Itineranti storicamente e per loro stessa natura, non esiste staticità quando si parla di arti sceniche; ma ce n’è una che, più di tutte, porta nel suo codice ancestrale il movimento: il circo. La sfida alla gravità, lo spazio onirico, il linguaggio apparentemente immediato e trasversale, la messa a disposizione di immaginari aperti dove ad ognuno è concesso di riconoscere dei significati.
“ll circo è vita, è Zoé”. Inizia con questo verso il manifesto di Circo Zoé, compagnia di circo contemporaneo che vede due bergamaschi tra i tre soci fondatori: Simone Benedetti, acrobata funambolo e Diego Zanoli, musicista e compositore. Da più di dieci anni la numerosa compagnia composta da artisti e tecnici gira il mondo in tournée. Abbiamo parlato con loro per scoprire cosa li abbia spinti a lasciare Bergamo.
Simone Benedetti racconta come è nata la sua passione: “Prima dell’interesse per il circo, per me c’è stata la necessità, il bisogno, di trovare un canale attraverso il quale esprimermi, cosa che credo accomuni qualsiasi artista; ho scelto il circo perché è una disciplina fisica, diretta e poco compiacente. Sono state poi le esperienze a creare occasioni, nel mio caso l’interesse per lo spettacolo è iniziato dall’ambito sociale”. Gli spazi aggregativi in città, sono stati, infatti, il luogo di incontro tra i due artisti, come spiega Diego: “Mi sono avvicinato alla musica da bambino. In adolescenza ho scoperto le tecniche circensi ed il teatro di strada grazie ad alcune realtà bergamasche che si occupavano di fornire un’alternativa ai giovani. Da lì in poi, c’è stata un’evoluzione naturale delle cose, mossa da incontri e dal mio bisogno di fare musica in un modo che andasse oltre ai concerti”.
Sono moltissimi i festival nel mondo che hanno ospitato Circo Zoé in Europa, America Latina e Africa, ma poche le città italiane aperte a questo tipo di spettacolo. E Bergamo, storicamente più affezionata al teatro lirico e di prosa, non è tra queste.
Nell’immaginario italiano, il circo è ancora fortemente legato alla tradizione familiare, ma da qualche anno – in coda a tutto il panorama europeo – si sta facendo strada il circo contemporaneo, una commistione tra le discipline acrobatiche tradizionali e quelle più legate al teatro, come il palco, la musica dal vivo e la danza. Il bisogno di sperimentazione e formazione è ciò che ha spinto i due artisti ad allontanarsi spesso da Bergamo, alla ricerca di terreni più fertili: “In Italia il circo è arrivato con un forte ritardo rispetto alla Francia, esempio e culla delle sperimentazioni – spiega Simone – Da noi si sta scoprendo ora, anche grazie ad artisti andati all’estero e poi tornati, come io stesso ho fatto. Si fanno percorsi ed esperienze con l’obiettivo anche di rientrare per portare avanti quanto appreso. Bergamo ha le sue rassegne, ma non si può dire sia un centro di ricerca del circo contemporaneo. È un po’ come un cane che si morde la coda: manca la richiesta perché la proposta è sempre stata insufficiente”.
Nonostante i dieci anni di attività e la percentuale di origini bergamasche, sono state poche le apparizioni di Circo Zoé nella nostra città, così dice Diego Zanoli: “Nel 2012 abbiamo debuttato al Teatro Sociale, poi la rassegna che ci aveva ospitato si è trasformata in altro. Sebbene esistano alcune valide realtà, a Bergamo c’è sempre stata poca visibilità, forse poco interesse verso la scena. Spesso si accomuna il circo contemporaneo al teatro di strada, ma non sono la stessa cosa. Manca da sempre un vero festival di circo, eppure esistono luoghi bellissimi che potrebbero accogliere lo chapiteau (il tendone posto sopra la pista del circo, ndr)”.
