Per gli italiani si chiama Luigi. È arrivato a Bergamo la prima volta nel 2007 dalla Cina, dove è tornato dopo due anni per sposare sua moglie Pan, che ha riportato con sé a Bergamo. Luigi ora è il pastore della Chiesa cinese della città. Ascolta tutti, fa catechismo ai ragazzi e parla della Bibbia agli adulti. Pan invece è vice preside della scuola di lingua cinese che si trova all’oratorio della chiesa delle Grazie di Viale Papa Giovanni in città. Già, perché le seconde generazioni rischiano di perdere la conoscenza della loro lingua e questo per un cinese è un fatto grave.
Per diventare pastore della chiesa cristiana cinese, Luigi ha lasciato il suo lavoro da operaio ed è andato a studiare teologia a Barcellona per un paio d’anni. Per terminare il corso di studi gli mancherebbe ancora un anno, ma ogni mondo è paese e per Luigi sembra un progetto difficile: «Mia moglie non vorrebbe lasciarmi andare via».
Come si fa ad essere cristiani in Cina? «Nel nostro paese, la dimensione religiosa non è incoraggiata, sebbene il bisogno di Dio sia forte. Per chi ha fame, fa fatica a lavorare, ha problemi in famiglia oppure è malato e solo, sapere che Dio lo ama è un’ancora di salvezza. Sapere che c’è la vita eterna dopo la morte non è un concetto molto sentito, però quando si legge la Bibbia e si sente che Gesù è mandato da Dio sulla terra per aiutarci, questo genera sollievo e aiuta a stare meglio».
«C’è qualcosa che i cinesi dovrebbero imparare dai bergamaschi – continua Luigi – ed è l’amore per la vita. I cinesi non rispettando la Bibbia che dispone il riposo nel settimo giorno perché ritengono più importante avere il denaro per comprare la casa, la macchina, per allargare il lavoro e per dare un futuro ai figli. C’è però qualcosa che i bergamaschi devono imparare (o reimparare) dai cinesi, ed è l’amore per il lavoro».
La Chiesa cinese a Bergamo ha sede in via Andrea Gritti 11 nel quartiere di Borgo Palazzo. Se però volete sentire sciami di ragazzini cinesi che giocano a calcio urlando «Pota, non ho fatto apposta», andate all’oratorio delle Grazie. Uno di questi potrebbe essere il figlio di Luigi, Yiguan, che è nato a Bergamo, parla perfettamente l’italiano, con cadenza bergamasca, ha appena finito la prima media nella sezione musicale di Ranica e suona pianoforte da quando aveva sette anni. Sua sorella si chiama Yimian. La somma dei due nomi indica la corona, il simbolo della regalità, ma anche la somma dei grani che compongono il rosario. Insomma, anche se l’italiano di Luigi è ancora incerto, il suo cuore è completamente bergamasco.
La Chiesa cristiana cinese nel racconto del professor Brigadoi Cologna
Per chiarire i contorni di questo incontro, abbiamo chiesto un aiuto a Daniele Brigadoi Cologna, professore di lingua e storia cinese dell’Università dell’Insubria. La prima domanda che gli abbiamo rivolto è perché non esistono dati relativi alle confessioni religiose cinesi in Italia. «Semplicemente perché nessuno li rileva – ci risponde – Eppure ci sono almeno 300.000 cinesi che seguono, per numero, solo romeni, albanesi e marocchini».
La prima immigrazione cinese in Italia risale al 1926 e proviene per lo più da una parte specifica della Cina che è l’entroterra della città portuale di Wenzhou, famosa per essere una città cristiana (protestante), tant’è che è chiamata dai cinesi «la Gerusalemme in Cina». Per le sue strade, sin dall’inizio del 1800, sono stati molto attivi i missionari protestanti e, tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, anche parecchi missionari cattolici. Da quelle parti è ancora florida una Chiesta protestante cinese (con una dominante Battista) che è quella riconosciuta dal governo e, a seconda delle stagioni politiche, gode anche di un certo sostegno. Fino a dieci anni fa, a Wenzhou i cristiani protestanti costituivano la classe dominante della regione grazie al loro dinamismo imprenditoriale sviluppato a partire dagli anni Ottanta e Novanta. Il governo centrale è intervenuto però con l’accusa di alimentare una sovrastruttura ideologica non congruente con quella del partito e ha messo in atto una fortissima e inaspettata repressione tutt’ora in atto.
