L’anticipo della Messa di mezzanotte rende ancora più cupa l’atmosfera natalizia, ma ci offre l’occasione di condurre una piccola ricerca sulle radici di questa tradizione che dura da almeno 1500 anni. Le tre Messe del giorno di Natale “notte-aurora-giorno” corrispondono alla triplice nascita di Cristo, come scrive San Tommaso D’Aquino nella “Summa Teologica”: la sua nascita eterna e divina, illustrata dalla Messa di Mezzanotte, e la sua nascita spirituale e corporale celebrata dalle due altre messe.
Ma andiamo per ordine. A partire dall’Alto Medioevo, senza conoscerne precisamente l’origine, appare la pratica di una celebrazione notturna nella notte tra il 24/25 dicembre che viene fatta propria dal Papa e dal popolo romano e prende il nome di “Messa di Mezzanotte”. Simbolicamente la celebrazione di Dio fatto uomo comincia così illustrando la vittoria del giorno sulla notte, della vita sulla morte. Nel nostro caso è Lui il vero Sole che viene in questo mondo per sconfiggere le tenebre. Recita la Sacra Scrittura: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in una terra caliginosa di ombre di morte risplendette una luce” (Isaia, 9, 1).
Alla fine del millennio, questa prima messa notturna, viene accoppiata da altre due celebrazioni, l’una il mattino molto presto, detta “Messa dell’Aurora”, l’altra, più tardi detta “Messa del Giorno”. Non avendo carattere obbligatorio, la celebrazione notturna della natività, non ha potuto conoscere la stessa frequentazione di quella del giorno, principalmente nella storia per ragioni pratiche. Infatti per molto tempo le strade buie ed il clima freddo incoraggiavano ben poco i fedeli a spostarsi nel corso della notte, soprattutto nelle campagne.
La messa notturna è stata molte volte l’occasione di ogni forma di indisciplina: in particolare nelle regioni dove l’allevamento ovino era molto presente i pastori facevano irruzione nelle chiese con le loro greggi e suonavano con gioia i loro strumenti musicali. Di conseguenza le cerimonie erano sovente molto rumorose: il folklore pastorale si esprimeva pienamente con i flauti, i tamburini ed altri strumenti che venivano suonati con gioia. Inoltre erano diffuse le rappresentazioni teatrali e le processioni erano effettuate regolarmente in riferimento al Vangelo di Luca (2,6) (“I pastori trovarono Maria, Giuseppe, e il neonato deposto nella mangiatoia”).
Di contro, in certe regioni la Messa di Mezzanotte si è rivelata un appuntamento di diffusa espressione popolare per celebrare la gioia del Natale. Anche oggi si svolgono animazioni collettive, prima della messa, le famose “pastorali” che sono ancora presenti nella cultura popolare. “Anticipare il Natale è una pratica moderna – disse l’Abbè Pierre Amer – Fino ai tempi recenti, la liturgia non cominciava mai prima che fossero suonati i 12 colpi della mezzanotte”.
La datazione del Natale
Parlare di Messa di Mezzanotte significa anche riferire della data del Natale, il 25 dicembre, che non è sempre stata così. Infatti nei primi due secoli – quando ancora la Chiesa non aveva libertà completa di culto e quindi le celebrazioni non potevano essere organizzate liberamente – la data non era ancora la stessa per tutti i luoghi: in Oriente alcuni celebravano il Natale il 20 maggio, altri il 20 aprile o il 17 novembre. In Occidente in alcune zone si celebrava il 28 marzo; mentre in altre regioni già si era scelto il giorno del 25 dicembre.
Nel IV secolo in Occidente si pervenne ad una concordanza su quest’ultima data, fissando in tal modo l’attenzione sulla realtà umana di Cristo che, come dice il Credo, oltre ad essere vero Dio è anche vero uomo e dunque celebra il giorno del suo compleanno.
Nel 336 d.C. è stata scritta la “Depositio Martyrum”, un primo tentativo di calendario liturgico, nel quale si dice espressamente che a Roma la festa del Natale veniva celebrata il 25 dicembre. La stessa notizia si riscontra nel Cronografo dell’anno 354d.C.: “Die Octavo ante Kalendas Ianuarias natus Christus in Betleem Iudeae”, cioè il 25 dicembre.
