Già dal mattino, grandi, piccini e amici a quattro zampe cominciavano ad arrivare per scoprire il piccolo borgo posto a monte di Poscante, frazione di Zogno, e noto per essere la patria dei biligòcc , le tipiche castagne essiccate e bollite. D’altronde, anche se gli storici dicono che il nome della contrada possa derivare da «Cà Stignoni», è indubbia la stretta relazione tra l’èrbol, il castagno, e l’antico borgo. A confermarlo, c’erano alcune donne nate e cresciute a Castegnone, come Palmina Ruggeri e Arianna Rota, le quali, istruite dalla signora Rina Pisoni, hanno mostrato alla redazione de L’Eco café, i passaggi per l’antica preparazione di queste prelibatezze.
Innanzitutto, Palmina ci ha spiegato che, una volta raccolte, le castagne dovevano rimanere per 10/12 giorni ad affumicare dentro i secadùr , gli essiccatori, piccoli edifici dotati di due aperture: quella al piano terreno, dove veniva acceso il fuoco, e quella al piano superiore, dove si trovava il graticcio con i frutti. Come da antichissima tradizione, il calore e il fumo venivano prodotti attraverso una combustione lenta e costante di legno e di scarti vegetali di castagno – quali ricci e bucce – e salivano fino al graticcio, anch’esso di legno di castagno o nocciolo. L’essiccazione doveva essere graduale: per questo, era importante che il fuoco non fosse troppo forte, ma nemmeno che si spegnesse.
«In questi giorni, prima della festa, abbiamo fatto i turni per mantenere viva la brace nel secadùr, come facevano una volta» ha ammesso Palmina, mentre ci apriva la porta dell’essiccatoio di famiglia. In occasione dell’evento infatti, le donne hanno preparato 3 quintali di castagne, seguendo l’antica tecnica: ce n’erano proprio per tutti. «È stato un po’ faticoso, ma anche bello uscire alle 4 di notte con il buio: c’erano la tranquillità, la luna, il suono della civetta…», ha aggiunto Arianna.
Tolte dal secadùr, le castagne venivano poste nei sacchi di iuta dove si conservavano per lungo tempo, anche per un anno: un ottimo metodo che rispondeva alle esigenze degli abitanti: «Le castagne erano una merce di scambio – la spiegazione di Palmina – e venivano vendute alle fiere di Bergamo, come quella di Sant’Antonio il 17 gennaio, o a Bruntino a San Mauro, il 15 gennaio». «Qui c’era un signore anziano che metteva le castagne sulle spalle (nella gerla, ndr), saliva sul Monte di Nese e andava ad Alzano a venderle, tutte le domeniche. Erano una fonte di reddito», conferma Arianna. Proprio lei domenica era l’addetta alla bollitura, il secondo passaggio obbligatorio per preparare degli ottimi biligòcc, prima di lucidarli con un goccio di olio.
Il profumo di castagne della signora Palmina e della “collega” Arianna - a cui si era aggiunto nel frattempo anche quello delle salamelle e del vin brûlé - si diffondeva domenica lungo le vie di Castegnone, dove altri volontari degli «Amici di Castegnone» avevano allestito delle bancarelle con prodotti a km zero e di artigianato locale. Tra queste, c’era l’esposizione di gerle fatte a mano da Marco Salvetti, fedele agli insegnamenti del padre: «li faceva così mio papà – ha ricordato l’uomo – Raccoglieva i rami più morbidi sui monti». Le grandi ceste di vimini erano uno strumento fondamentale per gli abitanti di Castegnone, che dovevano trasportare le castagne e altri materiali lungo la mulattiera fino a Bergamo e dintorni. Lo ha confermato anche la signora Lucia Rota, all’interno del suo siltèr – la vecchia stanza con il soffitto a volta –, allestito proprio con gli attrezzi di quando era piccola, all’inizio degli anni Cinquanta. «Qui ci trovavamo tutti insieme alla sera. C’erano gli animali della stalla per tenerci al caldo», ha ricordato la donna, con un po’ di nostalgia, indicando i vari oggetti esposti, come l’andarola, la gabia o la taiadüra.
Alla domanda sul significato che avesse per lei un evento come la «Festa dei biligòcc», Lucia si è commossa: «mi viene un po’ il magone – ha detto, scusandosi – Per me è importante essere qui oggi per i miei genitori, i miei nonni. Mio papà è del ’15, ha fatto due guerre. Io poi a quattordici anni ho lasciato Castegnone per andare a lavorare, ho fatto per più di trent’anni l’infermiera a Milano. Ultimamente però sono ritornata qui, alle mie radici». Allestire il siltèr con gli oggetti trovati nella propria casa, in soffitta o da qualche zia del paese, ed essere lì a raccontare come si viveva una volta è stato un suo modo per far rivivere il ricordo della sua famiglia. E in effetti, come ha dichiarato anche Giampaolo Pesenti, assessore al Turismo del Comune di Zogno «la Festa dei biligòcc è una bella occasione per riscoprire e valorizzare i piccoli borghi del territorio, come Castegnone, le loro tradizioni e il loro passato». Un evento quindi che per la sua portata ha coinvolto tutta la comunità: «Un grazie speciale va ai volontari degli “Amici di Castegnone” e alle donne del paese», ha affermato Pesenti.
Il siltèr di Lucia non era l’unico ambiente arredato come una volta e aperto al pubblico. C’era infatti anche una camera da letto con gli estìc del bates, la camisa de noc, lo scolda lecc, il lensòl, la prepunta e tutto ciò che si poteva trovare ai tempi dei genitori delle donne come Palmina o Arianna. Un patrimonio da custodire e trasmettere: «Per arrivare alla cultura di oggi dobbiamo partire da quella che ci hanno tramandato i nostri nonni», il commento di Barbara Carminati, assessore alla Cultura del Comune di Zogno.
Nel pomeriggio si sono infine svolte le premiazioni del concorso «Biligòcc: emozioni e colori d’autunno», rivolto alle scuole per l’infanzia, alle elementari e alle medie e organizzato dalla biblioteca Alfa Beta di Poscante, dalla biblioteca Bortolo Belotti di Zogno con il gruppo «Amici di Castegnone». Una festa nella festa, tra gli applausi dei bimbi delle undici classi vincitrici. Prossimo appuntamento per degustare le prelibatezze del territorio il 1° dicembre con «CastagnAMO», l’evento conclusivo della rassegna »Sapori & Cultura» che poterà nel cuore di Zogno bancarelle, showcooking e, ovviamente, caldarroste e vin brûlé.