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Scopriamo le proprietà del Porfiroide Grigio Scuro, la preziosa lavagna bergamasca

Articolo. Non lontano da Foppolo si estrae una pietra triassica simile alla famosa Lavagna che, con un’antica e sapiente lavorazione rigorosamente artigianale, viene trasformata in tetti e pavimentazioni grazie alle due spiccate proprietà di resistenza ai climi rigidi, all’irraggiamento e ai carichi

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Forse non tutti sanno che Lavagna è contemporaneamente il nome di un luogo, di una pietra e di un oggetto. Lavagna, oggi meta turistica ligure nel golfo del Tigullio, non lontano dalle Cinque Terre e rinomata per le sue spiagge e il borgo storico, è nota da tempi immemori per un particolare prodotto del suo entroterra, tuttora in produzione: una pietra con caratteristiche eccezionali, dal colore, alla grana, alla composizione all’attitudine, quest’ultima intuita e colta fin dalla notte dei tempi da menti e mani abilissime. In particolare, stiamo parlando della sua attitudine a sfaldarsi in lastre estremamente sottili e perfettamente planari, ideali per realizzare lavagne, tavole da biliardo, lastre da pavimentazione e elementi per copertura dei tetti. Questa è la poesia che combina risorse locali, pensare con le mani e tradizione e che oggi è alla base del Made in Italy.

La pietra

La lavagna, che con termini più scientifici chiamiamo ardesia, è una roccia che si forma solo in condizioni molto particolari: servono sedimenti marini, fanghi a grana molto fine, millimetrica o anche inferiore, una composizione mista tra carbonati e silicati e un principio di processo metamorfico, che sottoponga la roccia a pressione e temperatura sufficienti per allineare nuovi cristalli lungo piani, ma senza raggiungere il successivo, più intenso, grado metamorfico. Ecco perché le lavagne sono rocce piuttosto eccezionali e la loro diffusione è davvero limitatissima. Nonostante ciò, anche noi in bergamasca abbiamo la nostra lavagna: si chiama Porfiroide Grigio Scuro o più semplicemente «Ardesia di Valleve».

Si è formata nel Triassico lungo dei canyon sottomarini, dove si accumulavano fanghi a grana fine in condizioni di scarsa ossigenazione. Rocce analoghe affiorano in tutte le Alpi, anche nelle Dolomiti, ma solo a Valleve la pietra presenta la caratteristica sfaldabilità, o fissilità, in sottili lastre, detta clivaggio. Il clivaggio è una proprietà sviluppata successivamente alla deposizione e litificazione dei depositi triassici ed è legato alle deformazioni alpine, che hanno intensamente stirato e spiegazzato le rocce, la cui microstruttura si è ri-organizzata con la formazione di cristalli lamellari allineati lungo piani. Sono questi stessi piani a rendere la roccia facilmente divisibile in lastre di qualche centimetro di spessore o anche meno, con la semplice, ma sapiente gestualità, della percussione con un martello piatto. È così che si ottengono le piöde per coperture e pavimentazioni.

Perpendicolarmente ai piani di clivaggio, il Porfiroide Grigio Scuro è estremamente omogeneo, liscio, resistente a flessione, urti e carichi, come quello della neve che si accumula sulle falde dei tetti. Inoltre è impermeabile, “elastico” e molto durevole agli sbalzi termici e all’irraggiamento. Piöda è il termine locale utilizzato per identificare le lastre di pietra che si possono utilizzare nelle coperture dei tetti e per le pavimentazioni grazie alla loro forma lastrolare, cioè bi-dimensionale, dove lo spessore è nettamente inferiore per dimensioni rispetto alle due facce piano-parallele, che sono sempre piuttosto estese. Il termine piöda è comunemente usato nel linguaggio alpino per indicare elementi lastrolari ottenuti a spacco sfruttando la tessitura planare della roccia. Naturalmente non tutte le rocce presentano la fissilità necessaria per ricavare le piöde, proprio perché tale attitudine è il risultato di una particolare combinazione di fattori genetici, composizionali e legati alla storia dei processi che sono accaduti dall’origine della roccia ad oggi.

