Il Centro Culturale San Bartolomeo è un luogo incastonato nel centro di Bergamo, dove resiste da ormai molti anni una densa attività di incontri, conferenze e mostre. A reggere tutto questo è il vicino convento dei Domenicani, di cui Padre Bernardino Prella è il priore. Prima dell’appuntamento finale di “Ninnalana – Ninnananna alla Capanna” alla chiesa di San Bartolomeo lo abbiamo incontrato. Occhi penetranti e atteggiamento placido, ci ha lasciato in questo dialogo qualche riflessione di magnifica lucidità.
LB: In un’intervista al Corriere della Sera del 2018 (link) il cardinale Ravasi disse che oggi il Cristianesimo è una minoranza e di conseguenza deve ragionare come tale. Lei che ne pensa?
BP: Mi sembra che questa indicazione sia molto valida per l’Occidente. Dove è emerso con il passare dei decenni un dibattito democratico sui temi etici, una situazione nuova per la Chiesa che in certi casi si è trovata spiazzata. In più il Novecento dei totalitarismi ci ha lasciato in eredità una crisi dell’autorità, di cui si è perso il senso, perché nel secolo scorso spesso l’autorità è diventata potere oppressivo e sanguinario. La conseguenza è stata un venire meno della funzione utile, a favore del cittadino, dell’autorità. Ne è derivata una mentalità che non riconosce più l’autorità come interlocutore, a livello sociale e di inconscio collettivo. Il sentimento è di sospetto se non di rifiuto. Questo in politica come in famiglia e ovviamente anche per la Chiesa. Dobbiamo tenere in considerazione un contesto simile.
LB: E poi?
BP: Dobbiamo dire che i cristiani e i cattolici hanno perso degli appuntamenti storici non secondari. Sul mondo del lavoro siamo arrivati in ritardo, sul femminismo anche. Il pacifismo non è nato nel nostro ambiente culturale, Gandhi non è cristiano, e così per il razzismo: Martin Luther King era protestante. In questo senso si rischia la quasi insignificanza sociale e politica, bisogna riconoscerlo. Attualmente Papa Francesco insiste molto sul discorso degli immigrati ed è un bene. Perché è un movimento di uomini e donne che non riguarda solo il Mediterraneo ma tutto il pianeta e cambierà il nostro stile di vita. Alzare i muri contro questa cosa è come dire che internet è un male e allora togliamo la corrente elettrica.
LB: Mi pare di capire che lei sia d’accordo con Ravasi. Quindi cosa vuol dire pensare da minoranza?
PB: Vuol dire fare come il lievito per il pane. Il lievito è una minoranza, ma che pane mangiamo se non c’è il lievito? Diciamo allora che potrebbe essere congeniale per i cristiani parlare da minoranza per fare lievitare la pasta. Dal punto di vista del potere ciò può essere vissuto come un limite, ma se parliamo di testimonianza evangelica il discorso cambia. Il contributo cristiano-cattolico, anche in minoranza, rimane fondamentale per la società e la sua dimensione è quella evangelica.
LB: Papa Francesco sta facendo questa cosa, riportare credenti (e non credenti) al Vangelo.
PB: Sì, Papa Francesco fin da subito ha messo l’accento sulla misericordia. Il magistero forse sta rendendosi conto di avere accentuato una dimensione meno evangelica e sta cercando di rimediare. Perché bisogna essere molto chiari: Dio non ci imputa il peccato, non lo dico io, lo scrive Paolo di Tarso, e ci affida un compito di riconciliazione, che significa comprensione, solidarietà e fratellanza. In passato una certa pratica pastorale diffusa ha umiliato il peccatore, che è proprio l’opposto del messaggio evangelico. Queste accentuazioni non adeguate si pagano.
LB: Lei dice tutto questo mentre là fuori il Censis ci parla di un popolo di stressati, insicuri, diffidenti e affascinati dall’“uomo forte” (link). C’è poco cristianesimo nell’aria.
