Segui in diretta l’incontro con Padre Alex Zanotelli e Antonio Porretta
Un pianeta che non ci sopporta più, risorse che stiamo consumando ben oltre i loro limiti e un sistema economico-finanziario totalmente squilibrato. La via per il cambiamento per Padre Alex Zanotelli passa dalla gentilezza e dalla solidarietà, che però devono inevitabilmente diventare amore politico. Quell’amore che per il missionario comboniano da sempre si traduce in un attivismo concreto, appassionato e attento ai problemi del contemporaneo.
Figura di spicco del movimento No Global italiano, voce coraggiosa e attiva nelle grandi questioni sociali, dai migranti, alle disuguaglianze del pianeta, Zanotelli sarà ospite della rassegna Bergamo Next Level oggi, 20 maggio alle 18.30, con l’intervento “On the map. Evoluzione dei legami sociali e della solidarietà ai tempi della pandemia”, un appuntamento in diretta streaming sulla pagina Facebook dell’evento e sul canale Youtube (con lui Antonio Porretta, Direttore, Coordinatore dell’Area Organizzazioni e dell’Area Cultura CSV Bergamo; modera Chiara Brambilla dell’Università degli studi di Bergamo).
La pandemia infatti non è stata solo una gigantesca crisi a livello sanitario, ma ha generato gravi ripercussioni anche su altri piani, da quello sociale ed economico, a quello politico, educativo e culturale, esasperando le disuguaglianze da un lato e dall’altro facendo affiorare un senso di comunità e di solidarietà condivisa.
Un aspetto che Alex Zanotelli definisce una “vittoria della gentilezza e del trattarsi bene, che ho visto moltissimo nella vostra città, con tutte le persone che si sono mobilitate in sostegno dell’altro. Quella solidarietà nata dalla pandemia e quel darsi una mano è importante che si trasformino in un amore politico, un’espressione che non è mia, ma che usa Papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti”.
SV: Cosa intende per amore politico?
AZ: Dobbiamo passare da sentimenti di gentilezza e solidarietà, all’amore disinteressato: le cose non cambieranno se non cambiamo il sistema entro cui viviamo. Molti mi dicono perché faccio così l’esagerato, ma in realtà non ho la verità in tasca, so solo che andando avanti così sarà sempre peggio. Già la pandemia è un segno che qualcosa non va e il pianeta non ci sopporta più a causa di un modello economico e finanziario che bisogna letteralmente ribaltare. Ci stiamo divorando risorse a una velocità incredibile. Quando l’ho letto sono rimasto a bocca aperta: l’ente negli Usa che consuma più petrolio sa chi è? Il Pentagono. Il Ministero della difesa. La connessione tra le guerre e l’accesso alle risorse è cruciale. Ecco perché importante che solidarietà e gentilezza si trasformino in amore politico: dobbiamo passare da una società di soci a una comunità di fratelli e le parole qui sono ancora del Papa.
SV: Tra le risorse a cui fa riferimento c’è anche l’acqua e la lotta per mantenerla pubblica, un tema al centro di un suo recente intervento, contro la quotazione in borsa.
AZ: Ormai è evidente, l’acqua sta diventando il nuovo petrolio, con la differenza che senza petrolio possiamo vivere, troveremo altre vie, senza di lei no. L’acqua è la madre di tutta la vita su questo pianeta, lo dice la scienza, se non l’avessimo avuta sulla terra non ci saremmo stati neanche noi. È possibile essere arrivati alla follia di privatizzare la madre di tutto? Per questo ci siamo attivati e stiamo lavorando in vista dei prossimi appuntamenti.
SV: A cosa state lavorando?
