D on Alessandro Deho’, già infermiere professionale, è ordinato sacerdote nel 2006 nella Diocesi di Bergamo. Dopo un’esperienza come parroco, vive in una casa in una frazione di 6 abitanti a pochi passi da un Santuario sulle montagne della Lunigiana. Gli abbiamo chiesto una riflessione sull’Immacolata Concezione, che potete leggere per intero o muovendovi fra i capitoli che trovate nel menù a destra
Stamattina Gino aveva terminato di scavare il tronco dell’albero di noce che presidia la strada che da Crocetta porta a Montereggio. L’uomo e l’albero in Gino sono, ai miei occhi, una cosa sola, radicati e svettanti, custodi, ho sempre l’impressione che si scavino a vicenda e che niente di entrambi vada mai perduto . Solenne e domestico, anche lo scarto brucia e scalda. Nessuno dei due si perde in discussioni troppo prolungate, vivono entrambi il crinale che dalla natura porta all’arte, entrambi resistenti all’ultimo definitivo approdo. Stanno, e con il loro stare sembrano voler indicare, con semplicità, che questo pezzo di mondo è abitabile e caro, degno di non essere abbandonato. Nessuna intemperia li strapperà mai via definitivamente da qui, l’eternità si gioca nella fedeltà al tempo presente.
Gino, “sacerdote della natura”
Incontro Gino scavato dalla fatica, viene da un intervento chirurgico che lui si ostina a voler relegare nel passato remoto, poco più di un mese, ma lui vive l’oggi. Il suo corpo è asciutto, gli occhi lucidi, umidi, bambini . Io sento che si porta dentro anche la voragine appena aperta in una ferita di tronco, nessun lavoro in lui è mai indolore, lascia parte di sé agli amati alberi che venera e di cui si nutre, boscaiolo di nascita e vocazione. Mi dice che stava lavorando al noce, io cammino con il mio cane verso il santuario, sapevo del suo lavoro, lo vedevo da un po’ di giorni, appositamente non chiedevo, aspettavo. Lui quel vecchio tronco lo stava penetrando, io mi sentivo di troppo nel vederlo lavorare, sguardo inopportuno, stamattina è lui che mi invita, mi dice di andare a vedere. Pochi passi e si apre davanti a me una nicchia naturale, dentro la nicchia una statua, è una piccola Madonnina, classica, il suo bianco e azzurro sono in netto contrasto con tutto, il tempo saprà integrarla. Attorno l’incisione, la grafia è del mio amico Gino, custode di questo pezzo di mondo: immacolata concezione . Chi viene dalla terra non ha tempo di lasciare adito a troppe interpretazioni. Nemmeno quando tratta di cose dal cielo.
Gino non è un devoto della religione, non in modo assoluto e bigotto, crede, ma soprattutto è un sacerdote della natura. Nessuna idealizzazione, lui nel bosco e per il bosco vive, nessun cedimento a moderne teorie ecologiste, il rapporto è schietto, come quello che ha per gli animali . Si allevano, si macellano, tutto rientra nel cerchio dell’esistere. Perché l’immacolata? Chiedo. Perché lui è nato il 5 dicembre, suo padre invece l’8, la madre e la moglie dei due boscaioli avrebbe cucinato lasagne e fatto festa come potevano fare i contadini del passato. Ecco, non posso non scrivere, mi dico, ripensando alla mail ricevuta il giorno prima da Bergamo. Lo faccio per lui, glielo devo, mi ha accolto e sopportato, mi lascia essere ospite e abitante del suo mondo, non mi fa mai pesare le mie radici lombarde e pianeggianti. Porta pazienza per il mio lavoro fatto di niente : preghiere e poesie . Di quello non ci si mangia, lo sappiamo entrambi, a lui più che a me pare ingiusto.
Solo per affetto
Oltre il dogma che invece di rassicurarmi mi disperde, oltre le parole che si illudono di essere esatte e solenni per il solo fatto di essere redatte in vaticane stanze, oltre la paura di dover parlare di Vangelo senza una pagina che almeno descriva il mistero in questione, mi convinco solo per affetto , di avvicinarmi ancora all’ Immacolata Concezione . Come volessi sfornare qualcosa per gli uomini di questo posto, un compleanno a modo mio, una nicchia fatta di niente.
