P er chi, come me, è nato negli anni ’80 o prima la Resistenza non è solo ciò che ha concorso alla liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo, con il seguito di valori che ha diffuso (libertà, giustizia e uguaglianza), l’inizio della Storia democratica del nostro Paese e una Costituzione che è fra le più belle del mondo, bella da leggere e soprattutto da rispettare. La Resistenza è stata, ed è tutt’oggi, anche una questione culturale : libri, film, canzoni; Pavese, Calvino, Fenoglio; “Bella ciao” (associato ai Partigiani dopo la Liberazione), “ I ventitré giorni della città di Alba ” (con quell’incipit duro e straordinario: “ Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944 ”) e “ Roma città aperta ”. Giusto per citare dei nomi di opere e artisti che hanno dato alla Resistenza un immaginario e una mitologia.
“ La mia piccola patria dietro la linea gotica / sa scegliersi la parte ” cantavano i CSI in “ Linea gotica ”, un disco e una canzone che probabilmente hanno segnato molte persone. Per me la Resistenza è sempre stata soprattutto questo: scegliere da che parte stare e cercare di scegliere quella giusta , come fecero centinaia di ragazzi (e ragazzini, a volte di appena 10 anni) mettendo in gioco eroicamente la propria vita in quei venti mesi – dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 – che cambiarono la storia d’Italia.
Oggi quei ragazzi sono anziani, nei decenni hanno portato avanti un prezioso lavoro di testimonianza che ora ha bisogno di essere sigillato in qualche modo, perché il tempo non lo cancelli. Il 25 aprile oggi ha tanti significati e i valori della Resistenza possono filtrare temi importanti (giusto per citarne due: il lavoro e le donne ). Fra questi però il più importante è quello della memoria : perché ciò che accadde non si ripeta e la libertà (di espressione in primis ) sia e rimanga un valore. A volte ce ne dimentichiamo, dando per scontato che siamo liberi di parlare ma anche di essere ciò che vogliamo e di vivere in un mondo giusto ed egualitario. È superfluo dire che non è sempre stato così ed è per questo che quei ragazzi lottarono e morirono, ricordiamocelo – e ricordiamoci pure che, in fondo, il nostro mondo tanto egualitario ancora non è.
La memoria dicevamo però che ha bisogno di testimoni e testimonianze , per questo il progetto noipartigiani.it , portato avanti da Gad Lerner e Laura Gnocchi , è fondamentale. Un Memoriale online che raccoglie centinaia di testimonianze video di quei ragazzi: oggi non più tali, ma ancora smaglianti nel difendere un’idea di mondo sempre attuale.
Queste testimonianze sono state raccolte a partire dal 2019 , prima della pandemia che ha colpito gravemente questa generazione. Il risultato è un sito pratico da usare e per certi versi suggestivo. Spulciando fra un contributo e l’altro infatti si sente l’odore della Storia , quella che sa di boschi e nascondigli, e si tocca con mano il significato della parola partigiano , che è colui che decide di stare da una parte, di non accettare lo stato delle cose e di partecipare a un cambiamento necessario.
È un’operazione culturale quella di Noi Partigiani – Memoriale Della Resistenza Italiana . Una raccolta di storie di donne e uomini, ma anche di volti, espressioni, cadenze. Un grande libro di ricordi, senza pagine ma con tante immagini e tante parole, che racconta cosa fu la Resistenza e perché ancora oggi si festeggia il 25 aprile. Lo racconta ai giovani d’oggi soprattutto e a tutti, perché noipartigiani.it rimarrà sempre a disposizione e verrà ancora arricchito . Quello dei partigiani è un messaggio che “ propone una tensione alla cittadinanza attiva, un impegno che accomuna la generazione della radio a quella del web ”, come spiega con un’immagine efficace Gianfranco Pagliarulo , Presidente nazionale dell’A.N.P.I. nazionale, sul sito dell’iniziativa.
“ L’A.N.P.I. ha chiesto ad ogni sezione locale di raccogliere le testimonianze dei partigiani ancora in vita ”, mi dice Mauro Magistrati , Presidente di A.N.P.I. Bergamo, “ il video di una testimonianza è già stato caricato, ne abbiamo raccolti altri che arriveranno ”.
La storia di Carlo Aresi
Il partigiano bergamasco presente con la sua testimonianza è Carlo Aresi, nato a Gazzaniga il 22 gennaio 1930. Padre comunista e militare nella guerra del 1915-18, Carlo, nome di battaglia Corsaro , appartenne alla Brigata Giustizia e Libertà “Camozzi” e ancor prima partecipò alle azioni di sabotaggio della Ansaldo. Il suo racconto riguarda tra le altre cose i fatti di Rovetta dove, tra il 27 e 28 aprile 1945, un gruppo di partigiani fucilò 43 militi della Legione Tagliamento. Ma non solo: durante la sua testimonianza accenna alla sorte del fratello, rinchiuso per due anni in un campo di concentramento in Germania (“ arrivò a pesare 38 kg ”).
Carlo non era l’unico partigiano in famiglia, anche i due fratelli, Tarzan e Tomis , decisero di aggregarsi a diverse compagnie partigiane. Nel suo racconto sfilano ricordi e personaggi: oltre al fratello Tomis, il Modesto e Bepi , capitano della “Camozzi”, oltre ai soldati della Tagliamento che avevano ucciso dei partigiani a Schilpario e sparavano alle persone nei paesi. È uno degli episodi più cruenti di tutta la narrazione: Carlo descrive l’omicidio di due civili a Castione (fra cui un adolescente), esposti poi a testa in giù davanti al Municipio del paese.
Ascoltare i ricordi di Carlo Aresi, come quelli di altri resistenti che sono riusciti a lasciare le loro testimonianze, è appassionante e benefico. Aiuta a ricordare che di quel tempo del nostro Paese dobbiamo continuare a raccogliere l’eredità e la responsabilità . Tuttavia alla fine della sua testimonianza esprime tutta la preoccupazione per la scarsa attenzione che le giovani generazioni riservano oggi al 25 aprile e alla Resistenza. In parte ha ragione, ma operazioni come “Noi partigiani” servono proprio a mantenere la memoria. Mentre tutto sta cambiando, e non sempre in meglio, c’è in rete uno scrigno di racconti che può essere aperto in ogni momento per ricordarsi da che parte stare.