Acli Bergamo ha pensato bene che per raccontare il nostro presente liquido e sempre più tecnologico fosse utile usare “Black Mirror”. La serie tv britannica sarà al centro di “Cose serie”, due incontri -laboratorio il 3 e il 17 luglio di confronto e riflessione su come la tecnologia sta cambiando i paradigmi delle nostre vite (dalle 18.30 alle 22, costo 5 compreso l’apericena – Per info e iscrizioni: [email protected]). Di fronte la prospettiva angosciante e anti-utopica di uno dei prodotti televisivi più ficcanti degli ultimi anni. Abbiamo voluto saperne di più contattando Simone Pezzotta, uno degli organizzatori.
LB Partiamo da una domanda ovvia. Come è nata l’idea?
SP Come Acli spesso proponiamo incontri attinenti a temi quali politica, economia, ecologia ecc. tentando di formare una coscienza critica e offrire ai partecipanti dei nostri incontri spunti e strumenti per avere uno sguardo più lucido sulla società e i suoi cambiamenti. L’idea di “Cose Serie” arriva dal voler reinventare un modo di comunicare alle persone utilizzando un veicolo che oggi ha un riscontro incredibile: il mondo delle serie tv.
LB Ma saranno incontri con un relatore?
SP No, ci rifaremo ad un testo scritto da due giovani filosofi: “Black Mirror. Narrazioni Filosofiche” (edito da Mimesis) di Fausto Lammoglia e Selena Pastorino, i quali hanno analizzato le tematiche espresse nella serie tv rispetto a ciò che accade nella realtà dei nostri giorni. Attraverso gli spunti della serie e del libro attiveremo un laboratorio in cui i partecipanti saranno i veri protagonisti. Non è prevista infatti la presenza di un relatore, ma utilizzeremo metodi di animazione per stimolare riflessioni e produzioni di pensiero.
LB “Black Mirror” si basa su un carattere tipico dello zeitgeist contemporaneo: il futuro visto come una minaccia. E il presente invece?
SP Il futuro di cui parla “Black Mirror”, come avremo modo di analizzare, è già in parte presente. L’espressione “Black Mirror” allude ad ogni strumento tecnologico che spento o inattivo si trasforma in un’oscura luce riflettente. Il tema della tecnologia e delle sue derive oggi è parte della nostra quotidianità. Pensiamo a come essa si rifletta sulle nostre relazioni, sul modo di lavorare, di comunicare o di fare politica o alle malattie sociali come il fenomeno degli Hikikomori generate da un uso compulsivo di apparecchi tecnologici che portano all’isolamento di molti giovani anche nella nostra nazione.
LB Senza svelare troppo del contenuto degli incontri, quali caratteri determinanti nel nostro tempo si individuano in “Black Mirror”?
SB Il carattere determinante è l’utilizzo e la relazione con la tecnologia. Per essere provocatori: chi è il vero strumento? Siamo noi ad incidere sulla realtà utilizzando gli schermi o sono loro ad aver strumentalizzato la realtà?
LB In cosa invece secondo te manca il bersaglio?
SB Sarò di parte ma trovo questa serie tv spiazzante, lucida e necessaria. Alcuni episodi sono davvero una lente di ingrandimento sul nostro mondo occidentale. Inoltre il fatto che ogni episodio sia a sé stante non seguendo una trama generale la rende anche più fruibile.
LB La visione dell’impatto della tecnologia sulla vita di tutti i giorni in “Black Mirror” è decisamente negativa.
SP Se oggi provassimo a vivere una settimana senza utilizzare gli strumenti tecnologici con cui conviviamo assiduamente molti di noi probabilmente si sentirebbero persi, con una sensazione di vuoto. Non voglio passare per retorico ma piuttosto concentrarmi su come incide questo utilizzo sfrenato della tecnologia nella nostra vita. Occorre un sano discernimento per capire quanto può davvero influenzare il nostro modo di vivere. Il comportamentismo avrebbe qui molto da dire.
LB “Black Mirror” lavora in modo immaginifico su quella frizione fra possibile e impossibile che è uno dei caratteri fondamentali del nostro tempo, in cui il possibile tende sempre di più verso l’impossibile. Quindi le situazioni narrate sembrano impossibili, tuttavia mano mano che il racconto procede diventano sempre più verosimili ed epifaniche. Sei d’accordo?
SP È sicuramente uno dei lati più affascinanti della serie, il convincersi che tutto ciò che accade potrebbe in un futuro vicino tramutarsi in realtà. Alcuni episodi oscillano tra il reale e il realizzabile, è questo forse che rende la serie a tratti inquietante.
LB In questo si distinguono molto da certe distopie letterarie e filmiche del Novecento, penso a “1984” o a “Fahrenheit”, in cui lo schema era quello tipico di una società “solida”, ovvero la contrapposizione fra consentito e vietato. Essendo ben chiara la contrapposizione, in qualche modo, pur svelando certi meccanismi, queste narrazioni rassicuravano. Mentre l’effetto di “Black Mirror” è un disvelamento all’insegna dello smarrimento, un carattere tipico del nostro tempo…
SP In questo sono maestri ad esempio i cineasti dell’animazione giapponese dove contrapposizioni nette tra giusto e sbagliato, buono e cattivo ecc venivano già smontate più di trent’anni fa. Certo con una visione del mondo più positiva, con uno spirito di rilancio a partire dall’uomo. In “Black Mirror” non c’è spirito di rilancio, non c’è una via di ripartenza, una soluzione, una via. Lo smarrimento è ciò che vuole indurre alla fine di ogni episodio. Ti sbattono davanti agli occhi una cruda narrazione futuristica della società senza proporti delle piste alternative. Sta a noi non farci dominare da questa visione, ma farla nostra per avere uno sguardo nuovo.
LB Siamo di fronte ad una distopia, o meglio ad un’anti-utopia. Non è eccessivamente negativa?
SP Credo che questo portare al limite estremo alcune piste narrative sia in parte il voler dare una connotazione marcata alla serie. Spingersi oltre l’inimmaginabile mantenendo un tratto realistico. Penso sia il marchio di fabbrica che ha potuto rendere celebre questa serie tv.
LB “Fantascienza, drammatico, satira, distopico, thriller, antologico”. Così è classificato “Black Mirror” su Wikipedia. Il suo successo si deve anche ad una difficoltà di classificazione secondo te?
SP Sono sempre molto scettico sulle classificazioni. Credo che alcune forme d’arte facciano fatica ad essere perimetrate. Anche pensando ad altre serie tv che ho seguito con interesse e che hanno come “Black Mirror” molto da dire della nostra società (penso ad House of Cards o Breaking Bad) faccio fatica a confinarle attribuendogli un termine come drama, thriller o altro. Credo che il mondo delle serie tv sia guardato con interesse oggi perché è capace di mescolare più generi lungo i vari archi narrativi.
LB Ci sono altre serie tv che consideri efficaci nel raccontare le dinamiche del contemporaneo?
SP Sì, ce ne sono molte che meriterebbero di essere approfondite. Cito “House of Cards” per il tema del potere, della politica, del successo, dell’individualismo, della carriera. Oppure “The walking dead”, la creazione di un immaginario post apocalittico dove ripensare relazioni e dinamiche sociali.