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Sentirsi “nipote di Babbo Natale” per un giorno in una casa di riposo

Articolo. Il progetto lanciato dalla onlus comasca «Un Sorriso In Più» raccoglie e soddisfa i desideri natalizi degli anziani ospiti di diverse strutture di tutta Italia. Sabato 16 dicembre, per la Fondazione Madonna del Boldesico di Grumello del Monte è stato giorno di consegne. E di racconti

Lettura 4 min.
La consegna dei regali alla Fondazione Madonna del Boldesico (Fondazione Madonna del Boldesico)

Giuseppina aspetta sulla sua sedia a rotelle. Ha l’aria un po’ smarrita, ma quando le volontarie della casa di riposo le dicono, all’orecchio perché possa sentire bene, «Peppina, ci sono due ragazzi che sono venuti a farle un regalo di Natale, è contenta?», la risposta arriva subito convinta: «Due volte contenta!».

Giuseppina non conosce né me né il mio compagno, ma noi di lei sappiamo già qualcosa: l’abbiamo “incontrata” sul sito di Nipoti di Babbo Natale , un progetto con cui la Onlus di Guanzate Un Sorriso In Più coinvolge ormai dal 2018 centinaia di case di riposo, centri diurni, RSA di tutta Italia. Il meccanismo è molto semplice: ogni anno, le strutture per anziani che aderiscono all’iniziativa rendono pubblici sul portale i desideri che i loro ospiti hanno espresso per Natale. Qualsiasi cittadino che aspiri a diventare un “nipote” può “prenotare” un sogno, filtrando le richieste per città o regione, e concordare con la RSA la modalità di consegna del regalo.

Maglioni caldi “come un abbraccio”, tute, pantofole, felpe della propria squadra del cuore, cioccolatini. Ma anche cene a base di pesce, giornate sulla neve, abbonamenti al quotidiano locale. Poi c’è chi vorrebbe incontrare Loretta Goggi, i Pooh, Gigi Buffon. I desideri sono i più disparati. Quelli degli ospiti della Fondazione Madonna del Boldesico , una bella struttura di colore giallo acceso che sorge ai piedi delle colline di Grumello del Monte, sono andati a ruba.

Il pensiero di Giuseppina, la “nonna” che ho scelto, è stato condiviso online dalle operatrici e dalle volontarie che la assistono ogni giorno: «Da qualche mese vivo in casa di riposo e ciò che più mi manca è il mio cagnolino Doghi che spesso scappa di casa per venire a trovarmi: rimane fuori dalla porta finché un’operatrice non lo fa entrare per ricevere qualche coccola da me. Vorrei trascorrere molto più tempo con lui, ma non è sempre possibile per questo mi piacerebbe avere un “sostituto” in peluche che gli assomigli da coccolare quando voglio».

Non è facile trovare un cagnolino simile a Doghi. Per fortuna posso contare sull’aiuto di Lavinia, operatrice della struttura, che condivide con me una fotografia: Doghi ha le orecchie alte e dritte, un bel manto marroncino e gli occhi vispi. Sempre grazie a Lavinia, scopro che la destinataria del mio dono da giovane è stata un’infermiera. Mi procuro allora, aspettando il nostro incontro, un kit giocattolo da dottoressa, con tanto di stetoscopio in plastica, termometro, siringa e martelletto per provare i riflessi.

L’incontro

Giuseppina ha i capelli bianchi e lisci. Indossa un maglioncino rosa e un paio di comodi pantaloni della tuta. La affiancano alcune volontarie e operatrici della casa di riposo, che aiutano me e il mio compagno a scartare i regali. Alla vista del peluche, Giuseppina comincia a fissarlo: «Che bello! È calmo».

Chi mi conosce sa che non riesco a non fare domande quando ho l’occasione di farlo, anche se la mia interlocutrice è impegnatissima. Quanti anni ha? «Venticinque!». Sorridiamo. Abbiamo sbagliato domanda: agli anziani non si chiede l’età, si chiede la classe. «1936» risponde pronta. Giuseppina alterna qualche parola sul tempo – «c’è il sole oggi» – ad affermazioni più confuse. Nel frattempo, non stacca lo sguardo dal cagnolino, che pettina delicatamente con l’aiuto di uno degli attrezzi del kit che le abbiamo regalato.

