Il femminismo non parla solo delle donne ed essere femministe non significa condurre una battaglia contro gli uomini, ma lottare verso il superamento di quegli stereotipi culturali e di genere di cui è permeata e sui quali si struttura la società.
Una prospettiva utile sarebbe ammettere che non esistono colpe ancestrali da espiare e nemmeno doveri di genere da assolvere ad ogni costo; ciò che può portarci verso la strada della parità – e non dell’uguaglianza, perché, no, non siamo tutte e tutti uguali – è un processo di smascheramento delle sovrastrutture opprimenti che schiacciano a forza gli esseri umani dentro una o l’altra casella, come modelli in dovere di aderire alle aspettative. Favorire le diversità al fine di mettere in discussione quei ruoli imposti che stringono l’identità all’interno di strutture sociali, rivelando le fragilità presenti in ogni individuo; da dove partire, se non da un percorso di consapevolezza?
Al Centro Divenire, centro di psicoterapia umanistica integrata di Torre Boldone, un gruppo tutto al maschile si dà appuntamento da più di dieci anni per affrontare insieme un percorso di psicoterapia e di indagine sull’identità: il “Cerchio degli uomini”.
Abbiamo fatto qualche riflessione insieme a Gloria Volpato, psicoterapeuta e fondatrice, responsabile dell’equipe clinica e direttrice del Centro, e Claudio Agosti, conduttore del cerchio degli uomini e specializzato in analisi bioenergetica, un approccio psicoterapeutico a mediazione corporea, e in un metodo basato su radici archetipiche attraverso l’approccio della psicologia analitica di C. G. Jung.
La Dottoressa Volpato ne racconta la genesi: “Il cerchio è nato dieci anni fa, all’epoca lavoravo da sola, non aveva un’equipe, che è poi nata anche grazie a questa esigenza; all’interno dei colloqui individuali ho capito che c’era il bisogno di costruire uno spazio dove gli uomini potessero riconoscersi e ritrovarsi anche solo per cominciare a creare una rete di rispecchiamento e di solidarietà su certi temi”. La principale potenzialità del gruppo è quella di essere un moltiplicatore di esperienze ed apprendimenti utili per la vita quotidiana. Si tratta di contesto protetto, più vicino all’esperienza reale di vita sociale rispetto ai colloqui individuali.
“Avevo notato come gli uomini fossero poco consapevoli della dipendenza che spesso avevano nei confronti delle donne, e che poi poteva manifestarsi sottoforma di abuso di potere e svalutazione, o soprattutto, nell’incapacità di creare dei rapporti intimi, profondi, di scambio con le donne e non narcisistici, quindi non basati su degli aspetti più superficiali, più di mostra di sé; un’incapacità di creare rapporti che spesso si traduceva in solitudine”, specifica Volpato.
Il contesto di gruppo si rende così utile come primo approccio ad un percorso personale, quale potenziamento ed affinamento di una terapia individuale già in corso, o di mantenimento delle acquisizioni ottenute da un ciclo già concluso, ma anche come percorso terapeutico con una sua validità esclusiva.
Un processo non soltanto basato sullo scambio verbale tipico dell’analisi, ma anche lavorando sul corpo come strumento liberatorio. A condurre gli incontri è il Dottor Agosti: “Nel mio lavoro cerco sempre di creare uno spazio che mi permetta di arrivare alla ferita. Un tema che emerge spesso in uomini che rischiano di diventare violenti è quello del rispetto, come se ci fosse qualcosa di profondo che gli viene toccato, di insito ed assimilabile all’animale con ferite scoperte, che reagisce in maniera spropositata. Il tentativo è quello di andare a contattare la verità, provando a capire da dove nasca il bisogno di attaccare, se si sente la necessità di mostrare questa forza, evidentemente c’è una falla nel sistema di difesa. È quindi importante arrivare alla ferita, svelare quella parte fragile presente in chiunque, risvegliare quella controparte femminile della psiche dell’uomo che Jung chiama Anima”.
Il maschile presente nel femminile, ed il femminile presente nel maschile: “portare gli uomini ad entrare in contatto con le loro parti vulnerabili, le parti molli, con la loro parte Anima, quel femminile che tutti gli esseri umani hanno”, spiega la Dottoressa Volpato.
Negli studi di genere si considera il corpo come un luogo politico da cui partire per lavorare su sé stessi attraverso la consapevolezza, fino a giungere alla cognizione del nostro corpo all’interno della società. Un percorso tutt’altro che semplice, chiarisce Volpato: “La difficoltà sta nel motivare gli uomini sulla opportunità di fare un lavoro interiore che sappia andare oltre al pregiudizio per una crescita personale necessaria. Io dico spesso che uomini si diventa. È un linguaggio che fa riferimento agli slogan femministi degli anni 70, ‘donne si diventa’, ecco, gli uomini non hanno fatto questa rivoluzione, nascono maschi e il rischio è che continuino a rimanere maschi, cioè ad essere coinvolti da tutti quegli stereotipi di machismo e virilità, senza mai fare davvero la scelta di diventare uomini”.
Promuovere l’energia, la vitalità, la sensibilità e il contatto di sé, entrare intimità con il proprio sé corporeo ed emotivo troppo spesso sopito da pregiudizi, schemi mentali, spinte genitoriali e societarie. Si suppone che, conoscendosi, si sviluppino gli strumenti per evadere dagli schemi imposti, come chiarisce il Dottor Agosti: “c’è sicuramente ancora pregiudizio educativo che arriva dall’infanzia, dove i maschi sono spinti verso il campo da calcio e le femmine a fare danza, però c’è anche qualcosa di più profondo che risponde ad un archetipo del maschile legato alla storia dell’umanità, quello che viene definito poi il patriarcato”.
Così il gruppo si propone di essere un contesto per esprimere il proprio essere uomo, in tutte le sue sfaccettature, senza giudizi e pressioni da parte dell’altro. In un momento storico in cui l’essere uomini è sempre più complesso, fra machismi di superficie e sensibilità umiliate, il Cerchio può rappresentare la ricerca e la sperimentazione di una nuova identità maschile, integra ed integrata.
La scarsità di educazione e formazione, anche a livello accademico, aggravano la difficoltà nell’elaborazione di un pensiero critico riguardo al concetto potere maschile; pensiero critico ulteriormente indebolito dalla narrazione culturale di una presunta naturalità, che ha generato comportamenti di frustrazione in uomini convinti di non avere abbastanza autorevolezza sulle donne, di non essere abbastanza forti o rispettabili.
Cosa c’è di sbagliato? Il presupposto che impone all’uomo di essere potente. “Il potere, come si dice, corrompe. Non esistono poteri buoni, la frustrazione deriva dall’evitare a tutti i costi il contrario del potere, cosa che viene letta come umiliazione e vergogna”, spiega Agosti, che conclude con quella che sembra essere l’unica alternativa alle costrizioni: “credo sia già una buona chiave spostare il discorso, che il punto non sia uomini contro donne, ma cura del maschile e cura del femminile”.