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Dalla «Lucia di Lammermoor» alla «Dalinda»: la fama di Donizetti passa per il Sudafrica

Articolo. Il Sudafrica ama le opere di Gaetano Donizetti. Il compositore bergamasco sta vivendo un periodo di fama senza precedenti tra Città del Capo e Johannesburg. Nell’ultima stagione lirica, infatti, la Cape Town Opera House e il Joburg Theatre hanno ospitato una versione della «Lucia di Lammermoor» donizettiana rivista e reimmaginata da Angelo Gobbato, ex-baritono italo-sudafricano e co-fondatore del teatro dell’opera di Città del Capo.

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Gaetano Donizetti

A settembre una compagnia emergente sudafricana ha messo in scena per la prima volta nella storia la «Dalinda», un’opera di Donizetti risalente al 1838 e mai rappresentata in Europa - se non altro perché gran parte del suo libretto è stato ricalcato su quello della ben più famosa «Lucrezia Borgia» del 1833. La notizia ha dato così scalpore che persino il New York Times ne ha parlato. Ma cosa spiega questo improvviso amore per Donizetti in un contesto così diverso da quello bergamasco, italiano ed europeo in cui l’autore è stato immerso per tutta la vita?

Una «Lucia di Lammermoor» quasi irriconoscibile

Uno dei motivi alla base del successo delle opere donizettiane è il rimando ai valori universali che richiamano, le loro trame ormai classiche e i personaggi così famosi da essere diventati dei modelli per l’intero mondo del teatro lirico. «La “Lucia di Lammermoor” incanterà tanto gli appassionati di lunga data quanto i neofiti dell’opera con una storia senza tempo di amore, tradimento e follia. L’opera è tanto rilevante oggi quanto lo era nel 1835, quando è stata messa in scena per la prima volta», si legge sul sito web della Cape Town Opera House, che ha ospitato la rappresentazione dal 14 al 23 giugno scorso. Il successo è stato enorme, da sold-out dopo pochi giorni di prevendite. Le recensioni sono state entusiaste, nonostante le critiche rivolte al produttore e regista Angelo Gobbato , accusato talvolta di essersi spinto troppo in là nel revisionismo dell’originale donizettiano. «Credo che la “Lucia” si adatti molto bene alle sensibilità del pubblico sudafricano, in larga parte di formazione anglosassone. D’altro canto, il libretto dell’opera è stratto da un romanzo storico di sir Walter Scott», spiega Gobbato, che però aggiunge: «Dall’altra parte, ovviamente, c’è la forte fascinazione per l’Italia, il Paese che più di tutti viene associato all’opera. Nel vasto panorama dei compositori lirici italiani, Donizetti ricopre un ruolo tutto suo, soprattutto agli occhi del pubblico internazionale: è molto meno conosciuto di Rossini e Verdi, per esempio. Ma è pur sempre una figura di enorme rilevanza artistica: per questo abbiamo deciso di portarlo a Cape Town e Johannesburg», continua Gobbato.

Certo, però, che la “Lucia” rappresentata in Sudafrica è ben diversa da quella a cui siamo abituati in Italia. A cementarne il successo è stata la scelta dell’attrice protagonista: Lucia è interpretata dal soprano Brittany Smith, astro nascente dell’opera di Cape Town, elogiata da tutte le testate del Paese per la sua incredibile performance. Anche il giovane direttore d’orchestra, l’amatissimo Kamal Khan, metà indiano e metà statunitense e che combina la carriera da cantante per Bollywood con quella da Maestro lirico, ha contribuito al clamore mediato dell’opera. E poi ci sono state le tante - e controverse, almeno agli occhi dei critici più tradizionalisti - revisioni al libretto e alla narrazione effettuate da Gobbato. Una delle scelte più apprezzate dal pubblico è stata quella di trasformare Normanno, un personaggio secondario, nel nemico principale dell’intera pièce: «Non è più un semplice aiutante del “vero” cattivo, Enrico, ma una figura davvero tridimensionale. È colui che ha il compito di curare le persone ma che usa le sue conoscenze per i propri scopi. Con questa sua riscrittura ho voluto mettere a nudo tutti quei medici che utilizzano il loro lavoro per sfruttare i loro pazienti», spiega Gobbato. Una critica sociale (anzi, quasi politica) che non aveva molto senso nell’Italia del XIX secolo e che non lo avrebbe nemmeno oggi, in un Paese in cui la sanità è pubblica. Ma nel Sudafrica delle assicurazioni sanitarie private, dove a curarsi è solo chi può permetterselo, le cose cambiano profondamente.