Scelgo di aprire la nuvola della moderna memoria, ci ho accumulato migliaia di pagine, basta digitare “immacolata”, e dal ventre deposto in qualche deserto americano mi compaiono i miei incerti tentativi di commento. Cosa ho detto sull’immacolata concezione in questi anni? Trovo una pagina word di quindici anni fa, ero prete da poco, anzi appena ordinato, non ancora in definitivo abbandono di me.
2006, più di una riflessione valgono delle lasagne profumate
Scanzo, anno 2006, leggo la predica, parlo di Maria, parlo dell’Annunciazione. Nessun accenno al dogma, alla festa. Rivedo la mia supponenza travestita da sapienza. Leggo a fatica parole che mi sembrano troppo dolci, troppo scritte per farsi piacere. Uso la festa per mostrare quella che credevo essere maestria, oggi diffido di chi non ammette di avere bisogno di farsi amare. Ecco credo che a distanza di quindici anni Gino mi stia dicendo, anche se non lo sa, che più di una riflessione valgono delle lasagne profumate, cibo della festa, nessun “ti amo”, immagino un bicchiere di vino in più, la sospensione temporanea dal lavoro, la grande nostalgia per quando il mondo era semplice e gli affetti dei genitori quotidiani .
Lo capisco, mi commuovo. Forse dogmatica è solo la nostalgia. Mi immagino un papa intento a firmare una qualche bolla, intorno a lui l’asettico bianco ecclesiale ma nelle pulsazioni del suo cuore un inchino grande all’umiltà dei nonni. Alla fede fatta di terra e semi e speranze troppo spesso virate in lacrime. Chi sono io per non credere? Per non cedere?
2007, immacolato non è il puro ma il vero
Anno 2007 sono ancora tra le colline scanzesi, inizio così:
È che tutto si muove tra il silenzio quotidiano e la solitudine più drammatica. È che ti senti sempre un po’ fuori posto quando tenti di entrare nella casa di Nazaret durante la visita dell’angelo. Tutto si sostiene aggrappato a fili di seta invisibili e delicati. Intorno non c’è la solennità del tempio ma la solennità del quotidiano: il silenzio di una ragazza che con un filo di voce ricama tremante di fiato la sua presenza davanti a Dio. E allora la nostra presenza risulta ingombrante persino a noi stessi .
Almeno iniziavo a sentirmi fuori posto. Accenni di sanità mentale. Barlumi di crescita. Il Vangelo non si lascia dominare. Sempre in quella stanza di antiche e divine annunciazioni. Ma in punta di piedi. Non esiste solo ciò che è scritto. Il vizio di voler affidare solo alla parola il sigillo del reale. Tra le righe non dubito dell’Incontro ma della sua modalità. Che fosse immacolata la Vergine è solo questione di interpretazione. Comincio a mettermi in discussione. E con me i miei concetti. Abbasso le ali, movimento solo apparentemente anti angelico, si plana, ci si posa su cocci di bottiglia acuminati. Ci si ferisce. Un dogma serve per alimentare lo smarrimento .
“ E noi usciamo in punta di piedi lasciando Maria in una casa e un angelo allontanarsi. Usciamo in punta di piedi chiedendo a Dio di farci intuire che anche noi siamo chiamati a danzare e a cercare. A danzare con il Dio della gioia e a cercarlo, Lui che è con noi e che ci aspetta. Una danza con Dio ”.
Usavo spesso l’espressione della danza, allora, ora prediligo la stabilità, ben più misteriosa e divina.
“Immacolato è un foglio bianco, una coscienza nuova, un campo di neve non ancora attraversato. Immacolato è uno sguardo infantile, il progetto prima della realizzazione, una tovaglia in attesa di ospiti. ‘Immacolato’, nel nostro immaginario, è parola che cade prima della vita vera, antecedente i meccanismi del vivere. È un bianco vuoto e freddo. Non è parola di carne ma parola di puro spirito. Maria immacolata non sembra donna reale, è qualcosa di puro ed etereo, anteriore alla vita vera. Immacolato è parola antipatica, sappiamo che non dura, tradisce troppo nobili progetti. È l’istante della vittoria della perfezione su tutti i nostri cedimenti, un istante, appunto. Noi non siamo immacolati. Non ricordiamo neppure se lo siamo mai stati. Immacolato non ha sapore, profumo e memoria. Immacolato, per come lo intendiamo noi, non esiste. Istante sepolto nel sogno inconoscibile di Dio.