Si tratta infatti prevalentemente di rocce cristalline e caratterizzate dalla disposizione di minerali con forma appiattita, lamellare, lungo superfici più o meno piano-paralleli e regolari, esito di processi metamorfici di ricristallizzazione sotto pressione.

Un caso a sé sono alcune pietre particolari, come ad esempio la «Pietra di Berbenno» in bergamasca o la «Pietra della Lessinia» nel veronese, entrambe di origine sedimentaria e dove i piani di spacco corrispondono ad orizzonti sedimentari, privi di minerali ricristallizzati e con forma lamellare. I minerali ricristallizzati, infatti, con la loro forma lamellare e il loro ritmico allineamento lungo piani con spaziature alla scala del centimetro, permettono di ottenere spessori sottilissimi, con l’effetto di realizzare manti di copertura con una minore tasso di ricoprimento. Ne derivano da un lato falde più leggere, dall’altro coperture con maggiore resistenza ai carichi, grazie alla resistenza alla flessione, oltre a impermeabilità e isolamento termico. Questa specificità implica proprietà differenti (soprattutto in fatto di elasticità e di resistenza alla flessione) che determinano la tecnica costruttiva e la conseguente forma del tetto in piöde di Porfiroide Grigio Scuro, completamente diversa da quella relativa ad altri elementi, come ad esempio quelle di Branzi, della Val d’Aosta, del Verbano-Cusio-Ossola, della Valle Imagna e della Lessinia. Le falde dei tetti in Porfiroide Grigio Scuro sono infatti più sottili nonostante la tipica embricatura, più versatili e capaci di adattarsi alle pendenze necessarie.

Le coperture

Dal 1960, anno di fondazione, la cooperativa coltiva il Porfiroide Grigio Scuro a quasi 1700 m di quota e a cielo aperto presso la «Cava di Fontana Fredda», attiva solo nella stagione priva di neve e provvede anche alla lavorazione, commercializzazione e posa del materiale. La lavorazione è artigianale, oggi come una volta. I contesti applicativi spaziano da quelli residenziali di pregio a quelli religiosi: molte chiese infatti hanno un manto di copertura in Porfiroide Grigio Scuro. L’utilizzo corrente, come quello della tradizione, si deve alla composizione e struttura del Porfiroide Grigio Scuro: la lavorazione a spacco e le spiccate proprietà di resistenza ai climi rigidi, all’irraggiamento e ai carichi lo rendono pietra ideale per pavimentazioni esterne e interne ma soprattutto per le coperture.

Le coperture possono presentare diverse morfologie e tessiture di posa: alla francese, con lastre quadrate di un’unica dimensione che creano falde con ritmica embricatura, alla rustica, con lastre rettangolari e formati variabili a correre, tipo squame o Svizzera, con la tipica forma arrotondata proprio come le squame dei pesci, grezza o irregolare, la tipica tipologia che vediamo nelle coperture storiche, o tipo «Piemonte», con lastre rettangolari a correre di un unico formato. Le falde di copertura sono costruite posando le piöde lungo correnti con sovrapposizione sfalsata, con il minimo tasso di copertura, su assiti di legno accuratamente preparati e montati. Qui dunque c’è un binomio di materiali naturali che lavora in tandem: il legno, con la sua elasticità, svolge la funzione strutturale di portata del carico e la pietra, con la sua resistenza alla flessione e impermeabilità svolge la funzione di protezione e riparo. I tetti sono infatti un esempio straordinario dell’efficienza e della longevità del connubio pietra-legno, risultato di una sapiente e intelligente comprensione, gestione e valorizzazione delle risorse del territorio. In alta Val Brembana infatti, storicamente, i tetti in pietra sono una vera e propria “monocoltura minerale”.

Ed è per questo che anche il Porfiroide Grigio Scuro è una pietra sintesi di una cultura materiale e contemporaneamente il testimone giunto a noi di una cultura immateriale: un pensare con le mani che ancora oggi ci offre un prodotto di pregio sulle orme di una tradizione secolare proiettata nel futuro.

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