Nello scenario attuale, in un momento storico in cui i lavoratori dello spettacolo si trovano in una posizione ancor più precaria di quanto già non fosse, è inevitabile chiedersi quale sia il proprio angolo da chiamare casa. “Questo periodo mi ha spinto a riflettere molto sull’avere un posto dove tornare e dal quale ripartire, ma per me fare una vita itinerante significa non essere legato ad un luogo, non è una questione di spazi, è uno stato d’animo: quando vivi in viaggio chiami ‘casa’ delle sensazioni”, racconta Benedetti.
La pandemia di Covid19 ha portato alla luce alcune difficoltà già note ai lavoratori dello spettacolo, come incertezza e scarsità di tutela, ma non si può sottovalutare nemmeno quanto il dinamismo sia un elemento altrettanto fondamentale per lavorare nel campo della cultura. “Quel che c’è di speciale nel circo è proprio il suo essere vivo, in movimento. Si arriva nelle città, nelle piazze, montando un vero e proprio ‘teatro’ dal nulla. Quest’arte è fatta di contaminazione reciproca, gli spettacoli sono mutevoli e si nutrono del viaggio, non solo grazie al pubblico, ma anche per le culture e i paesaggi sempre diversi che ospitano noi artisti ed i nostri tendoni. L’immaginario che nasce mentre si allestisce in città, il fervore della gente: il circo non va cercato, si fa trovare, riesce ad abbattere i confini”, dice Diego.
Partendo dal presupposto che un artista non possa esistere se privato del pubblico, è indubbio che la connessione tra le due parti sia un punto sul quale interrogarsi. Perché si crei un panorama circense a Bergamo – e in Italia – è quindi necessario educare il pubblico, o è compito degli artisti sapersi adattare alla domanda culturale della città? Per Simone è una co-responsabilità: “Se ci fosse più offerta, più proposta, anche il pubblico saprebbe cogliere il substrato ricco di messaggi che va oltre al semplice atto performativo in sé. Nel circo d’autore c’è una costante ricerca di contenuti coadiuvata dalla disciplina. L’acrobata esprime un concetto attraverso il corpo, lo studio passa dall’allenamento, mentre il linguaggio è nel movimento”.
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Acrobati e musicisti, ma non solo, l’impegno è comune e condiviso: “Far parte di una compagnia – secondo Zanoli – significa non limitarsi al proprio ruolo artistico, ma occuparsi anche di aspetti logistici ed organizzativi. È così per tutti noi: guidiamo i camion che trasportano le strutture, montiamo il tendone e ci occupiamo di amministrazione. Nello specifico, sì, il mio mestiere è quello di comporre ed interpretare le musiche di tutti i nostri spettacoli, ma non essendoci linguaggio verbale, la drammaturgia si traduce in linguaggio corporeo e musicale. A volte è la musica ad ispirare, altre volte il gesto, è una creazione in simultanea basata su reciproche suggestioni tra me e tutti gli acrobati”.
Insomma, Simone Benedetti e Diego Zanoli continuerebbero volentieri a viaggiare lontano da casa insieme a Chiara Sicoli, terza socia fondatrice della compagnia, e a tutti gli altri artisti, ma il mondo dello spettacolo sembra essersi fermato e l’ipotesi di una riapertura pare ancora remota: “Questa situazione mette in ginocchio tutto il settore. Noi difendiamo la possibilità di portare avanti lo spettacolo dal vivo, l’alternativa dello streaming va bene per il cinema, la TV, ma il circo ha bisogno di pubblico”, spiega Simone. Diego aggiunge: “È stata tirata una linea netta inserendo l’arte tra le cose futili e abbandonabili, trattando il nostro come un lavoro non fondamentale. Manca quel che c’era prima, dall’emozione della calca, dei bambini sotto la pista, alle chiacchiere con il pubblico prima e dopo gli spettacoli”.
Senza darsi per vinti, nel rispetto delle regole, Simone e Diego continuano il loro viaggio e il loro lavoro, tra Italia e Francia, approfittando di questi mesi silenziosi per dedicarsi alla creazione ed allo studio, in vista di tempi migliori per tutti i lavoratori dello spettacolo.