È che cerchiamo dalla parte sbagliata. Cerchiamo l’intatto prima dello sfregio, il candido prima dello sporco, il pulito prima della polvere. Cerchiamo dalla parte sbagliata, cerchiamo nel passato. Come se la storia fosse un lento degrado, una sporcizia che si accumula, una polvere che deposita .
È forse per questo che Dio cerca Maria, l’Immacolata, tra strade polverose e tanfo d’animale, tra botteghe e verdure al sole e trucioli di legna. Nei sobborghi di un villaggio e non tra i vapori d’incenso del tempio. Inversione di tendenza divina: immacolato non è il puro ma il vero. Immacolato, lo vedremo, non è da cercare al passato ma nella sua declinazione futura. Immacolato è frutto di un cammino nel tempo non fuga nell’irraggiungibile passato” .
“Anche ad Eva fu fatta la stessa promessa ‘sarai madre di tutti i viventi’, ma a quei tempi era amore senza reciprocità, a quei tempi fu Dio solo a non tradire l’amore, a quei tempi l’amore era rimasto affare privato di Dio, l’uomo subì e patì quella scelta: scelta preziosa perché consentì al Creatore di spezzare la spirale dell’odio, delle accuse e del peccato. Ma non era amore di relazione. In mezzo ci furono esodi, terre promesse e profeti, in mezzo ci furono esili e tende e arche e templi. In mezzo ci fu la storia della salvezza. Fino al giorno in cui la salvezza definitiva si fece storia. Grazie ad una donna innamorata e non spaventata dall’amore di Dio” .
2009, immacolato è il futuro
Nel 2009 un colpo di genio, decido di avere più coraggio. Una lunghissima introduzione e poi l’affondo: immacolato non è il passato, non il presente ma il futuro. Non male, credo, ancora insufficiente ma non male. Non mi pare una riflessione malvagia, potrei sottoscriverla pure ora. Penso a Gino, al suo tenero ricordo dell’infanzia, e mi convinco che è davvero così, è il tempo a rendere immacolati alcuni ricordi, sicuramente quelli attraversati dall’amore .
Dogma del tempo che viene immacolato perché purificato, di chi si ama si trattiene il gesto trasfigurato, lontani dalle inevitabili incomprensioni, al riparo dalla quotidianità che spesso sembra saper rendere mediocri i giorni, quello che rimane è il gesto immacolato nella sua intenzione. Ma lo si scopre dopo, alla fine. Forse questo vuole dire il dogma, che alla fine, dopo tutto, di Maria è rimasto intatto il gesto immacolato di un “sì” . Che sicuramente non aveva capito in tutta la sua deflagrazione ma che a distanza di anni appariva come il cuore incandescente del suo amore per la storia. In fondo i vangeli vengono scritti dopo. La concezione viene immacolata dal tempo.
2010, l’amore che rende immacolate le relazioni
Nel 2010 chiamo in causa Genesi e la prima donna, Eva. Nella mia riflessione parlo di paura, anche la mia danza si è fatta meno idealizzata. Imparo dalla pastorale le prime goffaggini e i primi tradimenti. Della concezione immacolata di Maria salvo la fiducia. La fiducia nell’amore. Non è forse per questo che stamattina Gino ha creato quell’altare? A perenne ricordo di un’alleanza . Dogmatico è solo l’amore, quello che rende immacolate le relazioni. Immacolato non è mai l’umana predisposizione ma la divina ossessione d’amore per la sua creatura. Questione di capire dove affondano le radici delle parole.
2011, mi incarto attorno al concetto di verginità
In tutte queste riflessioni manca ancora una riflessione sul peccato originale. Eppure il dogma lì vuole parare, che Maria ne era esente . Non capisco. Anno 2011, mi incarto attorno al concetto di verginità (forse perché il suo opposto ci pare sempre, sbagliando, poco immacolato) e termino con una preghiera:
Maria, donna dell’attesa,
aiutaci a imparare da te il gusto della verginità,
che è amore bruciante per la vita,
che è desiderio di abbracciarla, la storia, per fecondarla in vita.
