Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, cominciamo a chiederci cosa resterà dei tanti progetti nati in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura. Quale impatto hanno avuto sul territorio? Com’è cambiata e come cambierà la qualità della vita dei cittadini che lo abitano?
Questo il filo conduttore della trasmissione televisiva «Storie dal backstage», una trasmissione promossa da Fondazione della Comunità Bergamasca, che ha fatto il suo debutto a luglio su BergamoTV. Attraverso il bando «Capitale della Cultura 2023», Fondazione Cariplo, insieme alle Fondazioni di Comunità Bergamasca e Bresciana, ha messo a disposizione 3,5 milioni di euro per sostenere 92 progetti culturali diffusi.
Protagonisti della puntata di sabato sono stati tre di questi progetti: Street Art Ball Project, Nel cuore della terra e Un altro lunedì. Tre iniziative diversi, accomunate dall’appartenere alla macroarea del dossier della capitale della cultura che porta il titolo de «La città che inventa». Attraverso queste iniziative, infatti, la cultura scientifica e tecnologica incontra l’inclinazione artistica e umanistica di Brescia e Bergamo, da sempre dedite al “fare” e all’innovazione.
«SAB – Street Art Ball Project»
L’idea è semplice: dipingere campi da basket all’aperto utilizzando le tecniche della street art. Gli obiettivi molto più articolati: trasformare uno spazio di gioco in uno spazio di sperimentazione artistica, coinvolgere i più giovani, raccontare – attraverso il playground – un’intera comunità. Il progetto «SAB – Street Art Ball Project», ideato già nel 2021 dall’impresa sociale HG80, per l’edizione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura ha coinvolto l’associazione bresciana True Quality nella creazione di un percorso artistico tra le due città.
Sei street artist di fama nazionale e internazionale sono intervenuti su sei campi da basket, tre in provincia di Bergamo e tre in provincia di Brescia. Tra i protagonisti, il bergamasco Paolo “Il Baro” Baraldi, che ha dipinto il campo di basket e baskin di via dei Mille, nel comune di Bagnatica. Ex giocatore di pallacanestro, costretto a fermarsi per un infortunio, Baraldi si dedica all’arte a tempo pieno fin da giovanissimo. L’idea alla base di «Street Art Ball Project», di cui è direttore artistico, è sorta in lui tra la prima e la seconda ondata della pandemia. «Ho sempre visto nel playground uno spazio di libertà totale. Assomigliava molto a quello che troviamo nei graffiti, nell’arte di strada. Mi sembravano due ambienti che avrebbero potuto fondersi insieme».
Vernici alla mano, compito degli street artist è stato innanzitutto quello di costruire un dialogo con gli abitanti dei comuni nei quali si sono trovati ad operare. «Solo attraverso il dialogo – spiega Baraldi – l’opera si integra nel tessuto sociale del territorio e viene apprezzata e difesa dalle comunità. Quella del campo da basket è una scintilla che serve per richiamare anche le amministrazioni ad avere più cura dei parchi, dei luoghi pubblici».
Cosa resterà di tutto questo nel 2024? A rispondere è Paolo Castelli, project manager dell’impresa sociale HG80. «Rimarrà sicuramente il manufatto fisico, un campo colorato, bello, esteticamente curato. Cosa più importante, rimarrà l’esperienza di aver lavorato sul campo insieme ad artisti di fama internazionale, di aver contribuito a riqualificare un luogo pubblico. È un’esperienza che modifica completamente la percezione dello spazio urbano».
A luglio, «SAB» ha raggiunto anche la Sardegna: grazie a un intervento di Paolo Baraldi, un campo da basket di Nuoro è diventato oggi una nuova opera d’arte, tutta «da calpestare».
«Nel cuore della terra. In viaggio tra valli bergamasche e bresciane»
«Quando abbiamo pensato a questo progetto, l’obiettivo è stato quello di valorizzare il grande patrimonio delle miniere della montagna bergamasca e bresciana. Volevamo raccontare non solo il lavoro dell’uomo, ma anche tutto ciò che sta attorno, tutto ciò che dalla montagna si recupera e si ottiene, come i prodotti tipici». Così Maurizio Forchini, presidente di Promoserio, racconta «Nel cuore della terra».
Il progetto ha coinvolto ben tre valli bergamasche e due valli bresciane, portando i visitatori da Dossena a Gorno, da Schilpario a Pezzaze, passando per San Pellegrino, Zogno, Collio. Territori tra di loro distinti, che condividono però alcune caratteristiche, come la presenza di ambienti naturali suggestivi, di piccoli borghi custodi di tradizioni ancora vive e degne di essere tramandate, e soprattutto di alcuni dei giacimenti minerari più estesi di tutta la Lombardia.
