93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

«Dopodiché stasera mi butto». A teatro quei “disagiati” dei Millennials

Articolo. Proseguono gli appuntamenti di «Terre del Vescovado Teatro Festival 2024». Giovedì 1° agosto alle ore 21.15, presso Cascina San Giovanni a Scanzorosciate, sarà ospite la compagnia «Generazione Disagio» con lo spettacolo «Dopodiché stasera mi butto»

Lettura 4 min.
Generazione Disagio

«Generazione Disagio»: una compagnia dal nome decisamente esplicito. A chi si riferisce? I Millennials, o Generazione Y, sono i nati tra l’inizio degli anni ’80 e la metà degli anni ’90. Cresciuti in un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici, sociali ed economici, questa generazione è spesso associata a tratti come l’adattabilità, la connessione digitale e una forte consapevolezza sociale. Tuttavia, i Millennials si confrontano anche con sfide significative proprie del capitalismo, come la precarietà lavorativa, l’incertezza economica e l’instabilità abitativa.

Lo spettacolo « Dopodiché stasera mi butto » è stato creato collettivamente da Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, Luca Mammoli, Alessandro Bruni Ocana e Riccardo Pippa ed è nato in forma autonoma, poi co-prodotto dall’associazione culturale Proxima Res, diretta da Tindaro Granata. «Quest’anno lo spettacolo compie dieci anni di attività – racconta l’attore Graziano Sirressi È nato dalla voglia di fare qualcosa insieme. In linea con l’umore di quel periodo, i nostri desideri, le nostre aspettative, le nostre delusioni, sia come singoli, ma anche come generazione. Il lavoro è nato così pian piano nel tempo con una drammaturgia collettiva costruita in diverse fasi che a ogni replica cambia, si trasforma, adattandosi alle notizie di attualità, di politica, di società».

«Siamo una generazione precaria, mutevole e senza un’etichetta giusta» scrivono i membri del gruppo. Il collettivo artistico è nato nel 2013 posizionandosi nella contemporaneità teatrale, nelle nuove drammaturgie, mettendo in primo piano il coinvolgimento diretto del pubblico, facendo uso di un linguaggio innovativo, diretto, provocatorio e divertente, ma al contempo dissacrante e poetico. Non si tratta una compagnia teatrale fissa, ma di un luogo di incontro per diversi artisti, tra cui attori, scenografi, disegnatori, dramaturg, registi, musicisti e video-maker. Uno spazio creativo aperto contrassegnato da un’impronta sociale e inclusiva, che si pone l’obiettivo di indagare e costruire una nuova identità collettiva. I primi due spettacoli di «Generazione Disagio», «Dopodiché stasera mi butto», co-prodotto da Proxima Res, e «Karmafulminien – figli di puttini», prodotto dal Teatro della Tosse di Genova, hanno ottenuto diversi riconoscimenti, premi e menzioni speciali, tra cui quelli di «Giovani realtà del teatro», «PlayFestival» di Roma, «Premio Scintille» di «Asti Teatro», «Intransito», «Le città visibili» e «Teatro OFF artificio».

Nel lavoro di messinscena, «le tematiche di disagio generazionale, crisi e voglia di cambiamento vengono trattate con un meccanismo di ribaltamento paradossale. Invece di risolvere i propri problemi o lottare per un mondo migliore i personaggi mettono in scena il lato peggiore e nichilista della nostra società: si abbandonano piacevolmente al disagio, lo difendono e orgogliosamente lo praticano con disciplina. Si ride del lato peggiore di ognuno di noi, sperando di seppellirlo alla fine dello spettacolo e di uscire con la voglia di migliorare la nostra vita» racconta il gruppo.

