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Virginia Raffaele, “in bilico tra cielo e terra in cerca di una collocazione”

Intervista. Sabato 5 e domenica 6 febbraio, il palco del Creberg Teatro diventa un parco divertimenti. L’attrice e imitatrice romana racconta (e rivive) le giostre del LunEur in “Samusà”

Lettura 4 min.

Difficile dare un volto all’attrice che, nel corso della sua carriera, ne ha indossati centinaia: da Belén Rodriguez a Ornella Vanoni, da Donatella Versace a Carla Fracci. Comica, imitatrice, “attrice d’estrazione popolare”, come si definisce sul suo profilo Instagram citando il grande attore Ettore Petrolini, Virginia Raffaele ha dimostrato spesso che si può giocare a essere chiunque.

Sul palco del Creberg Teatro Bergamo, sabato 5 febbraio alle ore 21 e domenica 6 alle 16, Raffaele farà un passo in più: dimostrerà che si può giocare anche a essere sé stessi. Lo spettacolo “Samusà”, diretto da Federico Tiezzi con le scene di Marco Rossi, i costumi di Giovanna Buzzi e le luci di Gianni Polini, affonda le radici nei ricordi d’infanzia dell’artista, maturati tra le giostre del LunEur di Roma, il più antico luna park d’Italia. Nata e cresciuta a “cenare caricando i fucili” e “fare i compiti sulla nave pirata”, Virginia Raffaele ricreerà davanti al pubblico quell’atmosfera caleidoscopica al profumo di pop corn e zucchero filato che già ci sembra di sentire.

MM: “Samusà” vive delle tue memorie, in particolare quelle del mondo in cui sei cresciuta: il LunEur di Roma. Qual è il tuo ricordo più bello, se dovessi dirne uno?

VR: È molto difficile per me scegliere il ricordo più bello perché ce ne sono tantissimi. Tra i più belli, sicuramente i pomeriggi di un po’ di anni fa seduta sul bancone del tiro a segno a sognare la vita che sto vivendo ora. Sognavo ad occhi aperti di poter fare diventare le mie passioni il mio lavoro, di vivere del mestiere di attrice, anche se con un pezzo di cuore che rimarrà incastrato sempre tra i pesciolini rossi e le bottigline rosse del Luna Park.

MM: Immagino che, per te, quel mondo sia stata un po’ una scuola di vita…

VR: Ho ricavato davvero tanti insegnamenti da quel mondo. Tra tutti, direi in particolar modo il rispetto delle altre persone… chiunque esse siano: tutti hanno la stessa importanza, tutti devono avere la stessa dignità e soprattutto tutti quanti hanno dei sogni e una vita che va rispettata sempre.

MM: La tua prima risata da un pubblico è arrivata quando lavoravi al luna park?

VR: Non mi ricordo il periodo, ma sicuramente ero al luna park e avevo due tre anni. Si tratta di un aneddoto che mi hanno raccontato i miei genitori: c’era un palco nella piazzetta con un ‘orchestrina e al centro un microfono. In un momento di distrazione generale, mi sono arrampicata sul palco, ho preso il microfono in mano e ho sparato una parolaccia a gran voce. Con tutta l’ingenuità di una bambina di due anni e mezzo ho urlato fortissimo…

MM: Hai sempre voluto fare la comica? Oppure all’inizio volevi fare “solo” l’attrice? E come l’hanno presa in famiglia?

VR: Ho sempre sognato di fare l’attrice, diciamo che la parte comica è stata preponderante nella mia vita. Far ridere gli altri è per me una sorta di strana vocazione, un “Mistero buffo” per citare il genio Dario Fo. Ho sempre voluto fare questo mestiere, non ho mai pensato a un’alternativa perché non volevo contemplare altro. I miei genitori l’hanno presa molto bene, la mia scelta è stata di fatto coerente con le scelte fatte dalla mia famiglia: se avessi fatto l’avvocato forse mi avrebbero allontanato dalla famiglia, chissà (ride, ndr)…

MM: Nel manifesto di “Samusà”, hai la testa “tra le giostre”. Sei una persona con la testa tra le nuvole, oppure con i piedi per terra?

VR: Sono una persona con la testa fra le nuvole ma con i piedi ben piantati a terra. Anche il cuore è sempre in bilico tra cielo e terra in cerca di una collocazione.

MM: Lo spettacolo ha debuttato a febbraio del 2020, poco tempo prima dello scoppio della pandemia. Come hai vissuto questo periodo?

VR: Inizialmente con molta paura: temevo per i miei genitori e non capivamo bene di cosa si trattasse. Siamo stati sconvolti tutti anche perché è stato inaspettato. Piano piano ho cercato di prendere il ritmo con quelle giornate più lente, ho imparato ad andare a tempo con il sole, ho trovato un ritmo biologico. Inoltre ho recuperato la mia passione per il disegno, devo dire che mi ha aiutato tanto. Grazie all’idea avuta dal regista ora quei disegni sono diventati parte dello spettacolo. Sono stata molto attenta soprattutto alle persone più fragili e sono stata davvero molto male per chi ha sofferto, in particolar modo per chi ha perso qualcuno senza la possibilità di stringergli la mano.

MM: Quanto ci sarà di autobiografico in “Samusà” e quanto invece sarà frutto della fantasia dell’artista? In questi due anni, hai apportato cambiamenti?

VR: Tutto quello che racconto è autobiografico, la verità. Poi nel corso di “Samusà” ci sono dei personaggi, dei monologhi e balletti, ma quando racconto in prima persona la mia vita è assolutamente vero. Lo spettacolo è praticamente identico a quello che ho portato nel 2020, ho solo aggiornato delle piccole cose: fortunatamente questo spettacolo è meravigliosamente senza tempo.

MM: Ti abbiamo conosciuta per le tue imitazioni, per le maschere che porti sul palco. Come nascono? Ti senti più a tuo agio quando imiti qualcuno di diverso, o quando interpreti, come in questo caso, te stessa?

VR: Le parodie con trucchi speciali mi hanno fatto conoscere al grande pubblico, non le rinnegherò mai, anzi, continuerò a indossare le maschere. Nascono da una curiosità che ho in generale per gli esseri umani, amo entrare nei mondi degli altri, vestirne i panni. Nascono dall’irriverenza e dall’ironia e mi piace tirar fuori la vera anima dei miei personaggi. Le maschere servono non a nascondermi, ma ad espormi ancora di più: mi sono sempre assunta la responsabilità delle cose che ho detto. Ovviamente, fare uno spettacolo come “Samusà” dove sono sempre me stessa è una bellissima nuova esperienza per me, ma continuo ad amare anche le mie maschere.

MM: Ultima domanda. Per un’attrice comica, pensi che le parole, l’ironia in particolare, possano cambiare il mondo?

VR: L’ironia salverà il mondo… speriamo, di sicuro lo rende un posto migliore. Credo che nella vita serva serietà, ma anche leggerezza che, prendendo in prestito le parole di Calvino, non vuol dire assolutamente superficialità. Per cambiare il mondo serve sicuramente un po’ più d’amore.

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