Ogni paese della nostra provincia dovrebbe promuovere la scrittura di un libro come “Racconti del camino. Fantasie di Scanzorosciate e della sua gente”. Ne risulterebbe un grande mosaico di storie e leggende che hanno alimentato le nostre comunità in un periodo storico caratterizzato dalla vita rurale, quando l’industrializzazione era di là a venire. Bene dunque ha fatto il Comune di Scanzorosciate a sostenere il progetto di Corrado Fumagalli, l’ultimo capitolo di una trilogia di libri dedicati al suo paese: nel primo volume una ricerca storica e ambientale di Scanzo, nel secondo di Rosciate e le frazioni di Negrone, Tribulina e Gavarno, nel terzo una raccolta di tradizioni, leggende, storie orali (fermate sulla pagina scritta) e altri rivoli di quella cultura popolare contadina che fungeva da legame di una comunità, nelle feste comandate come nelle serate attorno al fuoco dopo una giornata di lavoro nei campi.
L’autore
Fumagalli era la classica persona anima di un Paese: amministratore e poi sindaco di Scanzorosciate, sindaco di Valgoglio per molti anni, promotore di iniziative a carattere storico, fondatore e segretario del Consorzio del Moscato di Scanzo – con cui portò il celebre vino in Europa e negli Stati Uniti –, componente dell’associazione Strada del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi. Diciamo “era” perché Fumagalli, dopo tre anni di malattia, non ha fatto in tempo a vedere conclusa la sua opera e solo grazie alla curatela di Pierangelo Signorelli, che ha raccolto e riordinato il materiale del volume, oggi possiamo avere tra le mani un libro prezioso, che ricostruisce la memoria di cosa fu Scanzorosciate prima dell’industrializzazione che coinvolse tutta la nostra provincia. Industrializzazione che non solo “strappò” dai campi i contadini ma, complice il Boom economico, diede una spallata non di poco conto a quella rete di racconti, suggestioni e credenze che erano lo spirito di un popolo, quello di Scanzorosciate, ma il discorso vale per la bergamasca tutta.
“È vero, mio padre è stato una delle anime di Scanzorosciate. Amava il paese e ha voluto tributargli tre libri, fra cui quest’ultimo, – ricorda il figlio Mario Fumagalli – in cui ha raccolto tantissimo materiale. Ma ha scritto anche su Valgoglio e su Sant’Agostino a Bergamo. Nella sua passione per la scrittura è stato facilitato dalla sua memoria fotografica, per cui aveva ricordo di tantissimi aspetti passati di Scanzorosciate e non solo. Un’altra sua grande passione era il Moscato di Scanzo, che attraverso il Consorzio da lui fondato, aveva portato in giro per il mondo”.
Il libro
La cancellazione della cultura popolare contadina è ciò che denunciava Pier Paolo Pasolini fra gli anni Sessanta e Settanta (“Io sono una forza del Passato. / Solo nella tradizione è il mio amore.”, scriveva nelle “Poesie a forma di rosa”), un fenomeno che è stato nitidamente raccontato qualche anno fa dallo storico Guido Crainz in “Storia del miracolo italiano”: senza alcun intento antropologico o sociologico, ma solo per l’amore nei confronti di un luogo di vita, Fumagalli, complice Signorelli, ha imbastito un compendio della memoria storica di Scanzorosciate, “io che provengo da una generazione che ha vissuto l’ultimo breve periodo di quel passato, ancora contadino, non più ripetibile”. Una narrazione interessante, a tratti curiosa anche per chi di Scanzorosciate non è.
Il libro si apre nostalgicamente con il racconto “di un anno di vita che rientra negli ultimi tempi di una vita ancora comunitaria” e Fumagalli fa notare lucidamente come la comunità fosse tutta la realtà delle persone e come invece il mondo là fuori non era come oggi cronaca quotidiana, ma i fatti venivano “subiti” (la politica nazionale e internazionale, ad esempio) “quasi fossero una proiezione cinematografica […] salvo quelli che in modo violento coinvolgevano i componenti di una famiglia o della comunità, quali la morte al fronte o nei campi di prigionia”. In quell’anno di vita Fumagalli racconta come si svolgevano “le ricorrenze tradizionali” (Natale, Carnevale, Pasqua etc.), com’erano allora la scuola, i giochi, le attività agricole “e tutti quegli aspetti che erano legati alla vita di ogni giorno”.