Vicino alle duecento repliche, «Dopodiché stasera mi butto» è una drammaturgia collettiva, a tratti molto intima e personale nata dall’esigenza artistica di trovare un nuovo linguaggio che desse voce a una generazione di mezzo altrimenti non rappresentata: gli eterni giovani, intrappolati tra speranze tardive e frustrazioni precoci, ibridi tra giovani-vecchi e vecchi-giovani. I temi affrontati sono universali e toccano corde sensibili per molti. Dalla precarietà al senso di smarrimento identitario, alla ricerca di un equilibrio tra vita personale e professionale, gli spettacoli della compagnia sono uno specchio fedele della realtà dei Millennials. Tuttavia, il loro messaggio riesce a trascendere i confini generazionali, parlando anche a chi non appartiene a questa fascia d’età ma ne condivide le preoccupazioni e le aspirazioni. «Non riguarda strettamente la nostra generazione. Riscontriamo una certa immedesimazione sia con i più giovani ventenni che si affacciano ora nell’età adulta tra università e mondo del lavoro, fino a persone di cinquant’anni che ascoltando i testi si riconoscono, o riconoscono i figli, i fratelli» racconta Sirressi.

Lo spettacolo, che viene ogni volta aggiornato con riferimenti all’attualità, attraversa e ridicolizza gli autosabotaggi: tutte quelle attitudini, piccole prassi e decisioni che fanno “morire” pian piano e che in qualche modo assolvono dal dover prendere posizioni, agire e reagire. «Ridiamo di come siamo bravi a scavarci la fossa giorno per giorno, in compagnia dei nostri paradossi e ossimori: la nostra pubblica intimità, l’inerzia iperattiva, il confortevole precariato, i corpi immaginifici, la condivisione in solitaria e la volgare trascendenza» spiegano gli autori.

Quattro personaggi conducono il pubblico a giocare una folle partita a uno strano e innovativo gioco dell’oca. Un conduttore coinvolge gli spettatori per fare avanzare tre pedine umane sul tabellone: un dottorando, un precario e uno stagista attraverseranno imprevisti, prove collettive e prove individuali con un ritmo comico serrato e pezzi di improvvisazione basati su input che vengono dal pubblico. Sirressi parla dei tratti distintivi del disagio generazionale raccontati nello spettacolo: «Si tratta di una serie di piccoli fallimenti quotidiani. A un certo punto del gioco c’è una prova in cui si ragiona su come con tragica leggerezza si possa buttar via una giornata. Una cosa che, bene o male, nel mondo odierno, nella contemporaneità, può fare un ragazzo di vent’anni, passando tutto il tempo al cellulare, ma può farlo anche uno di cinquant’anni».

Vincerà il gioco chi riuscirà ad accumulare più sfortuna e perciò più “disagio”. Nell’arco dei 70 minuti di spettacolo si affrontano temi quali l’amore, la paura del futuro, il lavoro, la sessualità, la politica, la solitudine e l’indeterminatezza. Uno spettacolo di cinica auto-analisi collettiva che non fa sconti a nessuno: irriverente, comico e profondo, che ci costringe a fare i conti con il mondo che abbiamo costruito e la vita che vorremmo. Il linguaggio alterna in un ritmo serrato citazioni colte, riferimenti pop e provocazioni trash.

La conduzione del gioco è affidata ai profeti: «Loro profetizzano il nuovo modo viversi la vita attraverso “le tre D”: distrazione, disaffezione, disinteresse. Praticando queste modalità la vita andrà sempre meglio, perché non ci saranno ambizioni, né desideri. Sarà tutto molto labile ed effimero. Se non si hanno aspettative, non c’è delusione. Si tratta di giocare con il paradosso. L’intenzione è quella di rappresentare uno spaccato, dove il messaggio è chiaramente da intendere al contrario rispetto a quello che si dice nello spettacolo» racconta Sirressi.

In caso di maltempo l’evento verrà spostato all’essiccatoio Cascina San Giovanni. «Terre del Vescovado Teatro Festival 2024» è organizzato da Albanoarte Teatro ETS e realizzato con il supporto del Comitato turistico Terre del Vescovado e con il contributo e sostegno di Comune di Albano Sant’Alessandro, Comune di Bolgare, Comune Di Chiuduno, Comune di Costa di Mezzate, Comune di Pedrengo e Comune di Scanzorosciate, di S.I.E.C. srl (CineTeatro Gavazzeni – Seriate) e in collaborazione con Associazione A levar l’ombra da terra e il Teatro Prova.

Approfondimenti