La Chiesa cristiana d’Oriente invece per ricordare la nascita del Redentore ha voluto porre l’attenzione sulla data del 6 gennaio, giorno dell’ Epifania che significa “manifestazione” e rappresenta il momento in cui Gesù, davanti ai magi si è manifestato nella sua dimensione divina. Il bambino nella mangiatoia è Dio. Questa doppia data si è mantenuta fino ad oggi.
Ma perché proprio il 25 dicembre? Per quanto riguarda la scelta di questo giorno, ci sono almeno due ipotesi. Una prima la fa risalire all’uso di cristianizzare la festa pagana del Sol Invictus che l’Impero romano festeggiava nel giorno dedicato al solstizio d’inverno, in cui la divinità Mitra, vincitrice delle tenebre, veniva celebrata nel suo grandioso tempio che l’imperatore Aureliano nel 274 a.C. aveva fatto edificare e la cui inaugurazione avvenne proprio il 25 dicembre. Il solstizio d’inverno pone fine al giorno più corto, di minor luce, ed indica l’inizio del periodo di maggior luminosità con l’allungarsi delle giornate, e quindi di maggior vitalità e gioiosità. Come abbiamo già detto, Cristo, nuova luce, apre la strada ad una nuova vita.
Una seconda ipotesi invece indaga nei calendari della comunità essena di Qumrân partendo dal servizio al tempio del sacerdote Zaccaria, padre di Giovanni il Battista. L’evangelista ci dice che Zaccaria era sacerdote della classe di Abijah e il calendario aggiunge che esercitava le sue funzioni nel tempio quando l’angelo Gabriele gli annunciò la nascita, sebbene in tarda età, del figlio (Luca, 1, 5-13). Secondo il calendario qumranico solare, i turni per il servizio nel tempio della famiglia di Abijah capitavano due volte all’anno (dall’ 8 al 14 del 3° mese e dal 24 al 30 dell’8° mese).
A sua volta Luca posiziona l’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria nel sesto mese successivo al concepimento di Giovanni (Luca, 1, 26) la cui nascita, secondo la tradizione orientale, viene fatta risalire al 24 giugno il che concorda con la data del servizio di Zaccaria al tempio nel secondo turno citato. Le liturgie orientali e occidentali concordano, sulla base di queste ricerche, nel determinare la data dell’annuncio a Maria da parte dell’angelo Gabriele con il 31 del mese di Adar, corrispondente al nostro 25 marzo. Di riflesso la data della nascita doveva essere posta 9 mesi dopo, appunto il 25 dicembre.
Per quanto riguarda l’anno il problema è più complesso. Abbiamo due avvenimenti come punti di riferimento: la morte di Erode il Grande ed il censimento di Publio Sulpicio Quirinio. Queste date sono espresse nel calendario che fa partire l’inizio della datazione storica dalla presunta data della fondazione di Roma. Si chiamava anno zero. Per questo si usava sempre aggiungere: Ab Urbe Condita (a. U. c., dalla fondazione di Roma).
L’inizio della rivoluzione del calendario storico ponendo all’anno zero la nascita di Gesù si deve al monaco cristiano scita Dionigi il Piccolo (chiamato così per la sua umiltà, morto nel 526 d.C.) che distinse la cronologia in due grandi periodi: Ante Christum Natum (a. C. n., prima della nascita di Cristo - a.C.) e Post Christum Natum (p. C. n., dopo la nascita di Cristo - d.C.). Con questa nuova numerazione la fondazione di Roma sarebbe avvenuta nel 754 a. C., mentre Cristo sarebbe nato nell’anno zero, cioè 754 anni dopo la fondazione di Roma.
Per la definizione dell’anno zero, il primo punto di partenza è la certezza della data della morte di Erode, l’anno 750 dalla fondazione di Roma, corrispondente al 4 a.C. ed esattamente tra il 13 marzo e l’11 aprile. La nascita di Gesù avvenne certamente prima di questa morte, dato che Erode voleva uccidere il Bambino. Poiché è impossibile che Gesù sia nato nell’anno zero, ma la sua nascita debba risalire necessariamente a qualche anno prima, chiamiamo in aiuto il secondo dato storico, ovvero il censimento di Quirinio.
Prima leggiamo il testo evangelico che ne parla: “Avvenne poi in quei giorni che uscì un editto da parte di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dunque, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì verso la Giudea, alla città di Davide che si chiamava Bethlemme, perché egli apparteneva alla casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, la quale era incinta. Ora accade che. Mentr’essi erano là, si compì il tempo in cui Maria doveva partorire; e diede alla luce il suo figlio primogenito” (Luca, 2, 1-7).
