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Le parole a mezz’aria di Gaber, Pasolini, Viola e Jannacci

Articolo. Due reading di Alberto Salvi in scena per A levar l’ombra da terra il 23 e il 30 luglio

Lettura 3 min.
Alberto Salvi

Nella rassegna A levar l’ombra da terra arrivano i capelloni degli anni Settanta, gli ubriachi dei Navigli milanesi e pure chi faceva il palo nella banda dell’Ortica. Accade in scena grazie a due reading di Alberto Salvi, direttore artistico della rassegna, in altrettanti luoghi della provincia: martedì 23 luglio alle 21 a Villa di Serio presso il cortile della Biblioteca Comunale (via Papa Giovanni XXIII, 60) con “Scritti corsari. Pasolini incontra Gaber” e martedì 30 luglio alle 21 a Parre in piazza San Rocco con “Quelli che… Viola incontra Jannacci” (entrambi gli appuntamenti ad ingresso libero).

Quelli narrati da Salvi – sulle note della fisarmonica di Gino Zambelli nel primo appuntamento e della chitarra di Luigi Suardi nel secondo – sono personaggi che prendono vita negli scritti e nelle canzoni di Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci, e di autori come Pier Paolo Pasolini e Beppe Viola. Figure che hanno fotografato in parole e musica l’Italia di qualche decennio fa, ma con quella forza e visione capaci di dire ancora tantissimo sul mondo di oggi.

I due spettacoli fanno parte di “Parole a mezz’aria”, una trilogia firmata da Salvi, che comprende un terzo appuntamento ancora in divenire dedicato al giornalista e scrittore Luciano Bianciardi – ispiratore del titolo del percorso – e al cantautore e poeta Piero Ciampi. Quest’ultimo anche al centro dello spettacolo di Arianna Scommegna “…e bastava un’inutile carezza a capovolgere il mondo”, in scena nella Biblioteca di Nembro il 22 luglio alle 21 (sempre ingresso libero).

Niente allestimento, nessun costume, mimica ridotta e movimenti in scena pure. Una scelta all’insegna dell’essenzialità quella di Salvi. In cui l’unico elemento scenografico è una luce che illumina un leggio, per lasciare spazio alle protagoniste assolute di questi reading: musica e voce.

“Ogni volta che leggo le parole di Pier Paolo Pasolini mi viene la pelle d’oca – spiega lui – L’idea del primo spettacolo parte da una fascinazione per come un uomo degli anni Settanta abbia potuto scrivere cose così attuali. Nelle sue pagine riesce a toccare questioni molto ostiche con una certa semplicità e a spiegare fatti complessi anche a persone apparentemente distanti da quei temi. Penso a un pezzo come ‘Contro i capelli lunghi’, scritto a metà anni Settanta e dedicato ai ‘capelloni’, che tanto lo incuriosivano e lo affascinavano per quella scelta di ribellione portata avanti come sottocultura e poi diventata di appannaggio di chiunque come scelta estetica, impedendo la distinzione tra un orientamento politico e l’altro. Oggi potremmo sostituire i capelli lunghi alle rasature, ai tatuaggi o alle barbe, ma il discorso resta lo stesso.

L’accostamento al cantautorato di Giorgio Gaber è invece suggerito da due canzoni: “Che bella gente” e “Io se fossi Dio”. “Due pezzi che mi sono immediatamente venuti in mente lavorando su Pasolini, perché altrettanto capaci di raccontare quello stesso mondo marcio: il primo lo fa in modo più lieve – continua Salvi – il secondo invece preferisce un tono caustico, lanciando una vera e propria invettiva contro tutto e tutti, mossa da una volontà di distacco totale: ‘E allora / va a finire che se fossi Dio / io mi ritirerei in campagna /come ho fatto io’”.

E mentre Gaber progetta di ritirarsi in campagna per evitare chiunque, Viola e Jannacci portano chi legge e li ascolta nel sottobosco di Milano, che rivivrà in “Quelli che…”. Il secondo appuntamento in parole e musica ha per protagonista il grande giornalista sportivo e autore meneghino, amico del medico-cantautore, autore di “Vengo anch’io, no tu no”. “Un mondo che per Viola è popolato dal camionista di Cerignola, da un uomo che dopo anni di lavoro al tecnigrafo decide di fare una rapina, e da altri campioni mancati. Amabilissimi nel loro essere capaci di rispecchiare in un tratto o in un gesto anche parti di noi, figure molto distanti da quelle di Hollywood e più vicini al cinema di De Sica, Visconti e Monicelli. Persone ai margini, ma con aspetti eroici, nonostante il loro cadere e ricadere negli inghippi della vita”.

Non c’è tragedia, né dramma in quei personaggi e nei loro inciampi, ma “una grande ironia nei confronti del mondo e di loro stessi e dell’errare. Dove errare può essere inteso sia come sbagliare, sia come vagare”. Così quasi per caso, lavorando alla drammaturgia dello spettacolo, Salvi scopre che Viola tanto gli richiama Jannacci e che i due sono stati per lungo tempo amici. Almeno finché la rivendicazione di Viola a Jannacci sulla paternità dei diritti dei testi delle canzoni non li ha allontanati.

Pure in Jannacci l’ironia resta, spesso a denti stretti, a volte si sconfina nella malinconia, ad esempio in un pezzo poco conosciuto come ‘La costruzione’ (versione italiana di “Construção” di Chico Buarque, ndr), una canzone molto triste ma bellissima, per poi aprirsi a squarci da commedia in brani come ‘Faceva il palo (nella banda dell’Ortica)’”.
Oggi nello storico quartiere dell’Ortica di Milano non c’è più lo sguercio della banda cantato da Jannacci e la vecchia balera del dopolavoro ferroviario è diventata un luogo di ritrovo dove gli over ’60 ballano il liscio e i giovani passano da uno spritz ai mercatini vintage. Chissà come l’avrebbero cantata Gaber e Jannacci la Milano del 2019.

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