzamento di alcuni requisiti standard minimi tra cui la quota di ore del percorso da svolgere in stage (si arriverà fino al 35% minimo). Non da ultimo, la riforma sembra andare nella direzione di un aggiornamento delle aree tecnologiche sulla base delle quale possono essere strutturati i diversi percorsi ITS con particolare attenzione ai temi della transizione digitale e della transizione ecologica (si vedano qui i dettagli della riforma).
Che dire, abbiamo di fronte la grande occasione per aiutare tanti giovani a formarsi ed inserirsi nel mondo del lavoro e ancora non riusciamo a coglierla del tutto. I riflettori sono puntati, i risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti, gli iscritti sono in aumento, ma ancora non basta. La palla passa ora a quei giovani che pur avendo uno spiccato senso pratico decideranno di mettersi in gioco in questo percorso di alta specializzazione per conseguire un titolo in grado di favorire migliori prestazioni lavorative e migliori prospettive di crescita professionale.