Aiutaci a imparare la fiducia nella promessa.
Che è imparare il gusto di Dio, della quotidianità con Lui.
Aiutaci a non avere paura dei legami,
che non sono laccio che imprigiona,
ma l’unico passaggio possibile affinché
l’amore possa diventare vita.
2012, immacolata è ogni carne che non si nasconde dietro teorie
Nel 2012 mi perdo in un intellettualismo che ora reputo sterile, ma allora ci credevo. Usavo il termine “antropologico” con una frequenza imbarazzante e chiaro sintomo imitativo . Dell’uomo vero io ne avevo paura. Anche di me ne avevo. Perché l’umano è viscerale e istintuale e mal sopporta le categorie e le immacolate teologiche teorie. Ora comprendo che in quelle parole è quello che manca a essere interessante, l’umano vero, quello che puzza e sbaglia, delude e ferisce, quello che non obbedisce ai nostri schemi pastorali, chi rimane lontano dai nostri oratori e dalle nostre liturgie, l’umano che osa stare fuori dalla nostra categoria teo antropologica .
L’Amore che si incarna, ma che si incarna davvero, a rischio di perdersi, è più forte del peccato, ne decapita l’originalità. Stamattina Gino tremava dalla fatica, camminava respirando forte come per recuperare in fretta energie, il suo grembiule blu non riusciva a nascondere un corpo esile ma caparbio. Indomabile. Immacolata è ogni carne che non si nasconde dietro teorie.
2015, l’amore è stare sempre nelle mani altrui
Nel 2015 sono parroco ad Arcene, e sono passati anni, del seminarista non rimane quasi più nulla, incontro uomini e donne che picchiano duro, ho conosciuto prima il battere d’ascia che la mano di Gino, ma sono pochi, altri mi amano, amano Alessandro prima del prete, prima del mio fare. Sono loro che mi hanno salvato. Credo che anche questo sia qualcosa legato alla immacolata concezione, occhi che vedono il cuore, un cuore che è amabile ben prima del fare, prima del ruolo, prima dell’ordinazione . Qualcosa traspare anche nella mia riflessione:
Il cuore di Maria non è quindi cuore perfetto per un qualche privilegio divino ma cuore immacolato perché si è lasciato modellare docilmente dall’esistenza .
Dopo quella scelta folle di Dio, dopo aver capito che anche il Figlio non avrebbe forzato le decisioni umane. Dopo aver capito che l’amore fa sempre male… perché espone e ferisce. Perché è affare radicale di una vita intera. Perché è tutto o niente. Perché trasfigura. Perché trasforma. Perché è stare sempre nelle mani altrui.
Come quel giorno in cui il Creatore, come amante clandestino, si intrufolò in cuore di donna per strappare il “sì” che avrebbe potuto cambiare il profilo del mondo.
2017, tutte le distorsioni che ancora ci portiamo addosso
E poi, nel 2017:
Che la solennità dell’Immacolata Origine ci permetta di convertire il nostro sguardo da tutte le distorsioni che ancora ci portiamo addosso. Distorsioni del volto di Dio, dell’uomo e di noi stessi. Distorsioni che ci trasformano in persone impaurite e smarrite, spesso arrabbiate e violente . Distorsione che si cura solo fissando Gesù e comprendendo in profondità il suo stile. E quando ci sembrerà troppo difficile cambiare il nostro sguardo ricordiamoci che “nulla è impossibile a Dio” cioè che l’Amore, ma solo l’Amore, rende possibile ogni cosa, perfino la conversione più difficile, la nostra.
2018, immacolata è la vita che non perde tempo a cercare colpevoli ma ama
Mentre nel 2018:
Vivere da immacolati è avere in cuore l’esperienza di un Amato che inspiegabilmente sceglie di stare con noi. E non c’è merito, solo stupore. Immacolata è la vita che non perde tempo a cercare colpevoli ma ama. Solamente ama. Fino a dare la vita, nuda fragile e bellissima, senza sensi di colpa .