AZ: Quest’anno ricorre il decimo anniversario del referendum: l’11 e 12 giugno 2011 26 milioni di italiani hanno votato e al 96% hanno detto che l’acqua doveva uscire dal mercato, non si poteva trarne profitto. Dopo 10 anni e 8 governi, questa volontà popolare non è mai stata tradotta dalla politica e ciò è gravissimo. Il rischio è che chi avrà soldi in futuro avrà accesso all’acqua, chi non li avrà morirà di sete. Lasciamo che quasi 30 milioni di persone per fame muoiano ogni anno, se non facciamo qualcosa per tutelare questa risorsa ne avremo ancora di più, bisogna riprendere il discorso in mano al più presto.
SV: Il suo impegno è sempre stato a favore della collettività e lei è stata una figura chiave del movimento No Global con la Rete Lilliput, che metteva insieme cittadini e associazioni nella lotta alle disuguaglianze del mondo. Cosa è rimasto di quell’esperienza?
AZ: Purtroppo oggi nulla, se non un bel ricordo: è stato un movimento significativo, ma con quello che è accaduto a Genova nel 2001 si è disgregato tutto. All’epoca al governo che era alla regia di tutto c’era Fini e sappiamo bene cosa rappresentasse. Ci hanno macchiato di violenza con la questione dei black bloc e ci sono state infiltrazioni da parte dei partiti, ma c’è ancora tanto di bello a cui si potrebbe ancora attingere. Un movimento popolare come quello è nato dal basso, ha coinvolto tantissima gente, ha fatto pressione sulle istituzioni. Molto ci sarebbe da recuperare oggi che l’individualismo è accentuato al massimo e dopo la pandemia temo sarà ancora più difficile metterci insieme, ma è fondamentale. La gente comune deve capire che è questione di vita o di morte essere attivi, perché i governi sono prigionieri di finanza ed economia ed è importante che ci sia un interlocutore forte che metta in discussione tutto, come potrebbe essere un movimento.
SV: Accanto agli interventi e alle riflessioni, lei ha sempre dato molta importanza all’azione pratica, ai gesti tangibili, visibili e capaci di coinvolgere altre persone. Uno di questi è il digiuno mensile che porta avanti da tempo in solidarietà con i migranti.
AZ: Ho cominciato questo digiuno tre anni fa, ogni primo mercoledì del mese lo facciamo davanti al Parlamento. Con noi ci sono tante persone di chiesa, laici e non credenti che sperimentano sulla loro pelle la fame. A volte basta così poco per cominciare a far cambiar le cose, è importante muoversi in prima persona. Poi ci sono alcuni capaci di trascinare un popolo, come Martin Luther King, ma anche se non siamo come lui il nostro agire ha comunque senso e valore. Se in coscienza so che le cose non vanno, sono obbligato a fare qualcosa, anche solo un segno di protesta umile, che parte dal basso. Io non ci sto. Dobbiamo schierarci e dire la nostra in maniera non violenta e poi metterci insieme, legarci a un gruppo e formare movimenti. Pensiamo al Cile, dove i movimenti popolari hanno portato alla messa in discussione della Costituzione di un dittatore come Pinochet. È partito tutto da studenti e popoli indigeni. Auguro anche a noi di poter avere grandi movimenti popolari di resistenza contro questo sistema.
SV: Una cosa che lei tiene sempre a sottolineare è la necessità di un’azione che sia non violenta e parla spesso di una “Civiltà della tenerezza”. Come è questa civiltà, che caratteristiche ha?
AZ: Questo termine è stato utilizzato da Papa Paolo VI in opposizione a un sistema che ci porta al tutti contro tutti, proprio per struttura ideologica intrinseca. Imparare la tenerezza, dare una mano, accogliere l’altro è rivoluzionario. Cambiamo prospettiva: il migrante va accolto non perché è utile per la manodopera, ma perché è disperato. Lasciamoci commuovere dall’esperienza altrui. Stiamo lasciando morire delle persone, siamo una civiltà di morte se continuiamo così. Salvare vite umane è alla base della civiltà, del nostro essere uomini e donne. Chiudo con una domanda che ha posto Papa Francesco: avete mai pianto davanti a un barcone che va a fondo?