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Cuba in ginocchio: salta la rete elettrica e dai Caraibi arriva il tifone Oscar. Ma l’embargo americano resta

Articolo. Cuba è al collasso: la rete elettrica è in crisi, complici guasti alla centrale Antonio Guiteras e l’embargo USA. Il tifone Oscar ha aggravato la situazione, devastando Guantánamo. Crisi economica e carenze alimentari peggiorano, spingendo molti a emigrare. Preoccupano fame e instabilità sociale.

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L’allagamento della chiesa di San Antonio del Sur

«Ho visto una Cuba diversa dal solito, diversa da quella che sono abituato a vedere». Don Massimo Rizzi, direttore del Centro Missionario Diocesano (CMD) di Bergamo, non usa mezzi termini per descrivere le durissime condizioni dell’isola caraibica, dopo esserci stato a fine ottobre. Un tempo meta amatissima dai vacanzieri di tutto il mondo, oggi Cuba se la vede con una crisi economica e sociale tra le peggiori della sua storia - ulteriormente complicata dai dazi americani, che certamente non si ridurranno ora che Donald Trump è tornato alla Casa Bianca - e con un sistema elettrico ormai al collasso, che nel solo 2024 ha causato due blackout della durata di diversi giorni diffusi in tutto il Paese. A peggiorare le cose c’è stato poi il tifone Oscar, che ha colpito l’isola tra il 21 e il 22 ottobre e da cui ancora oggi, a più di un mese di distanza, L’Avana non è ancora riuscita a riprendersi. La provincia più devastata è stata quella di Guantánamo, la più orientale: in una delle sue maggiori città, Baracoa, si trovano alcuni sacerdoti della diocesi di Bergamo, a cui si è recentemente unito un nuovo seminarista. Il racconto di Don Massimo Rizzi parte proprio da qui, dalle zone più colpite dal tifone Oscar.

Il tifone e l’isola al buio

«La situazione era critica ancor prima di partire, al punto che ho messo in dubbio la possibilità di recarmi a Cuba. Due sono i motivi che mi hanno quasi portato a desistere. Il primo è che, a causa di un incidente all’interno della centrale termoelettrica cubana, tutta l’isola è rimasta al buio per tre giorni [dal 18 al 22 ottobre, ndr]. La questione ha goduto di una certa risonanza mediatica nazionale e internazionale, anche perché il blackout si è combinato con il tifone Oscar, che ha colpito tra il 21 e il 22», spiega Don Massimo.

Una situazione da incubo, per chi viveva sull’isola: l’assenza di corrente elettrica ha reso impossibile per le autorità comunicare efficacemente con le province e con le città, e ancor meno con i villaggi. «Il tifone era stato annunciato come un fenomeno di “Forza 1”, ma probabilmente quando ha toccato Cuba era più intenso delle previsioni. La zona in cui ci trovavamo noi bergamaschi è stata la più colpita: Oscar è entrato nella Bahia de Mata, a nordest, la cui parrocchia è gestita da un prete di Bergamo, ma ha colpito anche San Antonio del Sur, nel sudest, praticamente in fondo all’isola, poco prima del Mar dei Caraibi», continua il Direttore del CMD della nostra città, che addirittura conferma di non essere riuscito ad arrivare a San Antonio del Sur da Baracoa a causa dei problemi causati dalle inondazioni e dalle alluvioni nei collegamenti tra i centri medio-grandi e quelli più piccoli: «avevamo in programma di andare, ma quando si è rimesso a piovere dopo il tifone non ce la siamo più sentita. Il tratto che dovevamo percorrere era montuoso, e il rischio era quello di finire sotto una frana o di rimanere bloccati sulla strada, in mezzo ai detriti di due frane. Poi i fiumi si sono ingrossati, e non siamo riusciti a uscire nemmeno da Baracoa».

Secondo i dati ufficiali, in effetti, i bergamaschi a Cuba si sono trovati letteralmente nell’occhio del ciclone: San Antonio del Sur è stato il villaggio più colpito di tutta l’isola, insieme a Imías, almeno stando alle parole del Presidente Miguel Díaz-Canel, che durante una conferenza stampa di fine ottobre ha detto che «le alluvioni causate dal tifone hanno raggiunto dei livelli che storicamente non sono mai stati registrati nel nostro Paese». Sempre a San Antonio del Sur ci sono state anche le uniche (per ora) sei vittime accertate dell’uragano. La catastrofe ha fatto montare la tensione nella provincia di Guantánamo, al punto che la BBC riporta di alcune proteste popolari contro il regime dell’Avana a inizio novembre, dalle quali però non sembra essere scaturito un movimento di contestazione più ampio.

