Le vacanze invernali possono essere un momento di pausa, da dedicare al riposo. Un riposo spesso necessario e che imita la natura, in cui tutto sembra morto e fermo, ma in cui tutto in realtà partecipa del lavoro segreto, invisibile e sotterraneo del seme, tutta energia potenziale e in attesa di nascere (o ri-nascere, come il sole dopo il solstizio, momento di passaggio centrale in molte culture).
Questo mese ci riporta al passaggio e al cambiamento, già a partire dal nome. Gennaio era dedicato al dio romano Giano, da cui, appunto, prende il nome. Caratteristica principale del dio romano era di avere due volti, per questo è noto come «bifronte». Per la sua capacità di guardare sia avanti che indietro, era considerato il protettore delle soglie e dei passaggi. Simbolicamente, guarda sia al passato che al futuro, attività che siamo indotti a fare in questa fase di passaggio, fra un anno e l’altro. Guardando al futuro, è inevitabile cadere nella trappola insidiosa dei “buoni propositi” per l’anno nuovo. Credo sia capitato a chiunque di iniziare l’anno con ottime intenzioni su abitudini da cambiare o miglioramenti da inserire nella propria vita. Sicuramente è un momento in cui è naturale fare bilanci, e quindi decidere quali cambiamenti introdurre.
Non è facile mantenere queste promesse, ma mettere a fuoco alcuni obiettivi può essere utile a darci una direzione. Bisogna però fare attenzione a non diventare giudici spietati nei nostri confronti, e appesantirci con rimproveri interiori qualora non riuscissimo perfettamente nei nostri intenti. Funziona più la carota del bastone (anzi: le punizioni non funzionano), quindi possiamo provare a premiarci quando riusciamo in qualcosa e a guardarci con empatia e benevolenza quando non riusciamo. Spesso il giudizio interno, come i sabotatori che ci portiamo dentro, sono una zavorra ancora più pesante di eventuali ostacoli esterni.
Possiamo proporci piccoli obiettivi raggiungibili e immaginarci l’anno (ma, volendo, la vita stessa) come un cammino: guardare la meta da raggiungere può essere demoralizzante, specialmente se questa è lontana e pare irraggiungibile. Eppure, passo dopo passo, ci possiamo arrivare.
Giano e gennaio hanno anche un volto che guarda indietro, al passato. Cosa ci siamo lasciati alle spalle nel 2023? Cosa non vogliamo portare con noi, quali “cose vecchie” abbiamo “gettato dalla finestra? Questo è un momento in cui possiamo decidere quali cose non vogliamo più e alleggerire il nostro bagaglio per questa nuova tappa. Dal passato possiamo imparare anche cosa non vogliamo e imparare a dire di no. Spesso sono i «no» che diciamo noi ad aiutarci a crescere. Per la psicologia dello sviluppo, quando impariamo a dire di no siamo arrivati a un livello di sviluppo per cui ci riconosciamo separati da chi ci sta intorno, sappiamo di avere una mente e una volontà diversa da quella degli altri (René Spitz definì la capacità di dire no come il «terzo organizzatore» della psiche, una sorta di pietra miliare che indica il raggiungimento di un nuovo livello evolutivo).
Per questo può essere difficile: ogni no che diciamo, comporta a un certo livello, una separazione da qualcuno o qualcosa. Tuttavia, p er quanto doloroso e difficile, alleggerire il nostro zaino metaforico, rende il nostro viaggio più confortevole. Ancora più importante: la fine dell’anno porta anche tradizionalmente alcuni doni. Cosa ci ha regalato, simbolicamente, il 2023? Quali tesori acquisiti nell’anno scorso possiamo portare con noi? Tornando alla metafora del cammino, quanta soddisfazione si prova quando, dopo alcune ore di cammino, ci voltiamo e riusciamo a scorgere lontano, all’orizzonte, il punto di partenza? Una torre, un campanile sotto cui siamo passati alla partenza, ora è un oggetto piccolissimo ma ancora distinguibile, che ci aiuta a notare quanta strada abbiamo fatto. Allo stesso modo, nel nostro passaggio da un anno all’altro, è bene non dimenticare i risultati che abbiamo ottenuto, le cose che abbiamo imparato e, simbolicamente, i doni che il 2023 ci ha fatto.
Per questo possiamo anche provare a sentire e a dimostrare gratitudine. A noi stessi e a chi o cosa ci ha fatto questi doni (ne accennavo qui). Aver fatto spazio nel nostro bagaglio, lascia posto a cose nuove che possiamo portare con noi. Il vuoto può far paura se concentriamo la nostra attenzione a ciò che non c’è, ma diventa ricco di opportunità, stimolante, se lo guardiamo nella sua potenzialità di aggiungere novità e, appunto, nuove possibilità.
Tornando a Giano, però, non dimentichiamo che gli manca la visione del presente. Dobbiamo prestare attenzione per non incorrere nello stesso errore. Siamo in un momento di passaggio, ma è essenziale non perdere consapevolezza del qui e ora, riconoscere che il pezzetto di terra su cui poggiamo i piedi, sebbene sia conseguenza del cammino intrapreso e sia il trampolino da cui muove il cammino di fronte a noi, è fondamentale non solo per queste ragioni. Dal momento presente, dal respiro di questo istante, possiamo prendere le energie che posso aiutarci nella ripresa dopo le vacanze.
Possiamo farci accompagnare da Giano in ogni istante, ogni momento è degno di esser vissuto e celebrato come un rito di passaggio, ma dobbiamo restare comunque radicati nel presente e saper oscillare fra pausa e movimento, fra riflessione e azione, fra carica e scarica. Abbiamo bisogno di un terzo volto, che guarda costantemente nel qui e ora, e anche dentro. Stiamo nel presente, raccogliamo le nostre forze, i nostri bagagli e prepariamoci a riprendere il nostro cammino.