Uno spin-off, se così possiamo definirlo, da “Il maestro e Margherita” di Michail Bulgakov. Lo spettacolo che Massimo Popolizio metterà in scena mercoledì 22 luglio – all’interno della rassegna Lazzaretto on stage per deSidera Teatro Festival (inizio ore 21, biglietto 7 € più diritti di prevendita su Vivaticket) – è un’interpretazione del secondo capitolo del celebre romanzo russo, che è poi a sua volta l’inizio di un romanzo nel romanzo (quello scritto da “Il maestro”) che si apre con l’incontro-interrogatorio tra Ponzio Pilato e Gesù Cristo.
“Tutto il libro è pazzesco, pirotecnico, cattivissimo e molto divertente” dice Popolizio. “L’ho letto la prima volta da ragazzino, ma non ci avevo capito nulla. Poi l’ho dovuto ristudiare per leggerlo a Radio 3, per Ad alta voce. E all’interno ho ritrovato quel capitolo che è proprio una roba a sé, come un satellite. Ho pensato che quel satellite potesse avere una sua autonomia. E così lo interpretiamo fuori dal libro”.
Ed è un gioco che regge perfettamente. Poco più di venticinque pagine raccontano una vicenda celeberrima da una prospettiva inedita, laterale, laica, epurata da quegli elementi di narrazione teologica non storicamente verificati che caratterizzano la versione evangelica. Persino la fonte tradizionale è messa in dubbio da Bulgakov, attraverso l’espediente metanarrativo del romanzo del maestro che confuta la versione di Matteo l’evangelista per far conoscere “il Cristo autentico”.
“C’è un tale che cammina insieme a me e annota tutto su una pergamena di capra” dice Gesù a Pilato. “Una volta ho dato un’occhiata a quella pergamena e ho avuto paura. Non ho detto assolutamente nulla di quanto v’è scritto. L’ho pregato: per amor di dio brucia la pergamena! Ma lui me l’ha strappata di mano ed è scappato”.
“E chi è costui?” rispose Pilato.
“Levi Matteo”.
La narrazione scava nel rapporto tra due umani a confronto e la vicenda guadagna tridimensionalità con i chiaroscuri di una scrittura dall’evidenza cinematografica e una caratterizzazione dei personaggi moderna, cangiante, del tutto realistica. Così Ponzio Pilato diventa un procuratore che odia Gerusalemme, depresso, svogliato, tormentato dall’emicrania e dai suoi doveri, con i denti giallognoli, in cerca di ombra, tranquillità e acqua fresca, terribilmente solo e legato unicamente al suo cane.
“È come se ci fosse una steady-cam sulla spalla di Pilato” aggiunge Popolizio. “Passa dagli stretti ai larghi, dai primi piani ai campi lunghi, dai sandali scalcagnati di Yehoshua – è chiamato così Gesù nel testo – allo spazio della folla immensa che ricopre la piazza, descritta molto bene, come un’onda sonora, un marasma travolgente. Tutto questo rende dinamico il racconto, che è molto contemporaneo. Come lo è la figura di Pilato, è estremamente interessante anche di fronte alla folla, a cui in realtà non chiede il proverbiale Chi volete salvare?, è una decisione già presa quella. Ma lì, di fronte alla piazza, gli viene come un attacco di panico, non vuole vedere in viso i condannati... Insomma, è interessante, è una figura estremamente contemporanea, un uomo di potere che soffre di attacchi di panico”.
Un potente vulnerabile e infastidito dalla vita che si trova a giudicare una specie di filosofo un po’ naif che pare riesca a leggergli nel pensiero e predica con slancio antiautoritario e anarco-utopistico (facile leggere tra le righe un’allegoria anti-stalinista, vista la biografia di Bulgakov): “ogni potere è violenza sugli uomini” dice Yehoshua, “l’uomo entrerà nel regno della verità e della giustizia dove non sarà necessario alcun potere”. Parole cui difficilmente Pilato può dar credito, ma la cui potenza suggestiva e assertiva finisce per destabilizzarlo.
“In quell’interrogatorio Pilato scopre qualcosa di sé che non sapeva” spiega Popolizio. “Un’inquietudine sulla mortalità ad esempio, e il rapporto con Yehoshua, questo matterello che dice cose incredibili e un po’ ingenue, gli mette a nudo i nervi. Mi ricorda, lo dico sempre, l’interrogatorio che Dioniso subisce da Penteo ne ‘Le baccanti’ di Euripide”.
Una versione, quella di Bulgakov, che non poteva che aprire ampi margini alla trasposizione teatrale, data anche la sua ampia attività di drammaturgo. Margini in cui alla voce di Popolizio si alternano contrappunti e commenti sonori del musicista Stefano Saletti e della cantante Barbara Eramo. I due creano un sottofondo musicale che si rifà alla tradizione mediterranea e mediorientale attraverso i suoni e le atmosfere contestualizzanti create da cordofoni come l’oud e il bouzouki.
“Già la scrittura, che è bellissima, ha dei requisiti teatrali, e non tutte le scritture hanno questa efficacia. Di tutto questo abbiamo fatto una specie di operina. È come se fosse un grande racconto sonoro dove io e i musicisti, attraverso la voce e l’interpretazione al leggio, ti facciamo vedere ciò che è scritto, ti trasportiamo in una storia che conosciamo tutti, in un viaggio lungo un giorno, visto da un’angolatura – quella di Pilato – dai contorni misteriosi, che suscitano grande curiosità”.