Il grido dei manifestanti era «riaccendete le luci», un chiaro riferimento al fatto che la corrente elettrica non fosse ancora stata ripristinata in alcune aree limitrofe del Paese quando Oscar ha colpito. Ma com’è possibile che Cuba fosse quasi completamente al buio mentre un uragano senza precedenti si avvicinava alle sue coste? I problemi alla rete elettrica nazionale cubana risalgono in realtà a inizio 2024: il 13 febbraio, quasi metà dell’isola è rimasta senza corrente, mentre lo stesso è successo a cadenza intermittente a marzo, con un picco di 18 ore di buio nelle città principali il 17 marzo. Come spiegava Don Massimo, il problema è il principale impianto termoelettrico di Cuba, l’Antonio Guiteras Thermoelectric Power Plant, che ha iniziato a soffrire di malfunzionamenti a inizio anno e che si è “fritto” a ottobre, prima che i tecnici riuscissero a sistemarlo.

Una crisi energetica, economica e sociale

Ma la vera radice dei problemi elettrici di Cuba è più profonda. Se un generatore è rotto, lo si ripara. Ma allora perché l’Avana non ha fatto lo stesso con la sua maxi-centrale termoelettrica? La risposta è che semplicemente non poteva farlo: i pezzi di ricambio, infatti, non possono essere importati nel Paese per via del soffocante embargo degli Stati Uniti. O almeno questa è la versione ufficiale di Díaz-Canel e del suo governo. Al contempo, i rifornimenti di petrolio dalla Russia e dal Venezuela - i due storici alleati del regime castrista - sono a loro volta fermi a causa delle sanzioni americane. Così, anche i generatori alternativi a quello principale restano spenti.

Quello dei blackout è l’esempio più recente e più evidente di come l’embargo americano su Cuba (a differenza di quello su altri Paesi ben più minacciosi, come la Russia o l’Iran) stia duramente impattando sulla vita degli abitanti dell’isola. Sempre le mosse di Washington, peraltro duramente condannate nel corso dell’ultima seduta dell’Assemblea Generale dell’ONU, hanno fatto sprofondare Cuba in una grave crisi economica. Le conseguenze di medio e lungo periodo di questa nefasta concomitanza di eventi - continuazione dell’embargo americano, tifone Oscar e guasti alla rete elettrica - saranno gravissime: «nelle zone rurali le cose vanno molto male. Il tifone ha intaccato l’economia di base, di sussistenza, dei villaggi, che ora non riescono più nemmeno a coltivare la manioca e i platani necessari a sopravvivere. Il rischio, quello che preoccupa anche i nostri missionari, è che la distruzione dei campi causata dalle alluvioni ci porti a una stagione senza raccolti, e dunque senza cibo», afferma Rizzi.

Anche guardando all’economia cubana da un punto di vista più ampio, le prospettive non sono delle migliori. Il PIL cubano si ridurrà dell’1-2% rispetto al 2023 nel 2024, ha dichiarato a Reuters il Ministro dell’Economia di Cuba Alejandro Gil. E quando aveva fatto le sue previsioni non aveva considerato il tifone di fine ottobre, ha costretto gli analisti a rivedere le loro stime al ribasso. Ancora peggio, a fine novembre il governo cubano ha annunciato un piano di contingentazione dell’energia elettrica, che potrebbe colpire duramente il turismo e il commercio. La disoccupazione galoppante ha poi causato un’emigrazione di massa dei cubani verso l’estero: El Pais parla di un crollo demografico di due milioni e mezzo di persone tra il 2022 e il 2023, a causa della fuga dei giovani verso gli Stati Uniti e l’America Latina.

E anche chi sta sul campo racconta uno scenario a tinte fosche: «quello che dicono i missionari è che la situazione peggiora sempre di più. Recentemente, sono rientrati da Cuba due sacerdoti che ci hanno vissuto per 25 anni. Un altro è ancora lì, e sull’isola ha trascorso gli ultimi dieci anni. Nessuno pensava che fosse possibile, ma le testimonianze dicono tutte la stessa cosa: a Cuba le cose vanno molto male, e ogni giorno le condizioni economiche e sociali peggiorano un po’ di più. La preoccupazione più impellente, ora, è quella relativa al cibo», conclude il direttore del CMD di Bergamo.

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