I cambiamenti alla trama, però, si spingono persino più in là: la “Lucia” andata in scena a Città del Capo e Johannesburg è un’opera molto più cruda, sensuale e sanguinolenta dell’originale donizettiano. «Normalmente, sul palco il sangue appare solo nella famosa scena della follia di Lucia, quando la protagonista uccide il marito Arturo, che è stata costretta a sposare con la forza nonostante avesse già dichiarato il suo amore per Edgardo. In questa versione, invece, il sangue scorre copioso. La colpa è di Normanno: egli è geloso della gravidanza di Lucia - un’altra novità assoluta di questa revisione della rappresentazione - e in un impeto di rabbia arriva a compiere un gesto terribile, che infine porta ad altri spargimenti di sangue. Non posso dire altro, altrimenti rovinerei l’esperienza al pubblico. Ma sicuramente non si tratta di un’opera per i deboli di cuore», conclude Gobbato.

Un’opera (semi)sconosciuta

Tra il 4 e l’8 settembre, invece, la compagnia studentesca «Opera UCT» dell’Università di Cape Town ha messo in scena la prima rappresentazione della «Dalinda» donizettiana. Non la prima del continente africano, sia ben chiaro, ma la prima in assoluto. L’opera, infatti è stata riscoperta solo nel 2019, a Napoli, e finora nessun teatro occidentale l’aveva mai inserita nel proprio cartellone. Le cose potrebbero cambiare con la stagione lirica del 2024/2025, ma il Sudafrica ha largamente anticipato i tempi, con una versione dell’opera dall’estetica che strizza l’occhio alla tradizione artistica dell’etnia Xhosa e dalla doppia traduzione in inglese e IsiXhosa - l’idioma dei Xhosa, nonché una delle 11 lingue ufficiali del Sudafrica. Una serie di scelte decisamente bizzarre per una storia ambientata nel XII secolo, all’epoca delle Crociate, ma che sembra aver funzionato alla grande, stando alle prime recensioni. La pièce, in particolare, è stata lodata per le sue musiche, in parte ripescate dalla «Lucrezia Borgia» dello stesso Donizetti (di cui la «Dalinda» è poco più di una copia-carbone) e in parte composte da zero dagli studenti dell’Università di Città del Capo.

Ma come ci è arrivata la «Dalinda» a Cape Town? Dopo la scoperta dell’opera - per puro caso, cinque anni fa, nella biblioteca del conservatorio di Napoli - i suoi diritti sono stati acquistati dalla «Tinder della lirica», l’organizzazione Opera Co-Pro, che si occupa di mettere in contatto compagnie di tutto il mondo per lo sviluppo di progetti teatrali condivisi. A guidare «Opera Co-Pro» è un’italiana, Ambra Sorrentino, che per puro caso conosce Jeremy Silver, direttore di «Opera UCT» e grande esperto di Donizetti, al punto da aver già condotto diverse sue opere minori in Africa e in Europa. E così parte un sodalizio a metà tra Italia e Sudafrica, che in breve diventa anche un’amichevole corsa contro il tempo: anche una compagnia ceca, infatti, inizia a organizzare la sua rappresentazione della «Dalinda». Alla fine, «Opera UCT» arriva sul palco per prima, stabilendo uno storico primato per il suo Paese. Ma ciò non significa che la fatica di Donizetti resterà relegata ai teatri di Città del Capo. Al contrario, il gruppo indipendente dell’Università di Cape Town si occuperà anche di tradurre libretti e testi in altre lingue, nonché di rivedere le composizioni utilizzate per la prima rappresentazione, per poi metterle a disposizione di tutte le compagnie che fanno parte di «Opera Co-Pro». In questo modo, la «Dalinda» potrà tornare in Europa, in Italia e - perché no - magari anche a Bergamo, nella patria di Gaetano Donizetti.

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