Un grande rito collettivo. Questo sarà “Ricordami”, ad Alzano, il 27 settembre. Un ricordo delle migliaia di persone venute a mancare nel giro di un paio di mesi a causa della pandemia, ma anche un modo per riunire la comunità, attraverso l’elaborazione del vissuto doloroso di ciascuno. Un pomeriggio di festa al Parco Montecchio, senza che la parola festa suoni irriverente, organizzato dall’associazione culturale EduFactory in collaborazione con la città di Alzano Lombardo.
“Ricordami” mette al centro le famiglie alzanesi che sono state toccate dal Covid e la memoria dei loro cari scomparsi. Dopo un incontro preliminare, il 9 settembre alla biblioteca di Alzano, i partecipanti sono stati invitati a portare, domenica 27 settembre, materiali e ricordi per un’attività laboratoriale, cui seguirà immediatamente una trasposizione teatrale.
“Il laboratorio sarà articolato attraverso tre ‘isole’ – racconta l’attore Oreste Castagna, che con Silvia Barbieri, Daniela Taiocchi e lo storico Paolo Barcella sta curando il progetto – Una dedicata ai volti e ai ritratti dei cari, una sul loro mestiere e gli strumenti di lavoro e un’altra dedicata ai loro hobby, ai loro spazi, al loro ruolo sociale. Silvia scriverà una storia al momento, seguendo i laboratori: saranno tante storie diverse che poi si compongono insieme. Sul palco saliranno anche le famiglie, sarà un ricordo collettivo”.
La giornata
L’appuntamento è al Parco Montecchio a partire dalle 15,30. Prima di cominciare con i laboratori ci sarà un momento di spettacolo con diversi contributi, dalla tata Francesca Valla a Luciano Ravasio, comprese bolle di sapone e un mago per i più piccoli. Oreste Castagna porterà sul palco una storia tratta da “Il Principe Felice” di Oscar Wilde. Contestualmente viene raccolto il materiale portato dalle famiglie alzanesi.
Attorno alle 17 partono i laboratori, che coinvolgono tutta la famiglia: i piccoli disegneranno, mente i più grandi scriveranno microstorie e saranno coinvolti nell’opera di teatralizzazione, che si terrà alle 18. I laboratori si svolgeranno alla presenza di otto animatori di EduFactory, ai quali si aggiungerà il personale volontario coinvolto dal Comune, in particolare giovani che arrivano dagli Oratori. La conclusione della giornata verso le 19, con un lancio di palloncini. Saranno presenti Bergamo Tv e alcune trasmissioni Rai, sul web verrà trasmessa una differita sul profilo Facebook di EduFactory e Comune di Alzano. In caso di pioggia la manifestazione sarà rinviata alla settimana successiva.
Il ricordo di una generazione
Il Covid-19 ha imposto alla nostra provincia perdite devastanti da diversi punti di vista. Delle migliaia di persone venute a mancare nel giro di un paio di mesi, la gran parte apparteneva a una generazione, ovvero quella dei nonni: persone anziane spesso molto attive nella vita culturale, economica e sociale delle nostre comunità.
“Sono scomparsi tanti cantori dell’infanzia: i nonni e le nonne. È mio dovere raccontarlo, testimoniarlo, ricordarlo. Evocando, fare in modo che nessuno dimentichi; per questo mi sono, ci siamo, dedicati a questo evento”, commenta Oreste Castagna.
Molti sono i personaggi “memorabili” che non ci sono più: persone conosciute da tutti nei paesi perché attive nel volontariato, come operatori di patronato, segretari e organizzatori di associazioni dedite all’animazione dei quartieri e dei comuni. Erano spesso le braccia, le gambe e le teste su cui si reggevano le feste popolari, nelle strutture parrocchiali e negli oratori. Nel privato, poi, erano le nonne e i nonni impegnati nell’accudimento dei nipoti.
Con loro se ne è andata anche la memoria del mezzo secolo passato, la loro esperienza ed eredità culturale. Perciò non si tratta solo di ricordare, ma di raccogliere la loro eredità. Un’operazione complessa e multiforme, mai estemporanea, come nelle storie raccontate dalla “Spoon River” di Nembro.
Una storia personale
Per Oreste Castagna raccontare l’esperienza del Covid, vissuta sulla propria pelle, è necessario. L’attore e regista bergamasco, volto amato dell’Albero Azzurro e dalla tv dei bambini, ha raccontato qui il suo contatto ravvicinato con la morte e la sofferenza.
“Da molti anni racconto storie in tv e in teatro, ma da molti mesi la storia che voglio raccontare è quella del mio duro incontro con il Covid. Come migliaia di persone sono stato aggredito e malato, in fin di vita e rinato. Una esperienza della mia vita che mi ha segnato nel profondo”, spiega.
Come tanti bergamaschi, le prime avvisaglie della malattia a inizio marzo: “Ero a casa con influenza e febbre, e mi accorsi di avere perso il gusto. Un lunedì sera sono andato dal mio medico di base, avevo la saturazione a 85. Faticavo a respirare, ma lui ha minimizzato. Ero tranquillo, sono tornato a casa e mi sono addormentato. Mi sono svegliato come nei film, circondato da gente al Pronto soccorso del Papa Giovanni XXIII, con la saturazione a 72. C’erano centinaia di persone, fuori e dentro. Mi hanno messo il casco con l’ossigeno in testa, ero in una stanza con 30 o 40 persone: gente che urlava, piangeva, veniva sedata, si strappava le maschere”.
Un ricordo drammatico, dove al dolore fisico si aggiunge l’angoscia e l’impossibilità di comunicare con l’esterno: “Mia moglie aspettava con angoscia la telefonata di qualcuno che le avrebbe comunicato la mia morte. Anche il mio figlio maggiore, di cinque anni, ha vissuto molto male quel periodo”. Intanto le condizioni di salute peggiorano: “Il dottore mi ha comunicato che avevo una polmonite bilaterale abbastanza grave. In reparto ho avuto un crollo di ossigenazione e sono stato due giorni in coma. Mi sono accorto che morire è un attimo, facilissimo, senza neanche bisogno di provare tanto dolore. Credo che a salvarmi sia stata una cura antimalarica che avevo fatto con l’eparina pochi mesi prima”.
Dopo la degenza al Papa Giovanni e a Gazzaniga, ora la riabilitazione al Matteo Rota: “La carenza di ossigeno mi ha portato ad alcune problematiche neurologiche di confusione, depressione, mancanza di memoria. È una esperienza che ti cambia e ti segna dentro”. Un’esperienza che tanti – in modi simili – hanno fatto, in prima persona o attraverso i propri cari. E che non possiamo dimenticare.