PB: Troppo spesso ci perdiamo in tante cose urgenti ma non abbiamo una prospettiva importante su cui costruire le nostre vite. Se l’obiettivo dell’esistenza è l’ultimo iPad e non ci sono altre motivazioni forti, una visione ampia del nostro stare al mondo, è ovvio che non ho nulla di importante su cui basarmi. E allora, sto semplificando, ci rimangono solo l’ansia, l’insicurezza dentro un contesto in cui sono caduti tanti punti di riferimento. Quindi quando sono nel vuoto vado alla ricerca di un qualcuno che mi rassicuri. Ma se ciò non riguarda Dio mi rimane solo “l’uomo forte”, che diventa un falso uomo della provvidenza. L’unico “uomo forte” invece è colui che venne inchiodato sulla croce.
LB: Quando siamo nel vuoto arriva in soccorso il consumo.
PB: Devo riempire il mio nulla di tante cosette: i soldi, l’avere anziché l’essere, il successo. Ma queste ci allontanano dalla libertà. Ci hanno insegnato che la tentazione della fuga dalla libertà è grossa, è sempre vicina, la libertà richiede coscienza, responsabilità, audacia, capacità di rischiare, essere disposti a sbagliare e poi a correggersi.
LB: Siamo vicini a Natale, tempo di consumo dopo la nuova festa del consumo, il Black Friday. E a pochi metri da questo convento c’è la Capanna…
PB: Semplifichiamo il discorso: Gesù ci mette in guardia, o Dio o Mammona. Dio è l’interiorità, la ricerca di quei valori che ci costituiscono e creano legami. Mammona è l’avere a disposizione un senso immediato ma falso della propria vita. Il discorso è la scelta di essere o di darci sicurezza attraverso il possesso. Lo dico con termini che possono sembrare desueti o scandalosi: la Capanna ci ricorda che abbiamo perso la dignità dell’accontentarsi. Accontentarsi oggi ha un significato radicalmente negativo, mentre il decidere in che cosa consiste la mia felicità è la dignità più alta dell’esercizio della nostra libertà. La Capanna ci parla di una presenza amica, della solidarietà, della pace e del perdono.
LB: Perdonare oggi sembra difficilissimo. C’è il perdonismo, che è un falso perdonare, e poi c’è una crescente logica della vendetta, del rancore.
Aristotele dice che la polis funziona sulla giustizia e sulla amicizia. Giovanni XXIII e i Papi successivi riportano al centro dell’attenzione il perdono. Alla giustizia e alla solidarietà dobbiamo affiancare il perdono. C’è una battuta simpatica di Mafalda che, se non mi sbaglio, dice ‘’non ho più pietre da mettere sopra’’. Come a dire che non si può sempre metterci una pietra sopra. Ma il cristiano ha davanti a sé la figura di Cristo inchiodato sulla croce, il grande pacificatore, il figlio di Dio, che fu capace di pacificare Caino e Abele. Da qui può nascere un nuovo modo di esistere, di rapportarsi agli altri e di accettare le proprie fragilità. Il sapersi amati anche nel proprio peccato.
LB: Il rancore peraltro è uno dei carburanti dell’individualismo.
PB: Non possiamo privatizzarci. Esistiamo perché esistono gli altri, ed è con loro che troviamo il senso della nostra vita. Mi aveva colpito qualche anno fa un libro di Gustavo Zagrebelsky, nel quale diceva che oggi all’intensità delle nostre vite dobbiamo rispondere con il buio, il silenzio e la solitudine. Ed è lì, nella solitudine, che puoi fare l’incontro con la mano amica. Rivolgendosi a te non annulla la tua individualità ma la affianca. Chiamatelo deus o natura, come volete, ma l’esperienza fondamentale per la persona è un’esperienza mistica. Un’interiorità che non si chiude in sé stessa ma trova un’apertura, una forza che apre e sostiene, dando delle motivazioni forti.
LB: Qui al Centro culturale San Bartolomeo voi rispondete a tutto questo con una densa attività culturale e spirituale, aperta anche ai non credenti.
È il tentativo di una proposta positiva. Anche collaborando con vari gruppi della città, vogliamo offrire un luogo dove ci possa essere un confronto di idee, possibilmente propositive. Non siamo in contrapposizione con nessuno. Cerchiamo di costruire delle proposte che possano suscitare il desiderio di capire, la disponibilità a riflettere, che è faticoso. In fondo siamo un “convento”, cioè un luogo dove si può convenire, tutti, per dare il proprio apporto.
(grazie a Serena Agrati per la preziosa collaborazione)