La narrazione continua con la descrizione di personaggi particolari: “Ol Giani scarpolì, che litigava sempre col Patell per via di Bartali e Coppi […] Ol Feminela che recitava ad alta voce le preghiere, ma alla sua maniera” cioè in un misto di latino e bergamasco, e poi Ol Bepi Begnì (che scommise di percorrere di corsa la tratta Lovere-Scanzo in quattro ore, e vinse), Ol Gema, grande fan di Giuliano Gemma tanto da sfregiarsi il viso come il suo idolo in un film. Non mancano personalità che si sono distinte nel tempo, come Ol Carlo Pitur, artista autodidatta (“Le case della gente di Scanzo e di parte dei bergamaschi possiedono almeno un suo quadro, soprattutto di natura morta.”) e Ol Savino, cioè l’ex segretario della Cisl Savino Pezzotta.
Ci sono poi i racconti e le leggende per bambini e adulti (“I folletti dei boschi di Gavarno”, “La notte della volpe”), narrati alla sera nelle stalle o nelle cucine: storie divertenti, paurose (“Ol portù del diaol” lungo la strada campestre che porta alla Madonna del Buon Consiglio di Villa di Serio) o legate a momenti particolari, che si perdono nella Storia più remota o scaturiscono dal presente, legate ad antiche credenze o alla religione – “Bastava talvolta una semplice alterazione dell’ordine abituale, come l’apparizione di un animale selvatico, il prodursi di eventi inaspettati, improvvisi cambiamenti climatici, per mettere a dura prova il modo di vivere di questa gente”. Ma in “Racconti del camino” c’è anche tanta realtà, come la Seconda guerra mondiale, il fascismo e la Liberazione vissuta dalla gente scanzese (il racconto delle peripezie del partigiano Angelo Trovesi, detto Il Pirata) e le sofferenze di chi venne internato in un campo di concentramento.
Ci sono poi filastrocche, indovinelli più o meno maliziosi, detti, canzoni e i soprannomi dati alle famiglie (i Manchì, i Bù, i Brignoi, i Marà, i Ciacio etc.). Il libro si chiude con un’appendice più istituzionale, che riporta l’elenco di tutti i Sindaci di Scanzorosciate fino ad oggi: da Ewald Savoldi (con un nome tedesco dovuto alla migrazione della famiglia in Baviera) a Davide Casati.
“Avevo incontrato l’architetto Corrado Fumagalli poco prima della sua morte – spiega proprio il sindaco di Scanzorosciate, Davide Casati – e mi aveva chiesto esplicitamente di completare la trilogia dei libri su Scanzorosciate perché era il suo sogno. Per quello che ha rappresentato per Scanzorosciate, per ciò che ha fatto per il Moscato ci è sembrato giusto appoggiare questa iniziativa e concludere l’opera che Fumagalli aveva avviato. Tante famiglie scanzesi hanno i suoi libri a casa: era un riferimento sia per la storia del paese che per il suo sviluppo urbanistico”.
Scritto in una prosa scorrevole, che ha il gusto dell’ironia e la sensibilità per la tragedia, “Racconti del camino. Fantasie di Scanzorosciate e della sua gente” è un libro di radici. Vuole conservare la memoria di un tempo e di un luogo che furono, contro lo sradicamento di quella che gli storici hanno definito la Grande Accelerazione culturale, sociale, financo esistenziale. Un trauma antropologico che ha velocemente portato le persone dai racconti intorno al fuoco alla televisione, dalla ghiacciaia al frigorifero, dal lavatoio alla lavatrice, dal senso di collettività ad un individualismo sempre più marcato, ma anche dalla fame al benessere. Fumagalli non rimpiange i bei tempi andati – che furono di privazioni, superstizioni e guerre: chi ha avuto la fortuna di ascoltare le testimonianze dei propri nonni lo sa bene – ma sottolinea solamente cosa abbiamo perso in cambio di cosa abbiamo guadagnato.
“Racconti del camino. Fantasie di Scanzorosciate e della sua gente” è in vendita presso il Consorzio del Moscato di Scanzo.