“Non sono Onassis!”. Quante volte ho sentito risuonare questo credo in gioventù. Ogni volta che chiedevo cose costose a mio padre, la sua risposta è sempre stata “Ragazzo mio, pensi che io sia Onassis?!”
Chi avrebbe potuto prevedere che tanti anni dopo a Bergamo sarei stato più vicino che mai a quel credo di mio padre, che avrei incontrato una straordinaria signora qui in Città Alta, che conosceva molto bene il signor Onassis. Suo marito era il suo violinista personale e un amico del cuore. Insieme hanno vissuto numerose avventure e “Aristo”, come il signor Onassis era chiamato dai suoi amici, ha organizzato come regalo per loro in amicizia un viaggio mirabile, lungo le più belle isole greche, come suoi ospiti. Non dimentico il “free-flying-pass” per esplorare l’Occidente con la sua compagnia aerea Olympic Airlines. In un periodo dove potevi ancora esplorare e conoscere nuovi luoghi in Europa senza incontrare gente con infradito infuocate e bastoncini da selfie.
Siamo nei primi anni ‘60 quando volare era un lusso solo per i più fortunati. Un tempo dove l’aereo era dotato di comode poltrone in pelle ed eri servito da hostess elegantemente vestite che servivano lo champagne in bicchieri di cristallo. A bordo un vero chef preparava caviale su cucchiai d’argento. Un delizioso pasto si chiudeva con un sigaro e un brandy... Si nota che la nostalgia gocciola dalla mia penna? Bene, questa è l’intenzione.
Probabilmente è utile per i lettori più giovani (io ho solo trentacinque anni ma mi considero una vecchia anima) raccontare chi fosse il signor Onassis.
Aristotele Onassis era un uomo d’affari greco molto discusso, che fece fortuna con la sua compagnia di navigazione negli anni del dopoguerra. Per molti anni Onassis ebbe un’appassionata storia d’amore con la cantante lirica Maria Callas e in seguito sposò Jackie Kennedy, la vedova del presidente americano John F. Kennedy. Ciò non significava però che avesse smesso di vedere Maria... ma questa è un’altra storia.
Si potrebbe semplicemente dire che Onassis era il Bill Gates o Jeff Bezos degli anni d’oro della nostra storia più recente, era considerato uno degli uomini più ricchi al mondo.
Onassis era un vero gentiluomo, un uomo affascinante e generoso, con un occhio per il bello e un cuore per l’arte e la cultura. Un uomo eccezionalmente carismatico che irradiava potere e per il quale le donne cadevano a migliaia.
Ora che questo è chiaro, torniamo al mio incontro con la straordinaria signora che mi ha fatto conoscere “Aristo”. Quest’incontro è uno dei regali più belli che Bergamo mi ha fatto, oltre a mia moglie ed ai miei figli. Le sono quindi molto grato e vale la pena descrivere questo incontro perché era scritto nelle le stelle, ne sono convinto.
Quindi eccoci qui. A Bergamo organizzano ogni anno il festival di musica classica “Musica Velata”, lo fanno da 57 anni, con musicisti di fama internazionale. Normalmente questa festa classica si svolgeva al Teatro Donizetti nella città bassa ma, poiché stanno rinnovando quel tempio della musica, il festival si è spostato al Teatro Sociale di Città Alta. Un teatro che personalmente trovo molto più interessante, se non altro per la sua posizione. Non c’è niente di meglio che uscire intorno a mezzanotte, dopo un bellissimo concerto e prendersi un buon prosecco da Flora o al Tasso in Piazza Vecchia per concludere la serata in bellezza. Ci si sente immersi in un’epoca diversa. Una sensazione che non si prova nella città al piano di sotto.
Siamo a metà maggio e acquisto un biglietto last-minute per la Zagreb Philharmonic Orchestra insieme al Roby Lakatos Ensemble (Mamma Mia, che fuochi d’artificio, questi Lakatos Boys suonavano da paura, hanna fatto venire giù la galleria!).
Entro in sala e mi siedo accanto a una signora molto affascinate ed elegante. Mi sorride gentilmente e mi saluta in francese. Che bella sorpresa, che felice combinazione trovarsi accanto a una persona che parla la mia lingua. Che fatalità trovarsi in un teatro a Bergamo, a fianco ad un’altra persona straniera che parla francese. Ma il fato mi ha riservato altre sorprese.
Qualche giorno dopo, ad un altro concerto del festival, compro di nuovo un biglietto all’ultimo minuto e mi trovo di nuovo seduto accanto alla stessa signora! Questo è il destino che mi ha riservato un incontro fortunato. La dolce signora si chiama “Arlette”.
Un paio di giorni dopo il secondo incontro al concerto, decido di fare un giretto nella città antica quando all’improvviso sento il mio nome. È la deliziosa Arlette che mi chiama dal suo balconcino fiorito, godendosi un caffè al sole del pomeriggio. Mi invita a salire per un caffè e nasce una straordinaria amicizia. Da allora passo sovente da lei per Un caffè con Arlette. Tra noi ci sono 60 anni di differenza ma le anime non hanno età. Nasce una profonda affinità. Attraverso gli occhi ed i racconti di Arlette conosco il mondo in cui mi sarebbe piaciuto vivere. Un mondo con rispetto ed eleganza, dove i poeti stavano ancora cercando di corteggiare le donne con versi d’amore che suonavano come concerti di uccelli in primavera, un mondo di stile e classe, in cui tutto andava lentamente, dove c’era ancora tempo per apprezzare la bellezza, dove le persone potevano ancora guardare in lontananza e perdersi nei loro pensieri senza essere disturbati dal suono di un telefono, un tempo dove le persone sapevano ancora cosa fosse il vero divertimento, un tempo in cui i jeans strappati erano ancora gettati nella spazzatura, dove gli uomini vestivano in giacca e cravatta indossando un bel cappello... Ah, quanto era bello quel mondo.
“Sei appena arrivato qui e io sto per andarmene”, dice Arlette. “Siamo entrambi sposati con anime meravigliose di Bergamo e ci siamo innamorati entrambi di Città Alta”. Arlette è arrivata per la prima volta a Bergamo nel 1947, quando lei e un’amica avevano deciso di fare un viaggio estivo in Italia. Un pomeriggio, dopo una giornata emozionalmente carica, Arlette decide di riposarsi per un momento sui gradini di una casa in Piazza Angelini, senza sapere che era la casa natale dell’uomo che avrebbe incontrato a Monte Carlo qualche anno dopo e con cui avrebbe vissuto tutta la vita. Potrebbe sembrare troppo bello per essere vero, ma è vero, ed è per questo che è altrettanto bello.
Scrivo queste parole, seduto alla scrivania nella bella casa di Piazza Angelini e sento battere i loro cuori caldi accanto a me.
Io ho fatto i miei primi passi sul suolo Bergamasco sessantacinque anni dopo ed è stato un colpo di fulmine.