Un’occasione per pensare, un’opportunità per vivere esperienze condivise. Si profila così «Mappe, attraversare le geografie dell’imprevisto», terza (e ultima) parte di «Prossimi futuri», festival organizzato dal gruppo Aeper, che, cominciato verso la primavera dell’anno scorso, si concluderà il prossimo aprile. «Il festival esplora temi cruciali come il futuro, l’interdipendenza, la vulnerabilità e la cura – spiega Rosita Poloni, responsabile del settore comunicazione e raccolta fondi di Aeper –, attraverso eventi culturali e artistici aperti a tutta la comunità (e a linguaggi e prospettive differenti), il festival, che coinvolge diverse realtà del territorio bergamasco e nazionale, non si struttura come mero insieme di conferenze ma, al contrario, mira a stimolare un dialogo collettivo sulle sfide legate alla fragilità e al cambiamento sociale, anche e soprattutto grazie all’arte e ai percorsi formativi».
Un’idea di cura: ripensare interdipendenza e vulnerabilità
Tematiche che sono inscindibilmente legate alla vita. «In questi anni, abbiamo imparato che lavorare assieme è qualcosa di estremamente necessario, se si desidera raggiungere buoni risultati occupandosi del bene comune – afferma Poloni – E il bene comune è sempre incarnato dalle persone. Per questo motivo, il tema dell’interdipendenza è, se così si può dire, un tema fondativo. Penso, per esempio, al lavoro cosiddetto “di rete”, ai confronti sistematici con i nostri collaboratori e i nostri partner e alla lezione dataci dalla pandemia di Covid, che ci ha ribadito che il modo migliore per prendersi cura di sé è, prima di tutto, quello di prendersi cura di coloro che ci stanno attorno. Non a caso, durante il primo incontro avevamo invitato una direttrice d’orchestra, la professoressa Licia Sbattella della Fondazione Esagramma, che ha raccontato di come tutti i componenti della filarmonica, nella propria specificità, suonino in armonia, concorrendo, così, a una bellezza più ampia e maggiormente significativa, in grado di trascendere i singoli strumenti. Infine, per quanto riguarda la vulnerabilità, era fondamentale, per noi, uscire dall’ottica della diagnosi (e dell’“etichetta”); e questo non perché la diagnosi non sia importante, ma perché tutti noi, in quanto esseri umani, siamo soggetti, per natura, alla fragilità, che non è da stigmatizzare, bensì da abitare in maniera sincera e coraggiosa, così che possa essere ripensata chiave evolutiva».
Adolescenza e imprevisto (variabile costante dell’esistenza)
Ma perché «geografie dell’imprevisto»? «L’esperienza della pandemia ci ha spinto a cercar di capire cosa avvenga quando non si hanno strumenti e coordinate per prevedere quello che sta per accadere – racconta Poloni –. Più o meno tutti, allora, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa di completamente non prevedibile ci stesse coinvolgendo, come se le categorie con le quali eravamo abituati a leggere i fenomeni non fossero più sufficienti. Da qui, la volontà di capire come gli adolescenti, che hanno una porzione di vita abbondantissima davanti a loro e che per primi vivono i continui (e velocissimi) mutamenti del tempo presente, pensassero al futuro e alla società di cui fanno parte». Dallo scorso venerdì e fino a domenica 30 marzo, presso l’ex Oratorio di san Lupo, sarà possibile visitare la mostra fotografica realizzata dai ragazzi del centro diurno Kaleido, della comunità terapeutica per adolescenti Piccola Stella e del liceo artistico Andrea Fantoni. L’esposizione, che riproduce un viaggio intenso e poetico nel cuore delle esperienze umane legate all’adolescenza e all’inatteso, invita il visitatore a esplorare l’imprevisto non solo come ostacolo ma come motivo di crescita e scoperta: uno spazio fluido e incerto, dove le certezze si sgretolano, lasciando posto a nuove dimensioni.
