“Marta è una giovane cantautrice e, per potersi permettere di inseguire la propria passione musicale, lavora come etichettatrice in un supermercato. Si occupa infatti di porre un’etichetta sui prodotti negli scaffali con una parola che li categorizzi, rendendoli facilmente distinguibili. A poche ore dal suo primo concerto, al termine del proprio turno lavorativo, trova sul telefono cinque chiamate perse. Ciò che la attende è una lunga notte”.
È questa la sinossi di “LABELS”, miniserie di Andrea Carsana nata grazie al supporto di Global Young Voices, una piattaforma digitale che attraverso lo storytelling si prefigge di essere fonte di ispirazione per i giovani. Il primo dei tre episodi sarà disponibile su YouTube dal 1 febbraio, gli altri due l’8 e il 15. Ogni parte – in inglese con sottotitoli – dura dai sei ai nove minuti e ha come protagonista Giulia Fontana, ovvero la cantautrice HÅNdi cui vi abbiamo parlato qualche tempo fa.
“LABELS”, ci racconta Carsana, “tocca molteplici tematiche d’attualità, dalla parità dei sessi alla discriminazione sul posto di lavoro, dalla sessualità al diritto al lavoro degno. Il tutto, condito da una costante atmosfera onirica, ruota attorno alla musica. La discriminazione nell’industria musicale è difatti l’esempio lampante di una situazione sotto gli occhi di tutti ma al contempo totalmente ignorata”. Gli argomenti, il mood completamente antiretorico e la modalità di fruizione sono parecchio interessanti. Abbiamo fatto qualche domanda ad Andrea.
LB: Come è nato il progetto?
AC: Collaboro da qualche anno con GlobalYoungVoices e nonostante sia un progetto dal respiro internazionale Camilla e Alberto, Founder e Project Leader, sono bergamaschi come me. Lo scorso anno un contest da loro organizzato (GYV SDGs Cup) è stato premiato dalle fondazioni di prestigiose aziende quali Accenture, Feltrinelli ed Eni. Per il 2020 l’idea è stato di riproporlo facendo un passo in più, ovvero il creare un contenuto che potesse creare interesse per il blog nel periodo più “caldo” per le application al contest.
LB: Il tutto incentrato su tematiche sociali, ed è nato “LABELS”.
AC: Sì, tematiche che chiamano in causa i giovani. Avevo già da tempo in mente un cortometraggio con quel focus, l’idea è piaciuta e il progetto “LABELS” è entrato nel vivo da settembre 2019. È stata una vera corsa contro il tempo. Per questo sono molto grato a tutte le persone che hanno collaborato al progetto, mi sono state di grande aiuto.
LB: Nella presentazione scrivi che hai preferito coinvolgere una cantante invece che un’attrice professionista.
AC: Esatto, mi piaceva l’idea di coinvolgere una figura che potesse sentirsi toccata dalle tematiche della miniserie. Ho voluto parlare anche dell’industria musicale perché in qualche modo la ritengo un esempio sotto gli occhi di tutti di un certo tipo di discriminazione, nonostante sia un tema “pop”, nessuno ne parla. Quindi ecco, l’idea di dare maggior realismo a “LABELS” mi ha portato a cercare una cantante per il ruolo di protagonista.
LB: Da qui l’idea di HÅN.
AC: Avevo qualche nome in mente, la scelta è ricaduta su Giulia (HÅN, ndr) in quanto la trovavo perfetta per il mood che volevo portare sullo schermo. Sapevo che non essendo un’attrice sarebbe stato necessario ricamare il tutto attorno alla sua persona, per un risultato migliore. Mi era capitato di sentirla live a Barcellona e dopo qualche mese l’ho contattata, l’idea è subito piaciuta e questo fa la differenza in certi casi. Giulia è di Brescia il che ha facilitato il tutto, l’intera troupe e cast sono composti da ragazzi da bergamaschi e bresciani, fra professionisti del settore e chi si sta affacciando in questo mondo.
LB: Nei tre episodi del film c’è un brano ricorrente, che è “Rhinoceros” degli Smashing Pumpkins, come mai questa scelta?
AC: Questo è un aneddoto curioso. Sono un grande appassionato di musica e passo gran parte del mio tempo a ricercare artisti nuovi. Sono molto legato ai miei gusti del passato e i primi album degli Smashing Pumpkins li ho letteralmente consumati. Hai giustamente parlato di atmosfere malinconiche e sognanti, il loro capolavoro non a caso è “Mellon Collie and the Infinite Sadness”, vedi che tutto torna? Il brano “Rhinoceros” ha sempre avuto un grande fascino per me, è complicato da spiegare ma l’idea della miniserie nasce dal ritornello. “LABELS” rappresenta anche il potere evocativo di una canzone. Poi tutte queste emozioni sono state perfettamente racchiuse da Lou Floyd nella colonna sonora originale. Lorenzo è un polistrumentista, compositore, e producer con forti influenze Berlinesi, ne sentiremo parlare in futuro. A lui ho chiesto di tradurre in musica i due mood del progetto, sogno e incubo.
LB: Parità dei sessi, discriminazione sul posto di lavoro, sessualità, diritto ad un lavoro degno. “LABELS” si muove intorno a queste tematiche. L’etichetta è il simbolo di una privazione della libertà?
AC: Non voglio dilungarmi su quello che è la discriminazione o sarei didascalico, “LABELS” non lo è. Basta guardarsi attorno per prendere coscienza di come più passa il tempo più ci costruiamo noi stessi delle etichette che ci possano identificare in un gruppo. È difficile prevedere a cosa può portare questo frazionamento, ma essere come prodotti di un supermercato rappresenta una buona metafora. Non si ha certo la presunzione di fare semplici morali, semplicemente di porre una questione da un punto di vista diverso dal solito.