Ci vuole molta lucidità a intitolare “allenarsi allo spaesamento” un festival, come fa Orlando per la sua edizione 2021, dal 14 al 23 maggio. Spaesamento è una delle parole chiave del nostro tempo: volendo esagerare, potremmo dire che spaesamento è la parola che solidifica tutto il contemporaneo, una solidificazione gocciolante inquietudine, sconcerto, smarrimento che viviamo più o meno consapevolmente ogni giorno.
Crollate le ideologie – o meglio: rimasta una sola visione di mondo, il liberismo, anch’esso sempre più in crisi. La democrazia liberale a dir poco in difficoltà fra sgomento e rancore (i fatti di Capitol Hill, l’impossibilità tutta italiana di avere governi stabili ormai anche quando sono tecnici, le disuguaglianze sempre più diseguali: giusto per citare tre esempi). Gli effetti sempre più nefasti del riscaldamento globale e in ultimo la pandemia (che ha ridisegnato le nostre abitudini e distanziato i rapporti sociali) hanno generato una domanda di senso e identità che è proprio quello spaesamento che per Orlando non è necessariamente negativo, ma è una possibilità, basta allenarsi (anche se probabilmente l’allenamento non sarà mai abbastanza: il mondo cambia e sembra ci sia un fiatone generale).
Il cervo
C’è un cervo quale animale-simbolo di questa edizione del festival. Una figura di mascolinità trasformato da quelli di Orlando in un animale queer, simbolo dunque di una fecondità che riguarda il possibile più che la biologia, laddove tutto sembra crollare – o quasi, perché l’amore non crolla, aperto e anti-ideologico forse ci salverà, ma solo se lo praticheremo. L’esperienza di incontrare sul proprio cammino un cervo è un’esperienza di spaesamento. Lo sguardo fisso, le corna alte verso il cielo (un pericolo per l’uomo dinanzi ad esso), l’immobilità delle zampe possenti, muscolose. Un cervo provoca delle domande (cosa farà? Come si comporterà? Cosa devo fare?) e non lascia delle risposte: è muto, non parla. Come il nostro tempo, in fondo come noi.
Ian McEwan nelle prime pagine di “Macchine come me” racconta lo spaesamento di fronte all’uomo-macchina, uguale a lui, un essere umano con i propri lineamenti e una “vita”. Lo fa anche Don DeLillo, immaginando un blackout di tutti i device, di internet e degli schermi nella metropoli de “Il silenzio”. E immagina un’oscurità inquietante, uncanny come disse Freud, il perturbante. L’uncanny valley, la valle perturbante che è anche il titolo originale de “La valle oscura” di Anna Wiener, romanzo-esperienza di un periodo nella Silicon Valley. Insomma un concetto che circola, sotto diverse forme, e che ora alimenta le gesta di un festival.
Ma può l’arte affrontare lo spaesamento magari facendolo diventare un qualcosa di positivo? Sembra questa la domanda di fondo di questa edizione di Orlando, voluto come sempre dall’Associazione Culturale Immaginare Orlando APS e Laboratorio 80 con il sostegno di Comune di Bergamo e con il patrocinio di Provincia di Bergamo, Tavolo Permanente contro l’Omolesbobitransfobia e Università degli Studi di Bergamo.
Orlando ci prova, accetta la sfida forte del suo essere prima di tutto un festival con dietro un pensiero, in cui la diversità – qualsiasi tipo di diversità – è una risorsa e un diritto ad esistere. Siamo nella “Nuova era oscura” ci dice James Bridle, sprofondiamo in un abisso di dati in cui non ci raccapezziamo più, ma Orlando è luminescente e colorato. Dieci giorni di performance e cinema che non hanno la presunzione di essere esaustivi, bensì di generare domande, suggestioni, esperienze che diventino riflessioni. “Un laboratorio collettivo”, composto da chi fa e da chi assiste, non inerme, perché di fronte al cervo non si può sempre stare fermi, la situazione va sbloccata, magari concorrendo a innescare il cambiamento. Orlando, come già altri festival la scorsa estate, guarda alla comunità che va ricostruita, tenendo presente quanto sia precaria (oggi in zona gialla, domani chissà) la “fattibilità di una proposta culturale che deve fare i conti con le incertezze rispetto alla forma e alle modalità con cui potrà presentarsi al pubblico”.
Non tralascia dunque Orlando di presentare anche quest’anno un programma denso, ricco, in presenza e online, a base di performance, cinema, laboratori e incontri. Con la garanzia che gli eventi si srotoleranno entro ottobre qualora le restrizioni non permetteranno lo svolgimento programmato.