Per la Madonna del Boldesico è giornata di consegne. Sento alcune operatrici lamentarsi scherzosamente in un angolo: Giuseppe sta tardando, è un’ora che si veste, sua “nipote” lo aspetta all’ingresso. Scopro che Giuseppe è un ospite della Fondazione che ha chiesto come regalo di Natale una colazione al bar. Per l’occasione, arriva vestito di tutto punto: un bel pullover verde, la camicia, i jeans tirati a lucido. L’abito della festa, come direbbe “la sua generazione”.

Mentre il salone della struttura si affolla di nipoti “giovani” e nonni, chi più e chi meno in forma, Giuseppina sembra non accorgersi di nulla: continua ad accarezzare Doghi. Ogni tanto lo ripone sul tavolo, lo guarda, dice che deve riposare. Poi lo riprende in braccio e lo culla, mentre le chiediamo quanti figli ha, che lavoro faceva, come è fatto il Doghi “vero”. A qualche domanda risponde, altre rimangono in sospeso. Non sapremo mai in che reparto lavorava, anche se – dalla cura con cui coccola il peluche – potremmo scommettere sul fatto che da giovane sia stata davvero una brava infermiera.

Il tempo delle storie

Faccio ancora fatica a descrivere le emozioni che ho provato in compagnia di Giuseppina. So solo che il tempo sembra essersi fermato. Siamo arrivati alle 9: si sono fatte le 11. Giuseppina tiene il cagnolino ancora stretto mentre Sara, l’operatrice che ci ha accolto, la accompagna al piano di sopra della casa di riposo, perché possa prepararsi al pranzo. Noi la salutiamo e ci fermiamo ancora un po’, a girovagare per i corridoi.

Notiamo il plastico di un veliero, porta la firma di Luciano. Ospite della Madonna del Boldesico dalla scorsa Pasqua, Luciano ha scoperto il modellismo quando è andato in pensione. Ha costruito automobili d’epoca, moto Guzzi e soprattutto locomotive, una passione nata in modo naturale, dopo anni di lavoro nelle ferrovie. Il signor Luciano ha portato qualche modellino nella sua stanza-ufficio in casa di riposo: ce li mostra uno ad uno, mentre condivide qualche aneddoto di giovinezza e qualche riflessione sulla vita alla Madonna del Boldesico.

Sulle mensole spiccano una pagoda in legno con tanto di brillantini colorati (dal vivo non l’ha mai vista – «ho viaggiato in tutta Italia, all’estero non era mica così facile»), una Fiat Topolino con le portiere che si aprono al contrario («si usava così»), una Bentley d’epoca, una ruspa, un camion betoniera. Rimango colpita da un’automobile in legno che al suo interno ospita addirittura l’autista: riconosciamo nella figurina un pastorello del presepe con il flauto.

Mentre ci parla, lavora a un puzzle 1000 pezzi. Ne ha appesi molti alle pareti della residenza per anziani: paesaggi, montagne innevate, il Tower Bridge di Londra, ma anche una coppia di panda e il bacio di Klimt. Quest’ultimo in particolare ci colpisce: abbiamo anche noi lo stesso puzzle, ma in due mesi siamo riusciti a completarne solo un decimo. Luciano, invece, ha la pazienza di incastrare pezzo dopo pezzo, oltre a quella di raccontare la sua storia.

E’ la cosa a cui penso di più, quando lascio la Madonna del Boldesico: ero arrivata convinta che avrei parlato un po’ di me, che avrei donato un po’ di tempo. Invece, anche se forse i miei amici non lo crederanno mai, per la maggior parte del tempo sono stata in silenzio. A osservare i gesti delicati di Giuseppina, ad ammirare i plastici di Luciano.

C’è un mondo intero in una casa di riposo. Basta solo mettersi in ascolto (e se potete, esaudire qualche desiderio).

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