« Faccio fatica a distinguere i miei ricordi veri dai filmati e dalle foto» ammette Laura Stocchi, protagonista di alcuni filmini girati dalla mamma Silvana Piccardi tra il 1963 e il 1965. Una memoria personale, la sua, che grazie al progetto « Racconto di due città. Epiloghi » di Archivio Cinescatti – Lab 80 è diventata collettiva. Attraverso i ricordi su pellicola donati e condivisi, infatti, l’intento dell’iniziativa era di far ri-trovare ai passanti e ai visitatori anche ricordi propri.
A comporre il patrimonio filmico, non solo i fotogrammi di Piccardi, ma anche quelli di tanti altri cineamatori invitati a donare le pellicole di famiglia, in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Le oltre mille bobine recuperate, per un totale di 186 ore di girato, sono state poi restaurate, digitalizzate e inserite in archivio gratuitamente. E così anche i donatori stessi hanno potuto godersi o riscoprire i propri filmini, resi finalmente visibili sui dispositivi contemporanei. «Ho potuto rivedere dei filmati delle mie vacanze degli anni 60’, che altrimenti sarebbero andati perduti» commenta Laura, ripensando alle memorie fino a quel momento custodite in pellicole da 8 millimetri. «Da piccola era sempre una festa guardare i filmini di famiglia – ricorda con lo stessa emozione di una volta – Una volta era inusuale essere protagonisti di qualche video!».
Dopo la fase di raccolta, Archivio Cinescatti ha condiviso e restituito quei ricordi preziosi all’intera comunità. Da un lato affiggendo per le vie di Bergamo dei manifesti con le immagini tratte dalle vecchie pellicole restaurate, accompagnate da frasi di commento dei donatori e da QR Code che, se inquadrati, consentivano l’accesso al filmato originale; un modo per «rendere spettatori non solo coloro che scelgono di sedersi al cinema ma anche chi passeggia per strada», spiega Giulia Castelletti dell’Archivio Cinescatti. Dall’altro proiettando le pellicole digitalizzate nelle arene cinematografiche estive «Esterno Notte» di Bergamo e «L’Eden d’estate» di Brescia, prima dei film in programma per la rassegna.
L’obiettivo era «restituire al pubblico e alla città le immagini che raccontano persone, luoghi e trasformazioni della società» e valorizzare «le testimonianze orali di chi ci ha donato le pellicole» continua Castelletti. Proprio quei ricordi condivisi hanno accomunato il passante casuale allo spettatore di una mostra a cielo aperto: entrambi testimoni delle storie racchiuse nei fotogrammi. Dietro ad ogni bobina recuperata c’era infatti un ricordo di famiglia e, dietro ogni ricordo, un racconto.
Nel caso di Laura, “regista” delle sue memorie è stata la mamma Silvana, insegnante, l’unica donna tra gli autori bergamaschi e bresciani esposti: « Negli anni ’60 – ’70 erano gli uomini di famiglia che facevano i filmati. Nel mio caso però la mamma, rimasta vedova quando ero piccola, ha fatto le veci del papà e ha avuto in regalo questa cinepresa dal nonno, un altro appassionato di film e fotografia» racconta Stocchi. E così le estati trascorse in Liguria insieme alle cuginette furono immortalate nelle pellicole della madre, diventando frammenti di vita quotidiana in bianco e nero e al tempo stesso specchio di un’epoca.
Nelle scene registrate comparivano così un’altalena con la pubblicità del Campari, un trampolino sulla spiaggia «da cui ci si poteva tuffare in mare» ricorda Laura, descrivendo quelle lunghe “pedane”, i battelli per le gite a Santa Margherita e a Portofino e tanti bambini che giocavano con la sabbia. «In un fotogramma c’è mia sorella che indica il mare con il dito. Allora capitava che passassero dei piccoli aerei che lanciavano dall’alto dei regali, tramite dei paracaduti. Era il periodo del boom economico». Ed è proprio lì che la piccola storia incrocia la Grande Storia.
Scene del genere diventano ricordi di una generazione, grazie anche ai cartelloni affissi per Bergamo. L’iniziativa si è ufficialmente conclusa il 2 agosto, ma in Largo Bortolo Belotti, per esempio, si possono ancora leggere frasi come «Gli piaceva filmare i fiori. Filmava la rosa che pian piano si apriva» per descrivere un momento in giardino.
L’Archivio Cinescatti ha lavorato a lungo con le famiglie donatrici per dare un nome a luoghi e persone dei loro film: «Abbiamo lavorato per far dialogare immagini e parole» spiega Bianca Maldini, grafica e artista autrice dei manifesti. «Ascoltando i racconti dei donatori e le emozioni che i vecchi filmini di famiglia hanno suscitato in loro, è nata l’idea di lavorare sul modo in cui nascono i ricordi: spesso restano sepolti per anni, poi basta un’immagine per farli tornare». Un modo per conservare parole, stupore e tante storie, ma anche per valorizzare il lavoro dell’Archivio che solitamente rimane più nascosto, ovvero la raccolta delle testimonianze.
«Vorremmo che chi passeggia, e si imbatte in questi “manifesti filmici” – conclude Maldini – grazie alle immagini che incontra potesse ritrovare anche ricordi propri che credeva dimenticati». E così è stato anche per Laura e i suoi ricordi, resi immortali e universali dalla cinepresa materna.