Alla base dell’iniziativa, la volontà di superare l’idea delle miniere come qualcosa da cui «si portava via materiale, ma soprattutto fatiche, malattie, sofferenze», come raccontano gli archivi e le fotografie storiche. «Il nostro obiettivo – spiega Forchini – era quello di cambiare il paradigma, ovvero di dare alle miniere l’opportunità di portare reddito al nostro territorio. Le miniere fanno cultura perché conservano tutto un patrimonio di storie, ma anche di tradizioni orali: canti, poesie, preghiere, in alcuni casi anche degli ex voto».
Il lavoro iniziale di Promoserio è stato innanzitutto quello di andare a vedere, ascoltare quanto già i gestori delle miniere stavano facendo quotidianamente e valorizzarlo all’interno di un progetto più ampio. Operando in sinergia con numerosi comuni, associazioni, enti del territorio, nel corso del 2023 Promoserio ha proposto e continua a proporre al pubblico visite guidate abbinate a conferenze, concerti di gruppi folcloristici, workshop, rassegne artistiche, degustazioni.
«La cultura si costruisce giorno per giorno» spiega Forchini. E cultura non è solo ciò che è accaduto nel passato, non sono solo le storie dei minatori o delle «taissine», le donne che contribuivano ai lavori separando il minerale estratto dallo sterile. La cultura è fatta anche dalle idee più innovative nate recentemente sotto terra, come il formaggio «Ol minadur», stagionato nel buio delle miniere di Dossena; la birra FRéRA, prodotta dal birrificio agricolo Pagus con l’acqua della sorgente interna alla miniera Gaffione di Schilpario e affinata nelle vecchie gallerie, oppure lo spumante «Costa Jels», che matura nella miniera di Gorno, prodotto dall’azienda vitivinicola bergamasca Nove Lune.
«Il turismo esperienziale ha senso e merita di essere valorizzato se autentico – conclude Forchini – Noi siamo, in tutte queste iniziative, autentici. Quello che succede in questi territori è vero, è vissuto e promosso dalla gente del territorio».
«Un altro lunedì»
La potenzialità della donna, capace di creare, adattarsi ai cambiamenti in maniera più istintiva di quanto si possa pensare, di fare impresa e di gestirla: questo il tema al centro di « Un altro lunedì », un progetto promosso dall’associazione Tartaruga. Al centro dell’iniziativa uno spettacolo tutto dedicato all’imprenditoria femminile, che ha debuttato il primo maggio 2023 e che ha conosciuto numerose repliche in tutta la provincia, l’ultima delle quali ospitata il 13 ottobre a Crespi d’Adda, all’interno del festival «Produzioni Ininterrotte».
La rappresentazione, diretta da Laura Curino, ha avuto alle spalle un grande lavoro di ricerca, supportato dal Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio. «Volevamo raccontare le donne che lavorano da un punto di vista diverso da quello tradizionale – racconta l’attrice Chiara Magri, sul palco accanto a Giulia Manzini – L’idea è stata quella di identificare delle donne viventi, che facessero impresa all’interno di settori prevalentemente maschili, come la manifattura o l’edilizia. Una volta selezionate le categorie e le persone, abbiamo cominciato ad ascoltare le loro storie». Dodici donne imprenditrici hanno così regalato nella forma di intervista i loro racconti professionali e personali. Storie di coraggio e di fiducia, storie di invenzione, in linea con il dossier della Capitale «La città che inventa».
«Noi non siamo personaggi – continua Chiara Magri – Sul palco, portiamo le parole delle donne imprenditrici, le narrazioni pure. Siamo consapevoli, però, che il teatro debba dare profondità di prospettiva. Per questo, abbiamo inserito nell’atto scenico l’ingresso di quadri incorniciati che riproducono particolari di opere di ritrattistica femminile custodite in Accademia Carrara». Non una serie di quadri idealizzati, ma dipinti di straordinaria intensità umana, come «Ricordo di un dolore» di Giuseppe Pellizza da Volpedo, scelti perché rispecchiano lo spirito e il carattere profondo delle donne protagoniste.
Il progetto prevede diverse repliche all’interno delle scuole superiori e soprattutto degli istituti di formazione professionale, scuole spesso dimenticate, come sottolinea Chiara Magri: «Noi le incontreremo perché crediamo nella nobiltà della loro pratica operativa, che deve trovare nella complementarietà tra lavoro e vita privata una piena realizzazione di sé».
«La scelta di selezionare donne che facessero impresa all’interno di contesti maschili è anche un modo per dare un’immagine di speranza al pubblico, una buona notizia – aggiunge Giulia Manzini, coinvolta nel progetto fin dalla fase delle interviste – Quello che vediamo in scena è qualcosa che esiste, qualcosa che non ci siamo inventate. Dirigere un’azienda, per una donna, è una possibilità concreta».