Il concetto di chimica evoca facilmente nelle nostre menti un’idea di pericolo, tossicità , oppure rimanda all’immagine del classico fusto giallo cartoonesco che perde una gelatina verde fosforescente. Ma se vi dicessi che sostanza chimica significa anche sicurezza?
Poiché ogni giorno abbiamo a che fare con sostanze chimiche che rendono la nostra vita più sicura, quest’oggi vi invito a seguirmi in una bella domenica di primavera per scoprire la chimica che opera silenziosamente per la nostra sicurezza.
Ore 6, la levataccia e l’airbag
Mi sveglio, preparo zaino e scarponcini e mi metto al volante: destinazione montagna. Percorro la valle con la musica in sottofondo ed il paesaggio che scorre. Dietro al volante, in ogni istante, una capsula piena di un composto chimico è pronta a detonare nel caso ci dovesse essere un forte impatto. La detonazione innescherebbe una reazione chimica, rilasciando una grande quantità di gas e riempiendo nell’arco di pochi millisecondi il dispositivo che tutti conosciamo come airbag. Questo dispositivo salvavita deve agire in tempi incredibilmente rapidi per essere efficace.
Un sistema meccanico non sarebbe in grado di svolgere questo compito, ma fortunatamente ci viene in soccorso la chimica!
La sostanza contenuta è chiamata azoturo di sodio, un sale che è in grado di liberare una grande quantità di azoto, un gas inerte e innocuo, in pochissimo tempo. Questo azoto che inizialmente è “cristallizzato” nelle povere dell’airbag è proprio quel gas che andrà a riempire il sacco adibito ad assorbire l’energia dell’impatto. L’innesco richiede una grande energia, solitamente fornita da un innesco elettrico. Questa utilissima molecola ha tuttavia una tossicità elevata, paragonabile al cianuro, quindi evitate di manomettere o aprire i vostri airbag. Una volta innescato l’airbag la tossicità svanisce poiché tutta la sostanza viene consumata e convertita in gas e residui inerti.
Ore 10, la passeggiata e la crema solare
Arrivato a destinazione (con l’airbag ancora integro!) vengo accolto dall’aria frizzante e da un sole battente. Dunque prima di partire per una camminata mi spalmo in viso un po’ di crema solare. Mi avvio, sapendo di aver fatto la mia parte nel proteggermi al meglio dalla porzione dannosa della radiazione solare: la radiazione ultravioletta.
Ecco ancora la chimica. Nel sottile strato di crema applicato possiamo trovare due classi di composti chimici. La prima sono gli ossidi metallici come biossido di titanio e ossido di zinco. Queste molecole sono in grado di bloccare, assorbire e riflettere la radiazione UV. La seconda classe sono molecole organiche come l’avobenzone e l’ossibenzone. Questa classe di molecole è definita aromatica poiché contiene un anello benzenico. Proprio questa struttura molecolare rende possibile l’assorbimento dei dannosi raggi UV, che vengono dissipati sotto forma di calore.
Ore 15, il rientro e il codice a barre
Soddisfatto del giro, mi avvio verso casa. Lungo la strada decido di fare un salto al supermercato sulla strada di ritorno. Passando tra gli scaffali guardo le date di scadenza e mi interrogo su come si possa essere sicuri della freschezza di certi alimenti. Ad oggi dobbiamo far affidamento sulle etichette e le nostre abilità sensoriali, ma ci sono possibili novità all’orizzonte. Per monitorare la freschezza delle carni, il team Giapponese di To-Genkyo ha proposto un’etichetta che si colora progressivamente rendendo il codice a barre ineleggibile una volta raggiunta la scadenza, ma come funziona? L’etichetta contiene un pigmento ricavato dal cavolo viola, verosimilmente un’antocianina, che a contatto con l’ammoniaca sviluppata dall’invecchiamento della carne si colora irreversibilmente.
Questa notizia è stata molto ripresa alla fine del 2024 ma scavando ho scoperto che l’idea è stata proposta già nel lontano 2008! Anche la catena del freddo beneficia di strumenti simili detti ITT (Indicatori Tempo Temperatura) in grado, di indicare se i prodotti surgelati sono rimasti esposti a temperature eccessive che ne compromettono la sicurezza alimentare. Questi dispositivi sfruttano diverse reazioni chimiche o biochimiche di miscele complesse, producendo un effetto misurabile e visibile con cui gli operatori della catena del freddo possono monitorare i prodotti che finiscono sulle nostre tavole.
Ore 19, la mia fame e il rilevatore di fumo
Prima del tramonto mi assale la fame e dunque mi metto a fuochi inizio a cucinare. Distrattamente perdo il senso del tempo e finisco per bruciare la cena. Mi precipito a spalancare le finestre per disperdere il fumo prima che faccia scattare il rilevatore di fumo. Pericolo scampato, ma se ci fosse stata una quantità di fumo superiore, magari dovuta ad un incendio o un guasto elettrico sarebbe prontamente scattato l’allarme del rilevatore. Esistono diversi tipi di rilevatori di fumo, tuttavia tra i più affidabili ed interessanti troviamo quelli che sfruttano l’americio 241 un isotopo radioattivo prodotto dall’uomo a partire dal plutonio . All’interno dei rilevatori di fumo ne è presente una piccola quantità che attraverso il processo di decadimento radioattivo è in grado di generare una piccola corrente elettrica che indica al sensore che va tutto bene. Nel momento in cui il fumo raggiunge la camera del sensore il circuito viene interrotto e scatta l’allarme. Anche se la radioattività è poco compresa e fa paura, le sue applicazioni, come quella appena descritta, hanno salvato e salveranno molte vite.
Ed ecco qui come in una tranquilla domenica di primavera la chimica ci ha silenziosamente protetto grazie alle invenzioni che ne sfruttano brillantemente i principi.