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Il vento generativo delle donne luccicanti

Articolo. Dopo la Festa delle Luccicanze, una riflessione sul femminile come chiave del nostro futuro. Perché è attraverso la capacità di accoglienza e generazione di ciascuno che possiamo impollinare il mondo

Lettura 4 min.

Tutto quello splendido profluvio di storie, voci, canti, musica e danza che è stata la Festa delle Luccicanze si è portato dietro un piccolo segno ricorrente nelle immagini del videoracconto andato in onda sabato sera. Il vento. Lo avete notato?

Durante tante delle letture delle nostre donne luccicanti spirava una brezza lieve, che muoveva le coperte isotermiche riadattate a vestiti e ornamenti, le foglie, i capelli e tutto ciò che ha la leggerezza per essere spostato. Sono quelle piccole congiunture casuali di accadimenti che fanno scaturire dei pensieri – pensieri che ora provo a spiegare, facendomi liberamente aiutare da qualche mente ispirata.

Quando aveva solamente sedici anni, Simone Weil scrisse alcuni testi raccolti poi in un libro, “Il bene e il bello” (Mimesis, 2013), che sparse già allora alcuni semi di quello che sarà il suo percorso filosofico. Ad un certo punto di questo libretto Weil scrive: “Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo”. È stato un oracolo il vento della Festa delle Luccicanze? E se lo è stato, cosa ha predetto?

Per provare a rispondere a queste domande, passiamo dalla grande francese ad una giovane cantautrice-violoncellista bresciana che mi è tornata in mente quando ho visto gli scorci ventosi della Festa. Lei si chiama Eleuteria Arena e qualche anno fa ha scritto un brano intitolato “Vento di possibilità. Senza andare oltre, a me pare che il titolo di questa canzone risponda con un buon grado di efficacia alla domanda di prima. Se il vento annuncia qualcosa, questo qualcosa riguarda le possibilità.

La prima di queste possibilità che mi viene in mente è la generazione: il vento trasporta il polline da pianta a pianta e da fiore a fiore. Si chiama impollinazione anemogama e viene considerata “primitiva”, poiché ha poca garanzia di riuscita a differenza di quella degli insetti. Nonostante ciò è generativa, pone nel mondo delle possibilità di futuro: fiori, frutti. Inventa il domani della natura.

Forzando un po’, è difficile non notare che nella parola inventare, o meglio in-ventare, c’è il vento. Qualcosa ci dice anche l’etimologia di inventare, che dal latino inventus è participio passato di invenire, ovvero “trovare, scoprire cercando”, oppure più propriamente “giungere a qualche meta”.

Le parole hanno spesso tante cose da dirci al di là del loro significato più comune, e difatti il vento in ebraico è ruah, che significa anche “respiro”, “alito”, “soffio”, oltre che “spirito”. Nella Bibbia il vento ricorre spesso, in senso positivo o negativo: Dio crea alitando. Ecco un’altra generazione, e il respiro è la testimonianza del nostro essere in vita e nel mondo, capaci di inventare e quindi di generare.

Al centro della Festa delle Luccicanze c’era il tema dell’accoglienza al femminile: questo hanno raccontato le donne luccicanti. L’accoglienza di donne migranti, o che hanno subito violenza, ma anche l’accoglienza della vita per quello che è: la nascita, il dolore, le mestruazioni e il primo bacio. Tutta vita che si genera, possibilità come scoperte, alternative, sorprese, incantamenti. Un divenire continuo. Esistenza ed esperienza di sé che fa il mondo. O come diceva Heidegger, da cui prendo in prestito la parola portandola verso un significato poetico che farà storcere il naso ai filosofi: mondeggia.

Mondeggiare è generare il mondo, porne una prospettiva futura che già in sé è generativa. Non secondo astrazioni, ma nel quotidiano concreto: ogni storia raccontata è un generare occasioni, spunti, percorsi che aiutino ciascuna – chi ha vissuto quelle storie, chi ne ha dato voce, noi tutti – a trovare se non proprio la felicità assoluta, dei piccoli momenti di contentezza che danno senso al nostro essere qui e ora.

Accoglienza dunque, e generazione. Che va ben oltre la maternità e il parto. Perché allarga l’idea di donna madre quando fa figli verso una visione femminile di donna che genera il mondo, per cui ogni donna è madre.

C’è una grande responsabilità, ma pure un’enorme possibilità feconda, nell’essere donna secondo questo significato, cioè nel praticare il proprio femminile. Una responsabilità che il maschio deve trovare in sé, nel suo femminile (che esiste: le nostre identità non sono fisse, ma porose) e praticare. Perché nel nostro presente le questioni sul banco sono tante, a partire da quella di un pianeta che a livello ambientale ha bisogno di accoglienza e generazione, non di sfruttamento e barbarie. È il mondeggiare che ci aspetta se vogliamo generare un futuro per la nostra discendenza, per i nostri figli e per i figli dei figli. Nel segno luccicante di un femminile generativo; in ballo c’è la nostra specie.

Come forse saprete, la Festa delle Luccicanze doveva essere lo scorso 8 marzo, secondo il nostro tentativo – che ormai va avanti da tre anni – di dare un significato sostanzioso ad una ricorrenza che rischia, come tante altre, di essere solo un conglomerato di retorica. Purtroppo l’8 marzo il nostro territorio era nel pieno della pandemia da covid-19 e quindi abbiamo dovuto spostare la Festa al 20 giugno, che nel frattempo però si è arricchita di significati.

Le donne che avete visto sabato sera in tv o in streaming erano passate, come tutti, attraverso la tempesta del covid-19. Un dolore che per alcune è entrato di prepotenza nella quotidianità e per altre è andato a sommarsi a una sofferenza ulteriore: c’erano donne che di tutto ciò portavano segni sul viso e altre che conducevano a noi, nonostante tutto, il palpito di un impegno vibrante: tutte però concorrevano a costruire la Bellezza. Ritrovare queste donne sorridenti e vitali a dare il proprio contributo luminoso alla luccicanza femminile è stato un modo per ritrovarsi, riviversi e curare le ferite di tutti: le loro di donne, le nostre di persone che le hanno affiancate in un cammino lungo e inevitabilmente tortuoso (e magari un poco anche le vostre, di voi che avete guardato e ci avete sostenuto).

Questo è prima di tutto la forza generativa della Festa delle Luccicanze. Una possibilità di rinascita, l’esigenza di un mondo nuovo dopo la paura e la violenza. L’intensità fiera e feconda dell’essere donna, dove femminile significa vita, in tutte le accezioni che possiamo immaginare. Il nostro domani passa da qui, dalla capacità che avremo di praticare l’accoglienza e la generazione. Di essere tutti luccicanti, impollinatori, mondeggianti. Di essere quell’aria che spirava fra un racconto e l’altro della nostra Festa e rendeva ancora più bello ciò che già lo era. Lo scrisse anche il grande poeta Paul Valery nel suo “Cimitero marino”: “S’alza il vento!… Affrontiamo la vita!”.

Mini-sito Sei la Benvenuta

(immagini di Marta Belotti, dai giorni di registrazione dei contributi alla Festa; immagine di primo piano Montanari)

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