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«I miei occhi erano tanto belli, dicevano». L’Iran, dove i manifestanti sono accecati da proiettili

Articolo. Dall’inizio della rivolta iraniana, nel settembre 2022, centinaia di manifestanti hanno perso la vista da uno o da entrambi gli occhi, a colpi di proiettili di metallo e plastica. Queste persone testimoniano come la Repubblica Islamica, nel ventunesimo secolo, dopo aver tolto vite, ricchezze e dignità al popolo iraniano, stia facendo di tutto per rimanere al potere

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Sheghi Papavero («Papavero» è la traduzione in italiano del cognome) è una donna iraniana, nata a Teheran, che dal 2011 vive a Bergamo. Da quando è iniziata la protesta in Iran contro il regime degli ayatollah, è una delle principali attiviste che tengono alta l’attenzione nella nostra città, che da anni ha accolto una comunità iraniana molto numerosa.

Il riflesso delle denunce dei manifestanti colpiti agli occhi è molto ampio. Sui social media, gli utenti stanno cercando di mettere in contatto i feriti con alcuni oculisti, vista l’impossibilità di gran parte delle vittime di avere accesso a un medico. Mentre una manifestante stava protestando in piazza a Teheran, un soldato ha alzato la canna della sua pistola da una distanza di tre metri e le ha sparato in un occhio. La donna ha detto: «Ci siamo guardati negli occhi e poi è diventato tutto nero».

La manifestante, soprannominata Negar, mette subito una mano sull’occhio, ha paura che le esca e di perderlo. Così com’è, guida finché non raggiunge l’ospedale. Qui le dicono che non possono curarla, perché l’ospedale è controllato dal governo iraniano. In seguito, un ospedale la accetta. Negar subisce un intervento chirurgico 24 ore dopo essere stata colpita a un occhio. Negar, 19 anni, mi ha parlato al telefono dall’Iran. L’ufficiale che le ha sparato l’ha considerata una dei tanti manifestanti in prima linea che ogni notte si recano in piazza per affrontare le forze di repressione. Negar dice: «Conoscevo la sua faccia e lui conosceva la mia». L’effetto dello sparo, da distanza ravvicinata, è devastante.

Secondo le stime di medici e centri sanitari, Negar è solo una delle centinaia di persone gravemente danneggiate dalle forze di repressione. Almeno 800 iraniani sono morti e migliaia sono rimasti feriti nelle proteste antigovernative, ampiamente represse in tutto l’Iran. Uno dei modi che il governo ha usato per reprimere la rivolta del popolo iraniano è stato quello di colpire agli occhi coloro che partecipano alle proteste.

Secondo i rapporti di numerosi ospedali e cliniche oftalmologiche, le ferite agli occhi dei manifestanti includono lesioni alla retina, gravi danni ai nervi ottici e iridi perforate. Molti manifestanti non hanno avuto altra scelta che recarsi negli ospedali governativi per le cure. Ospedali dove spesso le forze repressive abbondano. Secondo avvocati e medici, ad alcuni feriti non è stato permesso di essere curati e altri sono stati arrestati dopo un intervento chirurgico. Le immagini delle TAC, condivisi dal personale medico e dai gruppi per i diritti umani, sono strazianti: volti posti uno accanto all’altro, trafitti da proiettili. In uno dei documenti medici pubblicati, emergono i dettagli del dolore e della sofferenza di un manifestante di 22 anni a cui erano stati strappati entrambi i bulbi oculari.

Un oculista, che ha chiesto di non essere nominato, ha detto in una telefonata da Teheran: «In molti casi, non c’è niente che possiamo fare». Dice anche dei pazienti in cura: «Erano scioccati e non potevano credere di aver perso la vista e gli occhi così all’improvviso». Dice che cerca di dare speranza ai suoi pazienti ma, per esperienza, l’intervento chirurgico per lesioni così gravi spesso non va a buon fine. Rivela anche come il suo telefono sia pieno di messaggi vocali di manifestanti, familiari e medici che chiedono consigli.