Performance
È forse la parte del programma di Orlando più incentrata sullo spaesamento e la necessità di allenarsi. “Sparks 2021” di Francesca Grilli, promosso da Contemporary Locus in partnership con Corpoceleste, e in collaborazione con GAMeC, costruisce il futuro a partire da un ribaltamento della relazione di potere tra infanzia e mondo adulto.
“Sorry, But I Feel Slightly Disidentified...” di Benjamin Kahn con Cherish Menzo è il primo pezzo di una trilogia dedicata al ritratto, alla costruzione e decostruzione dello sguardo sul corpo, organizzato con il sostegno dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi e in collaborazione con il progetto #tuoCarmine del Teatro tascabile di Bergamo.
“Dialogo terzo: In a Landscape” di CollettivO CineticO e Alessandro Sciarroni, organizzato in condivisione con Festival Danza Estate, sarà il terzo capitolo del progetto Dialoghi della compagnia CollettivO CineticO, guidata da Francesca Pennini, con una coreografia di Sciarroni il cui titolo prende ispirazione dall’omonimo brano di John Cage.
“Ti voglio un bene pubblico” di e con Elisabetta Consonni in collaborazione con Sara Catellani è un gioco urbano che attraversa gli spazi pubblici e riflette su infrastrutture di divisione quali cancelli, muri e recinti. Si svolgerà nel quartiere di Celadina ed è realizzato in collaborazione con la Rete di Quartiere di Celadina. Perdersi per ritrovarsi, guardare le strade e gli spazi urbani con occhi diversi.
Infine “Tristano”, il nuovo spettacolo di marionette di e con Sophie Hames, un’anteprima assoluta, co-produzione di Orlando, per adulti e adolescenti, tratto liberamente dalla storia di Tristano e Isotta.
Evento Extra Festival, fissato per il 12 giugno, “Un Pojo Rojo” di Nicolàs Poggi e Luciano Rosso, organizzato in condivisione con Festival Danza Estate. In scena due danzatori, sportivi e acrobati che si affrontano nello spogliatoio di una palestra proponendoci, con la loro sapiente partitura fisica, un surreale cocktail che mischia le costruzioni culturali sulla virilità, vanità, conflitto, seduzione, ambiguità e desiderio, abbracci e battaglie.
Cinema
Le tante proiezioni in calendario avverranno in una modalità mista: all’Auditorium di Piazza della Libertà, e online sulla piattaforma OpenDDB (e se le sale chiudono di nuovo, va tutto online). Nove i film in programma più uno che arriverà a settembre (“OverTour” di Andrea Zanoli) a Esterno Notte. Sono tutte prime visioni bergamasche, di cui 4 anteprime nazionali.
Segnaliamo “Kapana” di Philippe Talavera (2020), primo film LGBTQ+ prodotto in Namibia (dove l’omosessualità è un reato penale) e proiettato in collaborazione con il Tavolo contro l’Omolesbobitransfobia di Bergamo. Poi “Heute oder Morgen (Before We Grow Old)” di Thomas Moritz Helm (Germania, 2019), premiere nazionale in collaborazione con MIX Copenhagen LGBTQ+ Film Festival (l’estate di una giovane coppia aperta e poliamorosa a Berlino), e “Vagli a spiegare che è primavera” di Sara Luraschi e Lucio Guarinoni (Italia, 2021), co-produzione del Festival e titolo bellissimo.
Due poi sono i film che raccontano storie con protagoniste persone trans, in ambiti e contesti storici diversi: il primo “Tengo miedo torero” di Rodrigo Sepúlveda, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2020, racconta la storia di una donna trans e di un attivista politico nel Cile di Pinochet; il secondo, “Lola vers la mer” di Laurent Micheli, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2019, è il racconto di un lutto e di una relazione complicata tra una figlia e suo padre.
Per finire da tenere d’occhio anche “Futur Drei (No Hard Feelings)” di Faraz Shariat che si interroga sulle migrazioni, l’amore e l’identità come senso di appartenenza culturale (presentato al Berlino Film Festival 2020); e “Fucking with Nobody” di Hannaleena Hauru, che illustra come i social network possano influenzare la vita relazionale.
Laboratori
Ne segnaliamo due. “Over60” destinato a signore over 60 alla scoperta del corpo, in movimento e mutamento, nelle sue molteplici forme espressive, curato da Silvia Briozzo e Barbara Boiocchi, in collaborazione con Festival Danza Estate; e “Macchie diventano cose” di Stefania Visinoni, un laboratorio artistico per bambini e bambine, adulti e adulte, che potranno divertirsi fianco a fianco.
Incontri e ulteriori dettagli (date e orari in primis, con il coprifuoco alle 22) sul sito di Orlando, che – ci perdoni per questa volta Virginia Woolf – immaginiamo a cavallo di un cervo verso il futuro.