Il senatore Publio Sulpicio Quirinio (morto nel 21 d.C.) fu governatore della Siria una prima volta dal 12 all’8 a.C. ed una seconda nel 6-7 d.C.. In questo secondo mandato fece un nuovo censimento che certamente non è quello a cui Luca accenna in quanto Gesù a quel tempo aveva circa 11 anni. Scartato questo secondo, si deve vedere la datazione del primo, quello che ha motivato il viaggio di Maria e Giuseppe a Bethlemme dove è nato Gesù. Il primo mandato di Quirinio terminò nell’ 8 a.C., gli successe Senzio Saturnino.
Luca attribuisce il primo censimento a Quirinio. La sua scrupolosità invoglia alla attendibilità. Tuttavia uno scrittore cristiano romano, Tertulliano, giurista molto preciso, questo stesso censimento in Giudea lo attribuisce a Saturnino. Due menti storiche degne di fede, che ci portano sullo stesso argomento notizie diverse.
Se a prima vista emergono contrasti, probabilmente la differenza è solo apparente. Così Giuseppe Ricciotti tenta di armonizzare tra loro le due opinioni: Quirinio sul finire del suo mandato, 8 a.C., “indisse il censimento, il quale appunto perché primo incontrò difficoltà in Giudea, e si protrasse così a lungo da essere condotto a termine dal successore Senzio Saturnino. Presso i Giudei, ch’erano rimasti fortemente impressionati da questo primo censimento, esso passò alla storia sotto il nome di Quirinio che l’aveva iniziato, e Luca segue questa denominazione giudaica; presso i Romani lo stesso censimento passò sotto il nome di Saturnino che l’aveva terminato e Tertulliano segue questa denominazione romana. Può darsi anche che Saturnino da principio fosse il subordinato cooperatore di Quirinio nell’esecuzione del censimento”.
Per cui abbiamo due date per stabilire la nascita di Gesù: il censimento di Quirinio e la morte di Erode. La nascita non poté avvenire dopo il 750 di Roma, ma almeno un anno e mezzo prima, quindi verso il 748, intervallo tra la nascita di Gesù e la morte di Erode; l’altra data è la missione di Quirinio in Siria: la nascita non dovette avvenire prima del 746 di Roma (= 8 a.C.). Quindi le due date sono: tra il 746 ed il 750 a.C. (cioè tra l’8 ed il 4 a.C.; presumibilmente come abbiamo detto tra il 7 od il 6 a.C.). Questo però non significa che tra gli studiosi ci sia accordo completo.
Per concludere sulla datazione dell’anno, citando ancora il Ricciotti: “Oggi tuttavia, considerando tutte le fonti a disposizione, si è propensi a fissare la nascita di Gesù fra il 7 e il 4 a.C.”. Tuttavia non è fondamentale sapere se Gesù è nato un anno prima o dopo, o in quel determinato giorno piuttosto che un altro. L’importante è che Lui sia nato.
È anche affascinante il tentativo di Dionigi il Piccolo, seppur non del tutto esatto, di porre il Cristo al centro della storia cosmica, da classificare lo stesso tempo in due grandi epoche: prima della nascita di Cristo e dopo. Lui è veramente lo spartiacque della storia umana, il punto di riferimento, l’Alfa e l’Omega.
Non si può fare a mezzanotte quest’anno? D’accordo. Si celebri pure alle 20, ma precisando che si tornerà alle 24 non appena le condizioni lo permetteranno, perché le 24 è l’orario giusto. Durante il lockdown i musulmani hanno fatto il Ramadan e nessuno si è sottratto e se ai malati è stato permesso di infrangere la regola, gli è stato però chiarito che avrebbero dovuto recuperare non appena fossero stati meglio, indicazione che hanno osservato con scrupolo. La preghiera del Papa in una piazza San Pietro deserta e battuta dalla pioggia è stata drammatica e commovente, un momento altissimo di fede, ma lo è stato proprio perché eccezionale: se diventasse una prassi consolidata non avrebbe più senso.
Come ha scritto Le Figaro lo scorso 4 dicembre: “Celebrare una messa anticipata alle 17 come se si trattasse di convocare un comitato di impresa, uccide ogni incantesimo: per questo la celebrazione della Messa è indissociabile dalla magia del Natale, magia che non dovrebbe mai essere persa”.