Per i cinesi cattolici il discorso è più articolato. Oggi si trovano prevalentemente a Milano e Bologna. La storia della loro conversione risale agli anni 30 dello scorso secolo quando molti di loro si sposarono con donne cattoliche italiane restando in Italia anche dopo la fine della seconda guerra mondiale e acquistando la cittadinanza italiana. Le famiglie sinoitaliane costituiscono una piccola minoranza (di qualche migliaio di famiglie) di sinoitaliani cattolici di sangue misto.
Ma la religione cattolica ha una profonda tradizione anche in Cina dove è affermata dai tempi della dinastia Ming grazie a Matteo Ricci. Sono infatti numerosi i luoghi sacri di pellegrinaggio e i santuari dedicati alla Madonna. I Gesuiti, infatti, si interrogarono sulla resistenza psicologica dei cinesi nei confronti del Cristo crocifisso. In quella che fu una lunga polemica con i francescani e i domenicani, furono loro a scegliere di impostare la predicazione attorno alla Madonna e alla figura di Gesù bambino, decisamente meno crudele del Cristo torturato. Infatti, ancora oggi la Madonna è oggetto di culti devozionali tra i cinesi anche per la possibilità di sovrapporne l’immagine a quella delle divinità taoiste della misericordia.
Da ultimo c’è anche il tema del fascino che la struttura ecclesiastica cattolica suscita nella sensibilità cinese, perché in essa i cinesi riconoscono la riproposizione dell’ideale confuciano del funzionariato illuminato, un governo di virtuosi, la realizzazione di una città celeste in questo modo. E questo è consolante per i cattolici cinesi che, proprio per l’atteggiamento ondivago del governo centrale, hanno dovuto e devono subire persecuzioni e condanne.
Qual è il rapporto dei cinesi cristiani con le religioni tradizionali?
Avete mai sentito parlare dei cinesi pentecostali carismatici? Molti richiedenti asilo e rifugiati religiosi appartengono in particolare alla chiesa dello Spirito Onnipotente, che non è riconosciuta dalle chiese cattoliche e protestanti ufficiali accreditate in Cina. L’asilo politico spetta loro in quanto in Cina sono considerati eretici e sono soggetti a persecuzioni anche molto severe.
CI sono poi le religioni tradizionali cinesi, per le quali è necessario fare una premessa: chi le pratica non ha un atteggiamento esclusivo. Nel concreto: un cinese che si professa cristiano protestante o cattolico può osservare allo stesso tempo le tradizioni religiose legate al culto degli antenati. Oppure quando si inaugurano nuove imprese commerciali, è usanza operare dei sacrifici propiziatori. C’è dunque un sincretismo molto diffuso. Non è difficile trovare cinesi che nel portafoglio tengono l’immagine della madonna di Loreto e insieme quella della dea della misericordia, o che indossano monili e talismani che fanno riferimento a un credo che affonda le radici nei secoli. Sono altrettanto frequenti i riti di tradizione taoista (ma che potrebbero far riferimento a riti sciamanici) praticati per proteggere in bambini.
Non è inconsueto che un cinese che pratica la religione taoista possa chiedere per i suoi cari defunti un funerale buddista o cattolico. In Cina, addirittura, nel tardo periodo imperiale, le cosiddette tre dottrine (confucianesimo, buddismo e taoismo) erano dette una unica dottrina. Tutte facevano parte di un unico sentire religioso e di un’unica percezione del sacro. Ed è ancora così che viene avvertito da molti cinesi, compresi i cristiani.
Queste sensibilità sono vissute in modo diverso nelle regioni della Cina a seconda delle vicissitudini storiche. Dopo la “liberazione” del 1949, c’è stato un periodo di lotta molto intenso da parte del partito comunista cinese nei confronti di tutte le religioni e della religiosità in senso lato, e quindi molte tradizioni sono sopravvissute solo come ombre di sé stesse, pena la morte civile. Ciò che oggi è rimasto ha dunque una valenza che è principalmente sociale e di protezione.
Sono almeno tre i valori che i cinesi riconoscono alla dimensione religiosa: una protezione verso le difficoltà nel poter controllare la propria vita e il proprio destino; l’idea (che ha radici nel concetto buddista di karma) secondo cui compiere buone azioni ti ripaga e che si manifesta nella generosità che le comunità cinesi, anche italiane, dimostrano nelle emergenze nazionali. C’è infine una radicata convinzione che una persona che si comporta in modo negativo in questa vita o nell’altra sarà punita.
Ci auguriamo di aver contribuito a togliere un po’ il velo alle tante domande che avvolgono la comunità cinese a Bergamo che, nel silenzio e con grande determinazione, sta cambiando il volto commerciale di tanti nostri paesi.