È il teatro il centro dell’interesse di Giacomo Poretti al momento, tanto che ne ha preso uno (il Teatro Oscar deSidera ) in gestione con gli amici Gabriele Allevi e Luca Doninelli. Con la collaborazione di quest’ultimo l’attore ha realizzato la pièce che sarà presentata nell’ambito del festival «deSidera Teatro Bergamo» (regia di Andrea Chiodi).
Di lei nei manuali di anatomia umana non c’è nessuna traccia. Eppure, esiste. Secondo l’Enciclopedia Treccani si tratta di qualcosa di molto alto: «il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale, origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale». Dietro questa definizione c’è l’anima, a cui Poretti dedica un intero monologo, «Fare un’anima», che porterà in scena il 17 settembre alle 21 nella Piazza Maggiore di Martinengo (ingresso libero, senza prenotazione).
Uno spettacolo che è “l’opera di salvataggio” di un termine prezioso, che ci riguarda da molto vicino: «anima è una parola che rischia l’estinzione, a fianco dei vocaboli moderni, più chiassosi e sguaiati – spiega Poretti – È una parola strana, misteriosa e sconosciuta, ma dal suono gentile e impalpabile, leggera come un soffio, costretta alla solitudine».
L’origine dello spettacolo è particolare: «Il progetto di questo monologo mi frulla in testa da quando è nato mio figlio Emanuele e venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie e io conoscevamo bene – spiega Giacomo – Ci disse: “bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima”. Questa frase mi è rimasta dentro, finché non mi sono deciso ad affrontare la questione, con il linguaggio dell’umorismo e dell’ironia». Una frase tanto forte che è diventata il titolo dell’intero spettacolo: «sembra una frase da immaginetta fatta sul comodino, in realtà è una cosa molto profonda e significativa», aggiunge l’attore.
«Certe parole in questo periodo storico rischiano di scomparire. E una di queste parole è proprio “anima”. Tutto lo spettacolo è costruito in forma di provocazione ironica e di domanda, se sia lecito che certe parole mantengano ancora quell’importanza intrinseca. In scena è tutto uno svilupparsi comico sul come una persona moderna possa rapportarsi con l’anima e quali siano le cose da cui è continuamente distratta». La cifra stilistica sul palcoscenico è quella che caratterizza Poretti, una comicità lieve, capace di toccare temi profondi con delicatezza: «Come nasce l’anima? Spunta coi dentini da latte? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? – si domanda l’attore con la sua nota ironia – L’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E ancora: è una parola da mandare in pensione, o i tempi complicati che stiamo attraversando la rendono più che mai ineludibile?».
Nessuna ricetta, nessuna definizione o giudizio finale. In scena Poretti si siede idealmente accanto allo spettatore e ragiona con lui. «Voglio suscitare interesse, ognuno poi deve scoprire dentro di sé il significato e l’importanza di quello che è molto più di un concetto. Gli spettacoli, d’altronde, si fanno insieme al pubblico e il ritorno da parte degli spettatori nel caso di “Fare un’anima” è sempre stato molto buono».
In scena si riflette, ma presi per mano dalla comicità giocosa dell’attore: «mi piace la scrittura ironica – spiega – Seppur con uno stile diverso guardo molto a Woody Allen e per umorismo a Guareschi. Un altro personaggio che mi ha molto stimolato è Wodehouse con i suoi romanzi umoristici, tanto che da lui ho preso a prestito due titoli per i primi spettacoli: “Aria di tempesta” e “Lampi d’estate”».
«Fare un’anima» nasce da un’idea di Poretti, che oltre a essere attore e comico è anche sceneggiatore. In questo caso, al progetto ha partecipato, come collaboratore, anche un suo caro amico e collega, lo scrittore, giornalista e drammaturgo Luca Doninelli, due volte finalista del «Premio Bergamo». Insieme a Gabriele Allevi, i due gestiscono il già citato teatro milanese «Oscar deSidera» e, da quest’anno, anche la direzione artistica a tre di «deSidera Teatro Bergamo». Stare sul palco e far funzionare una macchina complessa come un teatro sono due cose totalmente diverse e Poretti, frequentando entrambi i contesti, ha le idee molto chiare: «Milano con i suoi oltre 60 teatri è una città con una proposta altissima, dove anche noi ci siamo inseriti – racconta – Il pubblico teatrale sta cambiando molto, le generazioni cambiano, il tema è attirare sempre di più i giovani».
E la fase storica che stiamo vivendo è particolare: «Dopo il Covid la fruizione degli spettacoli è andata pesantemente in crisi, forse solo quest’anno il teatro, che ha avuto notevoli difficoltà, si avvia a vivere una stagione normale. Questa sarà una stagione interlocutoria, a cui si sono aggiunte difficoltà economiche con cui le persone dovranno fare i conti e non vorrei che la spesa per il teatro e per le attività culturali venissero sacrificate, vediamo. Insomma, questo sarà un anno denso di incertezza».