Secondo le stime degli oculisti di tre grandi ospedali di Teheran, nei reparti oculistici sono stati ricoverati almeno 500 pazienti con gravi lesioni agli occhi, e molti di loro sono arrivati in ospedale perché proiettili di plastica e metallo, perforando il bulbo oculare, sono penetrati nel cranio. In risposta a queste segnalazioni, 230 medici in una dichiarazione congiunta indirizzata al governo iraniano hanno messo in guardia sulle «conseguenze irreparabili di lesioni oculari così gravi».

La madre di Negar dice di non aver mai visto scene del genere e ciò a cui ha assistito è stato davvero straziante. Non era a Teheran, ma è tornata per stare vicina a sua figlia. In un’intervista telefonica, la madre di Negar ha raccontato che quando va in ospedale si trova di fronte a scene orribili: «C’erano circa 20 pazienti in fila per un intervento agli occhi. Un uomo aveva parzialmente perso la vista dopo essere stato colpito da 24 proiettili. Una bambina di quattro anni stava camminando nel corridoio dell’ospedale con gli occhi bendati e gli agenti soppressivi andavano di stanza in stanza e scrivevano il nome e il numero del letto del paziente».

In alcuni casi, le forze repressive hanno impedito ai chirurghi di portare a termine l’intervento o li hanno costretti a dimettere i pazienti prima del trattamento completo. Molti hanno anche fatto pressioni sul personale medico dell’ospedale affinché fornisse informazioni sui manifestanti feriti e ricoverati. Negar ha riferito anche che quando è stata ricoverata in ospedale ha sentito un agente chiedere di lei. «Sapevo di avere pochissimo tempo per scappare».

La madre di Negar, con l’aiuto di un amico di famiglia, è riuscita a far scappare la figlia. Negar indossava ancora la divisa dell’ospedale quando sua madre l’ha portata a casa di un’amica in taxi. Due giorni dopo, una volta riprese le forze per potere viaggiare, la madre ha comprato due biglietti dell’autobus, in modo che lei e Negar potessero lasciare Teheran insieme. L’obiettivo di Negar oggi è quello di mostrare al mondo cosa le ha fatto la Repubblica Islamica, e la prova di ciò è la sua faccia rovinata per sempre.

«Il silenzio è tradimento» . L’operazione agli occhi di Elaheh Tavaklian

Elaheh, una manifestante il cui occhio è stato colpito dalle forze governative, è stata operata a marzo a Milano. È madre di due bambini piccoli che ha lasciato in Iran, è arrivata a Milano con l’aiuto di attivisti sociali ed è stata operata all’ospedale San Raffaele.

Nel video che ha pubblicato prima dell’intervento, questa giovane donna ha affermato di essere viva per raccontare la crudeltà che le è capitata: «Oggi toglieranno dai miei occhi questo ospite non invitato: una festa molto violenta, una festa molto crudele e che ha portato con sé la crudeltà. Ma sono viva per ritrarre questi eventi e mostrare questo tradimento».

Nel video, Elaheh parla del suo intervento: i medici hanno detto che il proiettile si è spostato dall’occhio alla testa e ha causato un’infezione. Elaheh continua definendo «traditori» coloro che rimangono in silenzio di fronte all’oppressione e al dolore dei giovani che protestano in Iran.

«I miei occhi erano molto belli... tutti dicevano» . La testimonianza di Ghazal

Yasmin Pahlavi, la moglie del principe Reza Pahlavi, ha scritto in un post su Instagram, come reazione alla cecità dell’occhio destro di Ghazal – un’altra vittima: «La Repubblica Islamica ha preso il suo occhio, ma non il suo potere. Noi saremo i suoi occhi e lei la nostra ispirazione». Ghazal ha scritto in un testo: «L’ultima immagine che il mio occhio destro ha registrato è stato il sorriso di quella persona quando ha sparato».

La storia di queste ragazze è una goccia nel mare di oppressione del regime iraniano, e noi iraniani da lontano chiediamo in ogni momento come possiamo aiutare il nostro popolo. Purtroppo c’è poco da fare, ma è importante che tutti sappiano cosa è successo e cosa sta accadendo. Fondamentale, infine, è che i paesi occidentali eliminino ogni rapporto politico e commerciale con questo regime antiumano.

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