Tramite installazioni artistiche e interattive prendono voce quelle emozioni, quei dubbi e quei sogni che caratterizzano il periodo dell’adolescenza, fase intrisa di scelte e potenzialità. « L’adolescenza è la vera protagonista – dice Poloni –, ed emerge come un momento di profonda rinegoziazione dell’identità, dove il terreno si fa instabile e l’avvenire appare avvolto dall’incertezza. Ma è in questa incertezza, plasmata da sentieri ancora da tracciare e talvolta innervata dal caos, che risiede la forza e l’intensità della possibilità: entrambe capaci di diventare motore creativo». Ma davvero l’adolescenza, ancora, è un’età di apertura alle possibilità? «In questi ultimi anni, abbiamo osservato quanto sia esposta questa fase dell’esistenza alle grandi trasformazioni che riguardano tutti – dice Poloni – Io credo che quando si parla di adolescenza non si può non parlare di intergenerazionalità, ovvero di quanto un sistema adulto affidabile, attento e autorevole possa fare la differenza nell’accompagnare la crescita dei più giovani. A volte, si è tentati di applicare una logica divisiva: “noi” e “loro”; il nostro lavoro, invece, suggerisce di ampliare lo sguardo e di occuparsi anche dei genitori, delle famiglie, del mondo adulto. La mostra, nata con lo scopo di coinvolgere, senza etichettature di sorta, adolescenti afferenti ai servizi di Aeper e studenti e studentesse del liceo Fantoni, è in linea con la missione di Aeper, che accompagna giovani e famiglie a navigare tra le complessità della contemporaneità. Sarà aperta dalle ore 16 alle ore 19 (venerdì) e dalle ore 10 alle ore 19 (sabato e domenica)».
La condivisione al di là delle contrapposizioni
Alle ore 20.45 di giovedì 3 aprile, presso il Teatro Qoelet, Nausicaa Pezzoni (urbanista, architetto, docente presso il Politecnico di Milano, nonché funzionario della Città Metropolitana di Milano) dialogherà con Francesca Nilges (responsabile dell’area di Neuropsichiatria infantile della cooperativa sociale Aeper): una serata dedicata all’intreccio fra architettura e urbanistica, neuropsichiatria e sensibilità sociale. A sugellare il tutto, l’evento finale: u no spettacolo che si svolgerà l’11 aprile, sempre presso il Teatro Qoelet (ore 20.45). È suggerita la prenotazione (compila il google form cliccando qui): «Lo spettacolo è diviso in due momenti – spiega Poloni – Nella prima parte, “La profuga”, una narrazione con immagini, musica e versi, rivisita il mito di “Europa” attraverso il racconto di tre naviganti sognatori, che riscoprono in una giovane profuga la futura Europa. Questa rappresentazione è liberamente tratta dal libro “Canto per Europa” di Paolo Rumiz e guarda al fenomeno migratorio non come a un’invasione ma, citando papa Francesco, come a una preparazione al futuro. A seguire, il concerto della Piccola Orchestra dei Popoli, progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti che riunisce musicisti di diverse nazionalità in un’esperienza di convivenza fra persone appartenenti a culture e religioni diverse. Una testimonianza concreta della bellezza dell’incontro con l’altro attraverso la musica. Tutti gli strumenti suonati sono stati costruiti con i legni delle barche dei migranti approdati a Lampedusa».
Non mancherà, inoltre, un percorso formativo («Trema un po’ tutto», alle ore 15 di sabato 29 marzo, presso Dimore+), rivolto agli operatori della cooperativa Aeper e di Solco Città Aperta. Progettato e gestito da Immaginare Orlando, il laboratorio vuole generare un confronto attorno al tema degli «spazi safer». «La finalità di “Prossimi futuri”, di cui questo terzo appuntamento è la sintesi – afferma Poloni –, è quella di mettere in dialogo la realtà di Aeper con chi, con essa, non ha a che fare direttamente. Una buona scusa per riflettere sulle sfide del nostro tempo e sperimentare la condivisione al di là delle contrapposizioni e delle diverse visioni del mondo».