E mentre rileggo quelle parole non posso non ricordare i miei sogni di una vita senza conflitti che venivano saggiamente destrutturati dalla realtà. Volevo essere immacolato, nel senso di non causare dolori a nessuno, avrei voluto sacrificarmi pur di non creare fratture, che diabolico inganno!
Quando Gino parla della sua vita passata, sempre poco alla volta, mai invadente, mi sorprende l’apparente leggerezza che infila anche nei dolori. Una leggerezza saggia, di chi non finge, la vita è questo, la vita è sogno e incubo, la vita comunque chiede di essere attraversata . La natura non è la mamma buona e ferita dalla barbarie dell’uomo, non è l’idealizzazione difesa nei cortei delle nostre grandi città, la natura, quella vera, come la vita, è dura, spigolosa, violenta. Basta vivere vicino a un bosco, basta essere qui quando un temporale sembra volersi portare via tutto. La vita non è immacolata perché pura ma perché onesta, vera, schietta . Anche sfacciata. Benedetti i temporali che disperdono le false immagini che abbiamo di noi. Dogma della Concezione immacolata è forse questo sguardo vero sulla vita. Maria non era immune da niente, era donna, vera e pronta a essere attraversata dalle intemperie e quella visita angelica, qualunque forma abbia avuto, è stata solamente l’inizio di un itinerario duro e aspro. Maria è donna che ha resistito aggrappata alla terra del Calvario, fedele a una terra macchiata dal sangue del figlio.
2019, altro che marmellata, è melma
Anno 2019, ora ho vergogna ma all’epoca ricordo che questa riflessione aveva aiutato molti. La riporto solo per correttezza e umiltà. Parla di pane e marmellata, sembra impossibile ma giuro che è così:
Come può essere viva una vita senza macchia? Come possiamo immaginare la vita di Maria senza una macchia? Costretta a noiosissima perfezione? Ma perfezione rispetto a cosa? Alle regole religiose del tempo? Ma se poi il figlio dell’Immacolata dirà di essere venuto per i malati? Ma se il frutto dell’Immacolata se la prenderà esattamente con chi si impegna ogni giorno per non incorrere in peccato? Come credere in un Dio che per far nascere suo figlio nel fango dell’umano prepara, non si sa bene come, uno spazio senza ombra di male? E poi cosa è peccato originale? Ci si perde. A me le poi le macchie piacciono. I bambini si macchiano mangiano la marmellata. A una divinità senza sbavature preferisco un Dio che mangia la marmellata.
Di quell’esercizio di stile rimane vero il pensiero sull’immersione del Figlio tra le miserie del mondo. Altro che marmellata, era ed è melma, erano e sono sabbie mobili in cui è più facile perdersi che ritrovarsi . E poi cos’è il peccato originale? Questa è la domanda cardine che finalmente emerge e che serve per stare nel dogma dell’Immacolata. Per anni ho detto che peccato originale è che l’origine di ogni peccato è l’accusa, il cercare sempre un colpevole, il non sapere prendersi le proprie responsabilità. Genesi. Adamo incolpa Dio e la donna, Eva incolpa il serpente, e il paradiso svanisce. Gesù perdonerà dall’alto dell’albero della croce. E così può anche reggere. Ma il mistero del male è ombra è sfuggente, non può essere ridotto a spiegazione. Il male che affascina, il male con cui non possiamo non sentirci complici. Questa è la riflessione che manca, gettarsi nel mistero di un cuore immacolato pensando di dimenticare il delirante abisso che ci abita è ridurre tutto a… pane e marmellata .
(Foto Everett Collection)
La statua della piccola Madonna adesso è al sicuro nel cuore di un albero. Dentro. Che coraggio andare oltre la corteggia per inchiodarci un segno di bontà. Gino ha operato un gesto coraggioso. Divino e immacolato. Per quest’anno non aggiungerò altre parole, passando davanti a quella piccola statua idealmente mi toglierò il cappello e magari ascolterò quella struggente interpretazione di Giovanni Lindo Ferretti , compagno d’Appennino che anni fa cantava:
Madre di Dio
e dei suoi figli
madre dei padri e delle madri
madre,… oh madre o madre mia
l’anima mia si volge a te…
- Io, Gino e l’Immacolata concezione
- Gino, “sacerdote della natura”
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